La scuola salernitana del sassofono al Cenobio - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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La scuola salernitana del sassofono al Cenobio

La scuola salernitana del sassofono al Cenobio
Di Olga Chieffi
Omaggio al sassofono, questa sera, alle ore 21, al Cenobio di San Giovanni Battista di San Giovanni a Piro, ove ritorneranno in “Tour” i Concerti d’Estate di Villa Guariglia, unica data fuori casa della XXVIII edizione. Un Festival, questo, diretto da Antonia Willburger, che gode  del sostegno della Provincia di Salerno, organizzato dal CTA Salerno, con il supporto e il patrocinio del Ministero della Cultura, del Comune di Vietri sul Mare, del Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Martucci”, e in questo caso dell’amministrazione comunale della perla cilentana, che ha scelto di ospitare la grandissima tradizione del magistero del sassofono, nato proprio al Martucci. Un’eredità quella del Maestro Francesco Florio, raccolta in primis dal Maestro Daniele Brando, e trasmessa ai suoi allievi, i quali hanno formato un degno quartetto, che hanno inteso chiamare Rêverie Sax Quartet.  Sogno, virtuosismo e grandi colonne sonore con Francesco Alfano al sassofono soprano, Maria Lanzetta al contralto, Celeste Sorano al sax tenore e Bonaventura Cuomo al sax baritono. Il nome del gruppo, Rêverie, ancora un’evocazione di una delle pagine di Claude Debussy dedicate a questo strumento evocante un paesaggio acustico fluido e lirico, scie sonore, offerte da suoni sensuali,  ma comunicanti un’idea mai scontata di identità e dimora.  Accattivanti gli arrangiamenti per Carmen Fantasy sui temi della più amata opera di Georges Bizet, “Uno straordinario baccano da circo”: così definiva Nietzsche l’inizio del preludio al primo atto di “Carmen” – il cosiddetto tema della corrida, col suo irrompere, creato dal nulla, in un fortissimo capace di intimare perentoriamente all’ascoltatore, ancora titubante, che non può più permettersi, cominciato il rito, di volgere altrove la propria attenzione. Senza soluzione di continuità, il tema di Escamillo, quello dei couplets del secondo atto. L’atmosfera eccitata, clamorosa della festa si è appena instaurata quando fa la sua apparizione il Destino di Carmen, la morte…., che arriva alle orecchie dell’ascoltatore dominato dalla espressione di disperazione e di fatalità ineluttabile, contro la quale è inutile ogni tentativo di resistenza. Questo epigramma sulla passione è, del resto, il tema fondamentale dell’opera; quello a cui Bizet dedica un trattamento particolare: è l’unico, infatti a subire delle trasformazioni quando ricompare nel corso della vicenda, ad essere trattato cioè come un vero e proprio leit-motiv di tipo wagneriano. Si passerà poi, ad un omaggio ad Astor Piazzolla, con un portrait di tre brani, quell’abbraccio del tango, colmo di bisogni, sogni, desideri e oblii, attraverso un rito che si consuma sempre uguale in Muerte del Angel, una fuga dagli elegiaci e stranianti paradigmi del Nuevo tango, il lento, dolcissimo, a tratti struggente Oblivion, che Piazzolla scrisse nel 1984, per la colonna sonora del film Enrico IV, di Marco Bellocchio, e in chiusura Libertango, un arrangiamento originale scritto per questa occasione simbolo ossessivo di quel popolo che si era messo finalmente in moto, in “viaggio”, con la sua musica, il suo simbolo, il mito del tango che allora ri-nasceva. A completare il programma, Interstellar Theme di Hans Zimmer, un ricamo nel quale languore, malinconia, passione, dolore, eroismo, potenza, vittoria e sconfitta sono cesellati dalla sapiente orchestrazione di tre temi portanti, linee melodiche che possono accavallarsi, intrecciarsi e alternarsi come se l’una scaturisse dall’altra, incessantemente. Ancora musica da film con la Super Mario Suite, la colonna sonora di Brian Tyler, in cui ha abilmente utilizzato l’iconica musica di Super Mario di Kōji Kondō, orchestrandola e adattandola per il grande schermo. Immaginiamo il sax soprano, esprimere la resurrezione di speranza e gioia e l’inversione del tempo che è alla base di “Gabriel’s Oboe”, tema sfruttatissimo di Mission, firmato da Ennio Morricone, che grazie alla conversione di De Niro può finalmente scorrere senza paura, con la formazione a rivelare un incastro di ritmi, solo apparentemente semplici. A chiudere, una trascrizione della Danse Macabre op. 40 di Camille Saint-Saëns, che rappresenta una grottesca danza tra uomini e scheletri, quasi un rito scaramantico in reazione alle gravi ondate di epidemia di peste del Trecento. Una sorta di memento mori utilizzato dal popolo per prendersi gioco delle gerarchie sociali, ricordando ai nobili che, davanti alla morte, si è tutti uguali.