Credete che morte e vita siano inconciliabili? Vi sbagliate. Si guardano negli occhi, si riconoscono, mostrano l’inutilità di ogni distanza. La tensione fra la furia gioiosa del corpo e il suo superamento attraversa le composizioni di Marco Amendolara, tra gli ingegni più fertili che la nostra città abbia prodotto. “Il corpo e l’orto”, la raccolta di liriche scritte tra il 2005 e il 2008 (Edizioni La Vita Felice di Milano), è la sua opera postuma presentata al Comune di Salerno nell’ambito del progetto “Moby Dick. Incontri di economia e cultura”, curati a Alfonso Amendola e Innocenzo Orlando. Se, nel corso della serata presentata dal giornalista Paolo Romano, l’assessore Ermanno Guerra ha definito un “patrimonio di affetti” la sezione dell’archivio storico di Salerno dedicata all’Associazione intitolata al giovane artista e critico, il presidente di quest’ultima Alfredo Nicastri ha annunciato la pubblicazione a breve di un catalogo che comprenda tutto il materiale inedito dell’autore de “La musa meccanica”. “In Marco la speranza della salvezza s’intreccia col dialogo con Sant’Agostino. Esistono nei suoi testi precisi rimandi testuali alle “Confessioni”. La ricerca della salvezza è comunque una tematica molto forte in lui”. La scrittura intesa come dissolvimento iniziatico che trasformi la fine in un principio ha rappresentato il fulcro dell’analisi di Pina De Luca, docente di Estetica presso l’Università di Salerno. Nel condividere l’approccio di Renzo Paris, già docente di Letteratura francese presso l’Ateneo salernitano e autore della postfazione, che considera “Il corpo e l’orto” un poemetto sorretto da una logica unitaria, la De Luca ha illustrato come il fine ultimo di Amendolara, in quello che può essere definito a tutti gli effetti il suo testamento, sia quello di spingersi oltre la parola, nella sublimazione di una forma che non può più bastare a se stessa. “”Il limite in lui non è arresto o confine –ha detto-ma sguardo sull’impossibile, dove l’impossibile è esperire la radicalità del qui, nella ricerca dell’irrapresentabile fysis in un niente che è possibilità di ogni ente, compresenza dell’unito e del separato”. Nel dire che Amendolara sceglie in qualche modo di schierarsi con Euridice, si è voluto sottolineare come la lingua debba rigenerare la sua purezza oltre ogni ambiguità o categoria. Carlo Roselli e Giancarlo Punzi hanno declamato i versi dell’autore sulle note della violista Michela Coppola, che ha eseguito musica meditativa, alcune pagine dalle suites di Johann Sebastian Bach per cello e qualche battuta dal concerto di Alban Berg per violino e orchestra, alla memoria di un angelo, brano caro al sentire musicale di Marco.
Gemma Criscuoli