di Michelangelo Russo
E’ indispensabile che la Procura di Salerno faccia chiarezza sull’audio di stampo criminoso che istruisce, si fa per dire, gli elettori facenti capo a un gruppo economico legato a lavori pubblici per conto del Comune.
La rapidità e qualità dell’indagine sono imposte dalla necessità di capire se l’audio è un falso, e allora ne paghino le responsabilità di chi lo ha usato imprudentemente. Ma se l’audio è autentico e sono individuabili i destinatari e soprattutto se accertata la provenienza e il ruolo dell’intimidatore, allora si impone una riflessione che la storia può indicarci. Parliamo della storia delle associazioni criminali, che ogni tanto i magistrati dell’antimafia farebbero bene a ripescare nella vasta letteratura non solo del nostro Paese. Invito quindi a consultare gli scritti di Robert Harmon sulla città di Cicero, nell’ Illinois, sull’ascesa economica e politica di Al Capone, Scarface, insomma.
Harmon ha il merito di avere intuito la reale natura del potere e lo schema programmatico di azione di un uomo che non fu un semplice gangster, ma un vero e proprio uomo di affari che seguì le regole per costruire una vera e propria holding economica, strumentalizzando le figure istituzionali fino a fregiarsi ufficialmente e legalmente, durante le elezioni, del rango di vice-sceriffo. Il tutto in una cittadina, Cicero, dominata in maniera totale dalle sue squadracce e dai capitali sporchi che affluivano dalla vicina metropoli, Chicago, alla provinciale Cicero; che con Capone ebbe un boom negli anni ’20 del novecento nei settori dell’edilizia e dell’intrattenimento, legale e illegale. Alla base del programma economico-politico di Al Capone ci fu l’intuizione che un’intera regione, quella dell’Illinois, e la stessa metropoli Chicago, potevano essere controllate da una base sicura situata a poca distanza, ma completamente asservita al suo sistema di potere. In quella vera e propria fortezza elettorale, con le istituzioni locali acquiescenti e il servilismo locale del tessuto economico, Capone era irraggiungibile e intoccabile; per cui gli bastava rifugiarsi nel suo feudo per assicurare impunità a lui e agli investitori economici che da Chicago iniziavano a sciamare con le sedi operative nella piccola città autonoma della metropoli.
Le elezioni del 1924, che assicurarono a Capone la vittoria elettorale, iniziarono il primo di aprile, e a sera vi erano già due vittime uccise dagli uomini del gangster. Un poliziotto era stato pestato e un rappresentante dell’opposizione democratica gambizzato. Davanti ai seggi, gli uomini di Capone “istruivano” gli elettori sui nomi da votare; schierati dinanzi alle urne, chiedevano ad ognuno chi avrebbe votato; quando il nome era diverso da quello voluto da Capone, toglievano la scheda agli elettori neghittosi, votando al loro posto. Capone aveva schierato nei seggi duecento uomini armati organizzati in una sorta di cooperativa del crimine, i Ragen’s Colts, che aveva come motto il seguente “Colpisci me e ne colpisci duemila”. Insomma, qualcosa di simile a quel “nui stammo a vostra disposizione, stamme ca’ pe vuie, e vuie mò avita sta cà pe nuie” che pare il leit motiv dell’audio che abbiamo visto prima. Ci fu a Cicero, la sera, anche uno scontro a fuoco.
La polizia intervenne e trovò, nel seggio della ventiduesima strada, Al Capone, il fratello e Charlie Fischetti che istruivano gli elettori con la pistola alla mano. Capone iniziò a sparare, il fratello fu ucciso, e lui e Fischetti furono catturati. Ma Capone e Fischetti non furono incriminati. Avevano le funzioni di sostituto ufficiale giudiziario. Praticamente vice-sceriffi. Il candidato di Al Capone, Joseph Klenha, stravinse le elezioni con una percentuale assoluta. L’opposizione praticamente scomparve, e Capone dominò il Consiglio Comunale in ogni decisione, prendendo a pugni una volta in pubblico il timido sindaco testa di legno Klenha sui gradini del municipio. Non parliamo della Giunta: in un’altra occasione, stava per adottare una delibera sgradita al Capo, quando dovettero annullarla di fronte alle pistole dei delinquenti mandati da Capone.
La città però crebbe d’importanza, con un numero di bar e di palazzi che si moltiplicarono come funghi.
L’epopea dell’ascesa al potere di Al capone a Cicero fu presa a modello da Bertold Brecht per scrivere il suo capolavoro “La resistibile ascesa di Arturo Ui”, in cui Arturo Ui non è altro che Hitler nella sua ascesa al potere, sostenuta da bande di farabutti di infimo livello ed assassini. Nel dramma brechtiano, Arturo Ui è un piccolo gangster che mira al controllo del mercato generale dei cavolfiori, con il linguaggio e i modi di Al Capone. E, purtroppo, nella cecità assoluta e nella viltà dei cittadini di Cicero, nella metafora. Ma nella realtà storica, dei cittadini tedeschi. La storia si ripete.
Dott. Michelangelo Russo