Il già funzionario della soprintendenza archeologica di Salerno, apprezzato liutaio per passione, ci ha lasciato stroncato dal corona virus nella prima giornata di primavera. Lascia la moglie e tre figli.
Di Olga Chieffi
“Penso che perdere un genitore sia tra i dolori più devastanti della vita. Eri amato da tutti e per molti eri un padre, per altri un fratello, per altri ancora un punto di riferimento. Mio padre Ivo era definito da molti l’uomo dalle mani d’oro, per puro diletto e piacere aveva appreso le arti della liuteria, della musica, della meccanica…insomma papá non era amante della poltrona ma del fare, del fare bene. Era un dipendente della Soprintendenza Archeologica di Salerno, stimato da tutti e non solo in città, quando c’era un problema chiamavano Ivo. Tutti ti chiamavano, eri capace di risolvere e aggiustare tutto. Infatti, mi sa che il Signore lassù aveva qualche problema per questo ti ha chiamato così presto. Il tuo amato laboratorio, punto di ritrovo per tutti, dove sono nate le tue creazioni, dove hanno preso vita le tue idee. Il Covid ti ha strappato a noi in pochi giorni, sembra tutto surreale. Un dolore che trafigge il cuore, i rimpianti, le lacrime, il silenzio. Alla tua famiglia, agli amici e ai parenti lasci il ricordo e il vuoto incolmabile. A me rimane l’amore, quello più grande della mia vita. Ciao pá. Buon viaggio”. Sono le parole di Krizia Cracas, la figlia di Ivo, che nella giornata di ieri, ha lasciato la famiglia, gli amici, tutti noi. I messaggi lasciati sui social, da un’umanità eterogenea sono infiniti, dai colleghi della soprintendenza, alla sfilza di musicisti, dilettanti e professionisti, cui ha recuperato uno strumento, o addirittura costruito, o da quanti, anche lontani da qualsivoglia corda, pirolo o nota, amavano fermarsi nel suo laboratorio, tra i profumi penetranti di resine e legni, per scambiare una parola vera. Ivo è stato un uomo generoso, ha offerto aiuto, suggerimenti, ispirazione, segnalato svolte e prospettive, indicato una via, illuminandola col proprio esempio, col proprio “fare”, col proprio porsi sempre in gioco, instillando il dubbio, che è la via per uscire dalla “selva”, un passaggio sicuro fatto di pochi principi chiari, su cui procedere, lavorando indefessamente con severità, nella “costruzione” del sapere tutto, senza mai aggobbire sotto sistemi e metodi pre-confezionati, verso sempre nuovi traguardi. La ricompensa è stata l’onore di trasmettere qualcosa, di far produrre il “bello”, un piacere puro, quindi, a volte anche impopolare. “Dov’è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce” scrive Gesualdo Bufalino. Ancora attoniti, per l’improvvisa scomparsa dell’amico rimasto semplice, schietto e sincero, per aver perso inaspettatamente una persona che ci voleva bene, con il quale si è condivisi momenti che sono patrimonio di un’umanità che cresce e migliora attraverso un’azione etica, che è quella del dialogo, della cultura, dell’ “otium”, non riuscendo a scorgere sino in fondo cosa si nascondesse nella filigrana di un evento, che continua a proiettare dinanzi ai nostri occhi il profilo temibile e affilato della morte, oggi, lo saluteremo nella Chiesa di Santa Croce a Torrione, in Salerno alle ore 15,30, abbracciando con grande affetto l’inconsolabile moglie Roberta, i figli Denise, Krizia e Yunes, il fratello Giovanni, i nipoti e i familiari tutti. Alla “passione” dell’arte, dalla musica, alla letteratura, sino alla liuteria, in cui Ivo era diventato maestro, non appartiene la cecità di lasciarsi prendere da un’urgenza, ma “pathire”, cioè vivere profondamente e dare spessore alla storia, ponendo un freno al delirante correre, in modo da fermarsi a riflettere su noi stessi, poichè l’uomo è libero e vive in quanto trascende, con il proprio pensiero, la stessa vita immediatamente vissuta, quando pensa la Vita.