La Vedova Allegra: è Riccardo Canessa Show - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

La Vedova Allegra: è Riccardo Canessa Show

La Vedova Allegra: è Riccardo Canessa Show

Grande successo all’ Arena del mare per il regista napoletano che insieme a Nunzia De Falco, Daniele Lettieri e Maurizio Iaccarino ha divertito il pubblico

Di OLGA CHIEFFI

 Era pessimista il nostro Riccardo Canessa poco prima di andare in scena con il suo racconto, erudito e divertente sulla Vedova Allegra, la più celebre e amata delle operette. Il pubblico risponderà alla chiamata un po’ particolare di questa serata o penserà ad una lezione di storia della musica, sotto cui aggobbire? Il pubblico salernitano ha invece partecipato con piacere al talk show “inscenato” da Riccardo Canessa, il quale unitamente al soprano Nunzia De Falco, al tenore Daniele Lettieri, con al pianoforte Maurizio Iaccarino e il coinvolgimento totale della platea, con un insuperabile Conte Z in bermuda, ci ha fatto trascorrere una divertente serata d’estate. Si è partiti veramente dalla storia del genere, con l’operetta, forma teatrale un po’ cantata, un po’ recitata, ha avuto fortuna ai primi del Novecento in Europa e in Italia, alla quale vi si dedicarono musicisti del calibro di Ranzato e Petri, che avevano saputo interpretare, sia pure in una dimensione minore, la piacevolezza della musica e del canto italiani. Ma l’operetta ha visto nascere i suoi capolavori sulle rive del Danubio, come uno dei momenti della Belle époque. Il suo padrino è stato il valzer, la sua madrina l’eleganza e la sofisticata avventura sentimentale. E’ stata una forma di spettacolo compiutamente borghese, con le sue evasioni nel bel mondo, con i suoi principi fasulli e le sue belle dame oneste e avventurose. Il valzer, col suo girare in tondo, con le sue ebbrezze veloci, con il suo magico distendersi nella felicità più immediata, rappresentava lo scintillio di un momento di magia, di abiti svolazzanti e di divise che non avevano più nulla di marziale. Nelle feste mascherate dell’Impero in decadenza, i violini evocavano i bei caffè di Vienna e Budapest, i saloni dei nobili, e perfino i sogni delle sartine. In mancanza di un turismo organizzato ecco le puntate nell’esotico, fra paesi fantastici di ipotetiche Balcanie e crociere mentali in Orienti da cartolina. Un po’ di tenerezza e un po’ d’amore, da contrapporre agli eroi wagneriani con lance e scudi e al Risorgimento verdiano. Non più Nabucchi e Sigfridi, ma vedove allegre e dall’ago al milione, simbolo dello spirito borghese ispirato al dio danaro, anche in amore. Il valzer viennese, che tanto ha condizionato l’operetta, aveva avuto come profeta Johann Strauss junior. Un romanticismo un po’ edulcorato, senza problemi, senza traumi, da vivere alla giornata, abbracciati nei ritmi un-due-tre della musica più appassionata e divertente. Ma l’operetta era stata anche dissacrazione, ai tempi di Offenbach, quando metteva in berlina gli ebrei e le mitologie e puntava sui sentimenti della gente comune. Lì c’era anche il sacro fuoco dell’arte, acceso in una Parigi che poteva ridere ai couplets della “Bella Elena” e sorridere della sua “Vita” brillante. Strauss non aveva poi, creato un capolavoro come il “Pipistrello”, nella sua Vienna popolata di donne, vino e canto? L’aria di Parigi, coi suoi sapori un po’ vietati, col suo Chez Maxim’s, era come un profumo sopraffino, e l’operetta viennese non poteva farne a meno. Quando, lasciato alle spalle l’Ottocento, il genere scivolò nella più modesta piccolo borghese, fu soprattutto Franz Lehar a prenderne su di sé l’eredità. Le melodie divennero più facili, più bonarie, i dialoghi meno “letterati”: alla brillantezza si sostituì un pizzico di malinconia, con qualche dose di folklore tzigano. Ed ecco la nostra “Vedova Allegra”, capolavoro del genere, ancora sulla scia del valzer. Esempio di una piccola cultura danubiana, la “vedova” suggerisce una delle ultime avventure mondane, in un mondo di ambasciatori, contesse, gigolò, viveurs squattrinati e alcove proibite. Un mondo dove la pochade si unisce alla commedia di sentimenti e dove ci si può ancora commuovere, che verrà fatto saltare in aria dai cannoni della Prima guerra mondiale. Grande successo per le voci a cui sono stati affidati i ruoli principali, ovvero Nunzia De Falco, perfetta Hanna Glavari, straripante ricchezza di personalità, riserbo, compostezza e grande tecnica, unita a doti di grandi intensità che hanno esaltato l’aria “Io di Parigi ancor” e “Vilija, o Vilija, ninfa del bosco”, unitamente al tenore Daniele Lettieri, il conte Danilo, interprete di “Vo’ da Maxim allor” e, naturalmente di “Tace il labbro”. Chi sposa il teatro, lo sposa per intero, grazie anche alle sue radici. Riccardo Canessa voce narrante, Njegus, ha organizzato la marcetta “E’ scabroso le donne studiar” con i maschi del pubblico, coro a bocca chiuso per il valzer della vedova e finale con la parodia del gioiello di Lehàr del teatro umoristico dei De Filippo col duetto delle sedie “Hop là, hop là”.