Olga Chieffi
Gran finale, stasera alle ore 19, nella Chiesa di San Benedetto, per la seconda edizione della rassegna Primule Musicali, promossa dalla Associazione Culturale AthenaMuse, in collaborazione con la Scuola Italiana d’Archi e la sua orchestra, sotto la direzione dei maestri Joao Carlos Parreira Chueire e Stefano Pagliani. In scena gli junior dell’ orchestra, che si cimenteranno con pagine solistiche. Ad inaugurare la serata sarà la violinista Beatrice Soccorso che si cimenterà con l’Introduzione e Tarantella op.43 del 1899, originariamente per violino e pianoforte, è un’opera di notevole fascino e brillantezza. Come molte delle sue opere, è divisa in due sezioni: un Moderato lento ed eloquente (dove le frasi slanciate allargano all’intera estensione dello strumento) che cede il passo a un passaggio di rapidi arpeggi che conduce a una brillante tarantella, offrendo al solista una ribalta scintillante. “Ciò che mi interessa”, scrisse Ernest Bloch, “è l’anima ebraica, l’anima enigmatica, ardente e turbolenta che sento vibrare in tutta la Bibbia… è tutto questo che cerco di sentire in me stesso e di trascrivere nella mia musica; la venerabile emozione della razza che assopisce nelle profondità delle nostre anime”. Sarà Jacopo Ragno ad eseguire Nigun, secondo movimento, un Adagio tratto dal Baal Shem, la composizione più estroversa. Bloch cerca di ricreare la sensazione di un canto religioso estatico attraverso una linea melodica intensa e ricca di dettagli che raggiunge un’intensità spirituale febbrile prima di spegnersi in una dolce conclusione. Nel 1848, il tredicenne Henryk Wieniawski scrisse i primi abbozzi della sua Polacca in Re maggiore. La composizione fu pubblicata in Germania nel 1853 come Polacca da concerto in Re maggiore op. 4 per violino con accompagnamento di pianoforte o orchestra. Quando l’opera fu ripubblicata a Parigi nel1858, il titolo cambiò in “Polonaise Brillante” e da allora è nel repertorio di praticamente ogni violinista virtuoso, che stasera verrà eseguita da Aika Pedoni. La sezione delle corde scure verrà rappresentata da Michele Labbate e Giovanni Loiudice, che eseguiranno il Concerto in sol minore RV 531 di Antonio Vivaldi. I concerti per due violoncelli e orchestra sono una vera rarità e il Concerto in sol minore RV 531 di Vivaldi ne è probabilmente l’antesignano. Il concerto è aperto direttamente dai due solisti che si interpellano in un dialogo inquietante e tempestoso; a volte si armonizzano tra loro, altre si rispondono in imitazione canonica. Il Largo intermedio è un fraseggio malinconico che si snoda tra i due violoncelli sul sottofondo molto discreto del basso continuo. L’Allegro conclusivo propone una frenetica melodia altalenante e una sezione in fugato iniziata dal secondo violoncello. Eugenio Panzarella proporrà, poi, il primo movimento del concerto in La maggiore K219 di Wolfgang Amadeus Mozart. L’ampiezza dei movimenti, la ricchezza tematica, l’originalità delle soluzioni formali sono alcuni degli aspetti salienti del Concerto in la maggiore K. 219, la vitalità e l’esuberanza della composizione traspaiono già a partire dall’Allegro aperto iniziale, un movimento in forma-sonata che presenta un’abbondanza di temi, seppur omogenei. L’Esposizione orchestrale sfoggia idee tematiche proprie, diverse dal tema principale che verrà presentato, più oltre, dal solista. Al suo ingresso, il violino esegue un’introduzione in tempo Adagio, dal carattere quasi improvvisatorio. È un passaggio enigmatico, che esula completamente dalla tradizione; è il momento del libero eloquio. Filone spagnolo, con Pablo de Sarasate per Sofia Vershynina, tratti caratteristici, realizzati per suscitare il meritato applauso. È Zigeunerweisen, op. 20, del 1878 ispirata al folklore zigano, si divide in due parti contrapposte: cantabile e malinconica la prima, brillantissima la seconda, entrambe innervate da scale e ritmi caratteristici. Ancora due violoncelli, Maria Colonna e Gaia Rella, con il primo movimento del Concerto in sol min RV 351 per due violoncelli, del quale ascolteremo l’allegro dalla fresca e comunicativa invenzione. La seconda parte della serata, verrà aperta dalla violinista Rosa Martinangelo, che si cimenterà con l’Allegro molto appassionato (mi minore) del concerto per violino e orchestra, op. 64 di Felix Mendelssohn-Bartholdy, senza introduzione (tale non può essere chiamata la brevissima ondulazione ritmica degli archi che ha, invece, la semplice funzione di pedana d’impulso allo scatto dello strumento solista) il violino insorge pronto, tessendo un motivo cantabilissimo, sussurrato quasi a mezza voce che, dopo una serie di evoluzioni, improntate al più brillante virtuosismo, sfocia in una ripresa esaltante, a piena orchestra. Pasquale Lovecchio, scatenerà lo splendido suono del suo violoncello unicamente sulla quarta corda per evocare gli sbuffi sulfurei di Niccolò Paganini e delle sue variazioni di bravura sul tema del Mosè di Gioacchino Rossini. Generosità e varietà per questo affresco impetuoso e denso di situazioni espressive, che obbliga il solista e con esso il pubblico all’ estro e al senso della sorpresa alla ricerca dello scintillio virtuosistico. Marco Melillo eseguirà quindi, di Petr Ilic Cajkovskij il Valse-scherzo in do maggiore per violino e orchestra, op. 34, con quel 3/4 enunciato dal solista, sul pizzicato degli archi, con un colpo d’arco virtuosistico di picchettato volante, l’ondulante tema principale in quarta corda che si espande nel successivo crescendo per svilupparsi con bravura sulle doppie corde nelle terzine, in sincope con gli accordi dei violoncelli. Andrea Colella approccerà Camille Saint-Saens dell’Introduzione e Rondò Capriccioso op.28 scritto per un giovanissimo talento, Pablo de Sarasate, una delle prime pagine musicali francesi in stile spagnolo, datate 1870. Il brano prende le mosse da un languoroso Andante, seguito da un brioso Allegro, per culminare nelle abbacinanti fantasmagorie del vivido Rondò dai sinuosi ritmi di Habanera, un divertissement con tanto di saporosa cadenza e trascinante finale. Chiusura affidata al violoncello di Alessandro Parfitt e all’ Allegro del Concerto per violoncello n. 2 in si minore, op. 104 di Antonin Dvoràk, permeato dall’alternarsi di sonorità decise e di ripiegamenti, con il violoncello che fa sfoggio sia della sua dimensione cantabile, sia di quella virtuosistica, in dialogo non solo tra solista e orchestra, ma anche tra violoncello e singoli strumenti della formazione.





