Riprende stasera, alle ore 19,30, il progetto pianistico dell’Associazione napoletana presieduta da Oreste De Divitiis, che vede protagonista nella chiesa di San Giorgio, il magistero pianistico del Conservatorio Statale di musica “G.Martucci”. Ad esibirsi saranno Luigi Merone ed Alessandro Volpe
Di Olga Chieffi
Saranno i pianisti Luigi Merone ed Alessandro Volpe ad inaugurare la ripresa autunnale del progetto Rachmaninov e dintorni dell’Associazione “Alessandro Scarlatti”, l’ultracentenario sodalizio presieduto da Oreste De Divitiis, in sinergia con il magistero pianistico del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno. Questa sera alle ore 19, 30, nella Chiesa di San Giorgio, riflettori accesi sul gran coda, per ascoltare da Luigi Merone la sonata n°2 in re minore op.14, datata 1912, di un Sergei Prokofiev appena ventunenne, ma già sorprendentemente matura, dedicata a Maksimilian Shmitgoff, suo compagno di studi morto suicida. quattro movimenti nella successione di allegro bitematico, scherzo, movimento lento e finale. Tuttavia la trattazione interna del materiale non si rifà ai principi della “elaborazione” di matrice classica, ma alla libertà della toccata barocca. Il primo movimento, Allegro ma non troppo, si svolge secondo una logica paratattica, che allinea varie situazioni fra loro contrastanti, frontalmente contrapposte. Il breve Scherzo si avvale di una lunga frase composta da brevi incisi ritmici, e basata su una successione ostinata e grottesca di accordi. L’Andante è una pagina che, con la sua lirica concentrazione espressiva e il sapore popolare della melodia, interrompe l’ambientazione prevalente della composizione. Il momento più alto della Sonata è comunque nel Vivace finale, dove il serratissimo pulsare del ritmo e la configurazione pungente e ironica del tema all’acuto – appena interrotti da una contemplativa reminiscenza del primo movimento – danno vita ad un moto perpetuo che costituisce il prototipo, forse ineguagliato, di molte pagine consimili del compositore. Luigi dedicherà, quindi gli tre Etudes-tableaux op.39 , n°2-4-e 6, per offrire un’idea del pianismo estroso, effervescente, carezzevole, brillante, trascinante, virtuosistico e melodico di questo musicista composti tra il 1916 e il 1917. Rachmaninov si muove lungo la direttrice dell’arte pianistica romantica non dimenticando, oltre alla lezione di Chopin e di Liszt anche quella di Anton Rubinstein, al cui modello di concertismo funambolesco e dalle molteplici sfaccettature timbriche egli si avvicinò con sorprendenti e impareggiabili risultati tecnici, tanto esaltati dalla critica americana dell’epoca. Gli Études formano un corpus unico per la chiarezza e la scorrevolezza del linguaggio armonico e il carezzevole gusto della melodia, sorretti da una vivissima sensibilità per gli effetti sonori di luce e ombra che sono propri delia tecnica pianistica. Luigi Merone cederà, quindi la tastiera ad Alessandro Volpe, il quale dedicherà al pubblico, dai Morceaux de Salon op.10 di Sergej Rachmaninov, il Notturno n°1, Valse n°2 e la Romance n°6. Qui l’invenzione strumentale è del tutto matura e lo stile si fissa in quello che sarà senza dubbio il capolavoro della sua giovinezza e un momento veramente significativo nella plurisecolare storia dello strumento. Si continuerà con lo studio op.8 n°12 di Alexandr Skrjabin. Il compositore inserì la sua produzione di Studi all’interno del solco tracciato da Chopin. I suoi Studi op. 8 (1894) lavorano su precisi aspetti della tecnica pianistica: torrenti di terzine, complesse stratificazioni ritmiche, movimenti rapidi tra registro grave e acuto, tecnica delle ottave e delle seste, riflessività notturna, effetti timbrici illusionistici. Non mancano mai, però, slanci melodici appassionati, carichi di quell’emotività umana, da cui progressivamente Skrjabin si sarebbe distanziato in favore di un misticismo sovrannaturale. A dominare è una malinconia diffusa, nella quale si avverte il più evidente legame con l’espressività chopiniana: quel senso di malattia inguaribile, che rende romantiche le radici del pensiero di Skrjabin. Le analogie diventano particolarmente esplicite nello Studio finale (op. 8 n. 12) che ricalca l’analoga pagina dell’op. 10 di Chopin (lo Studio n. 12): il sottotitolo Patetico allude alla violenza emotiva di chi sentiva nella rivoluzione una necessaria via di fuga dal presente; la stessa che Chopin narrava nel suo brano ispirato ai moti esplosi, e poi repressi con la violenza nella Varsavia del 1831. Finale con la Sonata n°7 di Prokofiev, in si bemolle maggiore, op. 83, additata dai più come il capolavoro pianistico del genio russo- appaiono concentrati in una struttura di eccezionale compattezza i caratteri salienti della sua musica. Mai come in quest’opera risultano così accentuati i contrasti fra aggressività percussiva e violenza ritmica da un lato e sensualità melodica, nostalgicamente post-romantica dall’altro. Il primo movimento, un Allegro inquieto, fa assumere al ritmo di tarantella che lo pervade una valenza spettrale. L’incedere frenetico dell’Allegro è interrotto due volte dalla cullante vena nostalgica di un Andantino tematicamente affine al motivo principale del movimento. L’Andante caloroso che segue dipana una suadente melodia nel registro medio dello strumento, accompagnandola da una ricca tessitura contrappuntistica.Il movimento finale, Precipitato, è un moto perpetuo tumultuoso e aggressivo nel singolare ritmo di 7/8. La tensione fra irregolarità della battuta e ripetizione ossessiva del modulo ritmico è una delle principali attrattive di questa pagina, fra le più impegnative in assoluto per un pianista.