di Antonio Manzo
E’ come se Enrico Giovine avesse voluto lasciare un testamento morale, con le pagine di un libro sfogliato, ma non interamente letto, riposto sulla sua scrivania di casa. E’ il libro che contiene il carteggio tra il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e il ministro dell’agricoltura Antonio Segni fino al 1951.Testimoniano, quelle lettere, quel che Enrico Giovine, bulimico lettore, a novantuno anni, avrebbe voluto ancora studiare ed approfondire: la volontà riformista del governo centrista che portò a casa la riforma agraria. Sì, proprio la riforma agraria che tanto lo appassionava, perchè aveva segnato la sua vita con la coscienza di cristiano che aveva profuso nella lunga, fedele e mai revocata militanza nella Democrazia Cristiana. Fu proprio la riforma agraria che tanto segnò le terre della Piana che segnò l’evoluzione civile e politica del sud della provincia salernitana. Enrico conosceva a menadito quelle terre, comprese le lotte e i sacrifici sostenuti nelle battaglie democratiche delle lotte contadine. Enrico non potrà più leggere i libri che lo appassionavano nella sua lunga storia di politico democratico cristiano, di avvocato penalista mosso dall’ottimismo della legge e della coscienza, di amministratore locale di Battipaglia al centro della piana del Sele ruolo svolto con competenza, onestà e autorevolezza. Enrico non aveva bisogno di indossare la fascia tricolore perché la gente lo riconoscesse come istituzione ed uomo che nobilitava, al suo tempo, la degradata azione politica dell’oggi. Lui era un avvocato, aveva una professione che lo avrebbe sottratto alla platea politica di oggi, popolata di senza politica e senza mestiere. Arrivava dalla scuola politica del padre, sindaco di Eboli negli anni Cinquanta, e dei giovani formatisi nella Azione Cattolica del tempo insieme ad u gruppo che avrebbe contato i suoi amici di una vita, a partire da Isaia Bonavoglia indimenticato sindaco di Eboli delle storiche “quattro giornate” con le barricate. Lui era orgoglioso dei suoi amici democratici cristiani pur essendo pronto al confronto a partire dai comunisti che riteneva gli sconfitti politici della storia nazionale. Amico fedele e inossidabile dei grandi leader dc, Ciriaco De Mita, Gerardo Bianco e Peppino Gargani spesso suo interlocutore sui problemi della giustizia, oltre che la storica amicizia con Emilio Colombo, Mario Valiante, Roberto Virtuoso, Giovanni Amabile e Paolo Del Mese. Fu tollerato e mai accettato nei gruppi dirigenti della Dc pur avendo tutte le carte in regola per poter ricoprire incarichi parlamentari.
Il colpo finale dalla Democrazia Cristiana lo ebbe nelle mancata candidatura alle elezioni regionali del 1980, una carica che avrebbe onorato la Dc ed i piu preziosi elementi della cosiddetta base o periferia. Fu sindaco di Battipaglia avendo in lui fiducia politica ma ricevendo, al tempo stesso, colpi bassi del suo stesso partito, soprattutto nelle questioni di legalità urbanistica. Enrico Giovine con la sua personalità si era imposto nella politica delle idee e delle radici di una appartenenza onesta ed adamantina della Repubblica dei partiti. Intellettualmente onesto ma rigido nei suoi principi non disdegnava di commentare le vicende della giovane città di Battipaglia quando ricordò, non solo per grandi linee il sindaco desaparecidos Rago tragicamente scomparso. Offrì la sua parola e i suoi ricordi al collega Massimiliano Amato, autore del libro saggio sulla tragedia del sindaco Rago scomparso e mai più ritrovato.
Con lui va via un grande avvocato penalista, apprezzato e ben voluto dal foro salernitano. Si può, dopotutto, giudicare come si vuole il viaggio politico dell’ultimo democristiano Enrico Giovine. Ma sarebbe difficile negargli la silenziosa lungimiranza che ancora è decifrabile nella sua memoria e che invita tutti al sentimento della responsabilità. Una attitudine che ha rischiarato la storia politica della nostra provincia e riscalda ora le nostre incompiute stagioni. Grazie Enrico, per averci dato il sale della libertà e il tramite di una solidarietà di un legame rassicurante con la gente che incontravi. Grazie Enrico, riprenderemo a leggere quel libro lasciato a metà con la nostalgia di una politica che ritrovi se stessa, con la sua autorevolezza più che con la sua illusione di potenza. A te davvero sconosciuta per una vita vissuta nella mitezza delle idee e nella forza di saperle difendere.