Abbiamo incontrato il direttore israeliano dopo l’entusiasmante performance al Ravello festival alla testa della Rotterdams Philarmonisch Orkest
Di ILARIA CAPALDO
Riconosciuto come uno dei più talentuosi e promettenti tra i direttori emergenti. Lahav Shani, “classe” 1989 di Tel Aviv, gemma della Hochschule für Musik Hanns Eisler di Berlino allievo dei maestri Fabio Bidini e Christian Ehwald, dopo solo cinque anni dalla sua vittoria del Gustav Mahler International Conducting Competition viene designato Direttore Principale della Rotterdams Philarmonisch Orkest, un neo-nato binomio che abbiamo avuto ospite sabato sera al Ravello Festival. La professionalità e maestria dei musicisti che caratterizzano la formazione, ha ben sposato e controllato l’urgenza espressiva del suo giovane direttore un’intensa energia stregando il pubblico attraverso le note della eclettica triade statunitense: Gershwin, Weill e Bernstein capace di accendere nel cuore degli spettatori il fuoco della passione per la musica che è ben diverso da quello che ardeva in lontananza sui nostri cari Monti Lattari. Ha scelto di presentare stasera un programma particolare al nostro pubblico. Perché ha preferito proprio questo repertorio americano? E’ stata fortemente voluta come scelta di repertorio in quanto penso che la musica americana sia piacevole da ascoltare, da suonare e soprattutto penso che crei una grande atmosfera in qualsiasi luogo venga eseguita e che piaccia particolarmente al pubblico. Abbiamo notato che c’è stato un cambio di esecuzione del programma. Come mai si è deciso di iniziare prima con la seconda sinfonia di Weill e non con la Cuban Overture di Gershwin? Ho deciso in questo modo perché sono due stili completamente differenti. La musica di Kurt Weill è molto seria a differenza della Cuban Overture di Gershwin più rilassante, giocosa e di intrattenimento; dunque ho preferito iniziare con la seconda sinfonia di Weill che non ha bisogno di impressionare, ma di essere apprezzata dal pubblico per i suoi dettagli sonori e compositivi, perciò necessita di maggiore concentrazione. Dopo ciò ci si può rilassare e divertire con la musica gioiosa di Gershwin. Per me questo ha più un senso perciò ho deciso di cambiare ordine di esecuzione. Passiamo alla famosissima Rhapsody in Blue. L’esecuzione di questa è stata influenzata dall’ambiente esterno che ti circondava? Pensa ci sia stata una perdita di suono in particolar modo del pianoforte sovrastato dall’orchestra su un palcoscenico posto all’aperto? Naturalmente ogni qual volta si suona da soli o con l’orchestra c’è sempre il fattore ambiente che influenza l’esecuzione, la sonorità del tutto. Dipende da dove si suona, se all’aperto o in una sala da concerto, se ci sono o meno mura che fungono da amplificatori sonori naturali. In questo caso, questi mancavano e quindi il suono a volte terminava sul nascere e non tornava indietro, veniva tagliato senza procedere. Sinceramente, penso non ci sia stata alcuna perdita di suono da parte del piano in quanto secondo me vi era un corretto bilanciamento tra le parti. Passiamo all’istrione Leonard Bernstein. Geniale compositore, appassionato didatta, brillante pianista di tutti i tempi. E’ suo modello nella direzione d’orchestra? Penso sia stato il più grande musicista che sia mai esistito. Dotato di un’ampia varietà di abilità musicali. Si è da subito contraddistinto nel panorama musicale per queste sue molteplici capacità, infatti, fin da subito venne considerato anche un po’ fuori dalla sua stessa epoca. Questo perchè fin dall’inizio del XX secolo era solito per un compositore dover eseguire le proprie opere, suonando il proprio strumento, magari dirigere nello stesso tempo, cosa non così scontata verso la fine del secolo scorso dove il direttore rimaneva tale senza eseguire necessariamente i suoi brani o addirittura doverli comporre. Egli, invece, era capace di suonare il pianoforte fantasticamente, dirigere nel modo migliore che un uomo possa immaginare e infine scrivere pezzi fantastici come quelli che avete ascoltato stasera con le Danze Sinfoniche tratte da West Side Story. Sono convinto sia un grande modello di insegnamento per tutti i giovani che si avvicinano al mondo della musica. Sicuramente è stato un modello per me e sfortunatamente è venuto a mancare proprio un anno dopo la mia nascita. Peccato, sarei stato onorato di poterlo conoscere di persona e magari imparare qualche trucco del mestiere da uno come lui. Infine cosa pensa del paese che l’ha ospitato: l’Italia? Io amo l’Italia. Amo la gente, il cibo in particolar modo, la cultura italiana, l’amore per la musica, la vostra storia. Nel vostro sangue scorre l’amore e la cultura musicale, penso sia parte della vostra vita e ciò mi affascina molto. Non a caso la musica parla italiano.