DER SPIEGEL (1969): Professor Adorno, two weeks ago, the world still seemed in order. . .
THEODOR W. ADORNO: Not to me.
Di Marius Mele
Nella scena finale di Chovanščina, nella versione diretta da Mario Martone alla Scala, si vede proiettata l’immagine di un pianeta che, dapprima pallido e lontano, pian piano, si avvicina fino a diventare una palla rovente che avvolge di fiamme i Raskol’niki (Vecchi Credenti) riuniti nel bosco in sacrificio. L’epidemia di Sars-Cov2 è arrivata così, con un lento ma incessante crescendo è giunta fino a noi, avvolgendoci nelle sue fiamme, ha scoperchiato le nostre paure e ipocrisie, ci ha toccato nell’intimo, ferito nel corpo e turbato nella mente. Abbiamo misurato il pericolo in base alla distanza, non abbiamo compreso la complessità della questione e sentendoci braccati ci siamo trincerati dietro confirmation bias, protetti dai dogmi della nostra società. La pandemia non è una guerra, la quarantena non è la cura, possiamo dare senso a questa tragedia solo con un cambiamento radicale, una vera innovazione sociale che ci aiuti a convivere con i cambiamenti che un mondo complesso inevitabilmente porta con sé. Lo scarabeo gioiello (Julodimorpha bakewelli) è un bellissimo coleottero di colore bruno, con elitre luccicanti densamente punterellate, vive nell’outback australiano, il maschio vola alla ricerca della femmina, bruna e luccicante, che riposa nella radura. Questo magnifico insetto condivide il territorio con un mammifero, Homo Sapiens, che ama dissetarsi con un fermentato di malto d’orzo, e una volta consumata la bevanda spesso abbandona il contenitore per terra. Questa bottiglia di colore bruno intenso, luccica al sole e sul fondo presenta delle zigrinature. Il maschio di scarabeo gioiello vola, dall’alto vede la sua bramata amante risplendere sotto il sole, si posa e inizia il rito dell’accoppiamento che per millenni ha garantito la sopravvivenza della specie, altri suoi simili lo raggiungono in quella che ai nostri occhi sembra solo un’orgia di insetti che si masturbano su una bottiglia di birra. Come potete immaginare questo comportamento ha catastrofiche conseguenze per la riproduzione di questa specie, soprattuto perché i maschi tendono a morire durante l’atto, per disidratazione oppure mangiati vivi dalle formiche. Gli scarabeo gioiello si stavano estinguendo, e i produttori di birra australiani hanno dovuto cambiare il design delle bottiglie di birra per arginare questo fenomeno. Una bottiglia di birra nel bush australiano è qualcosa di inconcepibile per lo scarabeo, prova a decifrarla con i suoi strumenti, ma vede solo una femmina enorme, fa quello che gli sembra più logico, ripete lo stesso meccanismo che gli ha dato successo nel corso dei millenni. Ma questa è roba da entomologi, l’uomo è diverso, a noi questo non può accadere, siamo più intelligenti; eppure mi sembra che ci comportiamo proprio allo stesso modo quando cerchiamo di razionalizzare il disagio nei confronti delle novità, del diverso, delle crisi, della complessità, usiamo sempre gli stessi strumenti evolutivi. Il problema è che abbiamo “emozioni paleolitiche, istituzioni medievali e tecnologie dai poteri divini” per citare il famoso mirmecologo E.O. Wilson. Saremo in grado di riconoscere le bottiglie di birra sulla nostra strada evolutiva o finiremo per estinguerci in un’estasi orgiastica? Il pericolo non è il virus, il pericolo è non saper gestire la complessità, non basteranno gli anticorpi per il Sars-CoV2 per immunizzarci dalle possibili crisi future come il cambiamento climatico, l’intelligenza artificiale, o la jobless society; questa è solo l’alba della complessità. Pensiamo solo a quando torneremo alla normalità, ma il vero rischio è proprio quello di tornare alla stessa vita di prima, di rimanere in un limbo, simile a quello seguito alle più recenti crisi, e ritrovarci di nuovo impreparati alla prossima evenienza. “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.” diceva Gramsci. Questi mostri li possiamo già vedere, sono l’autocrazia spacciata per panacea, i venti di propaganda che minano le nostre democrazie, le fragilità dell’Europa, l’orizzonte della sorveglianza di stato, il soluzionismo tecnocratico. Non possiamo più rimandare, dobbiamo affrontare temi come gestire i dati che generiamo, che tipo di sorveglianza vogliamo “governativa, privata o open” (cit. Adam Arvidsson), ridurre le disuguaglianze, costruire la pace in una società senza lavoro, e più nell’immediato come evitare di trasformate lo smart working in un inferno di presenteeismo virtuale, rivoluzionare l’istruzione, ripensare il territorio e ridisegnare le città, rivedere i rapporti tra economia-società-natura, e soprattutto costruire un’economia che funzioni ad ogni livello della società e in un più ampio spettro di scenari.