A Campagna, l’ex-Nero per Caso proporrà il suo nuovo progetto Del Risuonare che unisce canto ed elettronica tra gregoriano, Guido D’Arezzo e Radiohead.
di Luca Ferrini
L’After ‘a Chiena Jazz, l’after hour che, nell’ambito della XXXV edizione di “A Chiena”, quel viaggio tra arte, natura e storia – intervento co-finanziato dal POC Campania 2014-2020, rigenerazione urbana, politiche per il Turismo e la Cultura, nell’ambito del programma unitario di percorsi turistici di tipo culturale, naturalistico ed enogastronomico di portata nazionale ed internazionale –firmato da Antonello Mercurio, sta animando le notti della città di Campagna, propone in cartellone, stasera, il concerto di un solista d’eccezione, Diego Caravano. Grande è l’attesa per l’esibizione dell’ex componente dei Neri per Caso, il celebre sestetto che, con la sua musica “a cappella”, ha spopolato negli anni novanta. Dei Neri per Caso, Diego Caravano è stato il fondatore (Crecason era il nome originario, n.d.r.) e la voce solista (dal 1990 al 2013), curandone peraltro gli arrangiamenti e la direzione. Sul palco allestito all’interno del chiostro del Comune, l’artista salernitano porterà il suo progetto “Del Risuonare”, in cui la voce interagirà con l’elettronica ricreando melodie originali e uno spazio acustico di ascolto e di ricerca.
Dai Neri per Caso a questo progetto, cosa è cambiato e quali i legami con quel tipo di canto?
Il motore è sempre l’amore sconfinato per la musica e lo studio costante mi ha portato a delle nuove declinazioni. Il legame è l’urgenza creativa, che è sempre stata molto forte in me. Questo progetto “Del Risuonare” è un viaggio attraverso la mia sensibilità, che è stata dapprima quella di musicista classico, passata attraverso il bellissimo dono della musica “a cappella” e ora mi ha condotto a queste nuove declinazioni. La maggior parte del repertorio di questo progetto consta di brani originali, che rappresenteranno il sistema ritmico ed il cuore del concerto; questi pezzi si alterneranno con brani, rivisitati però in chiave elettronica, che spaziano dall’antica tradizione serafica e gregoriana e, passando per la musica napoletana, in omaggio a mio nonno e a mio padre Matteo, abbracciano finanche la musica brasiliana. Vi è poi un tributo a Thom Yorke, front-man dei Radiohead, che è uno dei miei grandi idoli ed ispiratore della mia musica.
Nel 2013 ha deciso di lasciare definitivamente il gruppo per intraprendere nuove strade. La ritroviamo sulla cattedra di canto Pop-Rock del Martucci, quali le ragioni?
Qualche anno fa cominciai a fare dei seminari corali e mi resi conto che un altro modo di condividere i doni della mia arte era quello di insegnare. La grande potenzialità dell’insegnamento è quella di riuscire a portare gli altri in quei luoghi che altrimenti non potrebbero frequentare: nella mia esperienza, nei luoghi della propria voce, per riuscire ad armonizzare le anime con i propri doni. Ecco quindi che, dopo aver studiato canto ed essermi diplomato in canto lirico, mi sono avvicinato all’insegnamento e ho avuto il grande piacere e il privilegio di ottenere la cattedra di canto al Conservatorio Giuseppe Martucci di Salerno.
La sua ricerca attuale a cosa si rivolge?
In questo momento della mia vita artistica, pur continuando a studiare la musica classica e il jazz, ho una passione totalizzante per l’elettronica e per l’applicazione della voce, che è il mio strumento, all’elettronica. E’ una ricerca continua che mi permette di sperimentare e così, per esempio, vedrete al concerto come riesco ad unire un canto francescano ad una drum machine.
Definirebbe il suo tipo di canto di “nicchia”?
No, in realtà non amo questo genere di catalogazioni. Anche il genere “a cappella” era considerato di nicchia mentre, in realtà, io credo molto più semplicemente che, se si riesce a far risuonare nel giusto modo l’idea che si intercetta, quell’idea si propagherà con una grandissima forza, qualsiasi cosa essa sia.
Come si è avvicinato alla musica? Quale genere predilige ascoltare?
Mi sono avvicinato alla musica grazie al cuore gigante di mio papà Matteo che aveva il dono speciale di rendere musicale chi aveva intorno a sé. Riguardo al tipo di musica che preferisco ascoltare, io la definisco la “BCR”, acronimo che ricomprende Bach, Chet Baker e i Radiohead. Pensi che avevo anche un laboratorio che si chiamava così.
La sua esperienza presso il Centro Sperimentale di Cinematografia come la descriverebbe?
E’ un’altra bellissima opportunità che mi si è presentata ed è un’esperienza molto stimolante. Qui siamo dinanzi a un’altra forma di espressione, meno specifica rispetto al canto, ma ugualmente creativa, nella quale gli allievi sono chiamati a cimentarsi anche in altre discipline, quali il ballo e la recitazione. Chiaramente i programmi sono molto diversi e io chiedo meno dal punto di vista vocale. Si tratta di un’esperienza che ho iniziato da poco ma che mi sta regalando belle soddisfazioni.