La processione: passo e cadenza - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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La processione: passo e cadenza

La processione: passo e cadenza

Di Olga Chieffi

Processione lunghissima domenica pomeriggio con la Salernitana in campo e un orecchio alle bande e al cellulare. Poco pubblico in una Salerno quasi inaccessibile, sino al triplo fischio dell’arbitro, con portatori in gran fermento, il Vikingo neo-sposo in grande spolvero sotto San Giuseppe, quindi gran clamore per la vittoria dei granata del Sud e una processione che ha avuto uno snodo particolare e prolungata sosta nella benedizione al mare, che ha costretto la banda capofila il Corpo Bandistico “Lorenzo Rinaldi” di Giffoni Valle Piana, diretta dal Maestro Francesco Guida ad intrattenere per oltre venti minuti con diverse marce e un “giro d’Italia” in musica con un medley composto dalle più note canzoni popolari provenienti da ogni parte della nostra penisola. Seconda formazione a sfilare lo Storico Gran Concerto bandistico “Città di Salerno” di Rino Barbarulo, che ha sfoggiato il suo libretto con oltre 95 marce in carnet. Sempre in tiro, il pomeriggio è cominciato con Matera per l’assestamento, quindi Parata d’Eroi e dinanzi al duomo, in crescendo, una delle più godibili marce del Maestro Giovanni Orsomando, “Banda Sucre” e “Stesicoriana” di Salvo Miraglia, partiture storiche che pongono in bello spolvero le diverse sezioni, che vanno a comporre la banda, quindi inquadramento in Duomo con “Ciao” di Mario Ciervo e Foto di rito con il Sindaco di Pellezzano Francesco Morra, domenica in fascia blu di rappresentante della Provincia, in qualità di Consigliere con delega alle Politiche Culturali, che da anni omaggia il nostro comune di questa formazione, che guarda al nostro luminoso passato della scuola di fiati, eseguendo queste marce storiche che erano nella tradizione della banda dell’ Istituto Umberto I. Tutti pronti con la banda di Pellezzano agli ordini del Maestro Giuseppe Genovese a serrare le fila quale terza e dietro San Matteo il gruppo di Tamburi PercussionAmo dei Maestri Gerardo Avossa Sapere, Rosario Barbarulo e Antonio Palmieri, una scelta del parroco Don Felice proprio per dare manforte a San Matteo e crediamo anche a San Giuseppe, le due paranze più imponenti con il patrono che quest’anno è stato intronato a sei assi. Cadenze binarie e il salvifico sei ottavi per i portatori, tempo che è delle più famose marce militari, a cominciare da quella dell’Aeronautica militare, per passare a quello dei sommergibilisti, mentre in quattro quarti è La Fedelissima o in due quarti Armi e Brio. Un cadenzare senza soluzione di continuità da parte dei PercussionAmo e fastidio per il pubblico Vip che ha avuto per oltre quattro ore di sfilata, rulli e trombe nella testa. Ma non si transige, la musica è al servizio dei portatori da sempre. Così, nell’aurea di rigidità e di falso ordine, con il passaggio dei numerosi vessilli delle associazioni di volontariato e delle sfarzose confraternite, si è tornati a far ballare senza pensiero i santi più leggeri, tra tutti, quel Sant’Ante che riesce ad ondeggiare e fluttuare da un lato all’altro di Via dei Mercanti, in segno di penitenza e di augurio alla città. Tra inchini e omaggi la musica della Banda Città di Salerno ha spaziato da A tubo, Vita Pugliese, “Tato Russo”, le marce dal Mosè di Rossini, Ernani, accogliendo anche richieste quali Cuore abruzzese da parte del vice parroco del duomo, sul waterfront, e Pescasseroli, quindi, dalle altre due formazioni abbiamo ascoltato Pablito dagli accenti picareschi, salutata dal tripudio del pubblico, per i suoi accenti squillanti e imperiosi, Alentejo, Primi Passi, Rosita, partiture che maggiormente aiutano i portatori nel loro immane sforzo, più che le grandi marce sinfoniche che sono da ascolto. Simbolo di questo San Matteo, è stata la bandiera di Palestina cucita su di un lenzuolo buono, dai merletti ottocenteschi, sovrastato dal gagliardetto della Salernitana e con sotto la riproduzione del panno di San Matteo, il tutto appeso sotto l’arco della Madonna dei Sette Dolori di Via da Procida: il sacro e il profano racchiuso in un solo grido d’amore e di pace per Gaza. Invocando sempre la ripresa del cosiddetto servizio di piazza post processione, la festa è stata chiusa da una bella “sparata” da Molo Masuccio. La Ditta Di Matteo da Sant’Antimo ha incendiato il mare di colori con le sue carcasse a maggioranza granata con un inizio “floreale” coi colori della città. Il fuochista si è diviso tra fuochi a pelo d’acqua esplosi nella bocca del porto, e spettacolari bombe di tiro, con una sparata splendidamente ritmata all’inizio, poi ripresasi con spacchi perfetti, e un finale da brivido. Intense le variazioni, componenti la sinfonia pirotecnica, fatte di un fuoco perfettamente “leggibile” e in assoluta assenza di fumo, segno di un ottimale uso del tritolo, che ha rivelato cuori, stelle, cascate d’oro ad effetto vortice, fiori, il tutto coreografato con buon gusto, combinazioni nuove che hanno surclassato buona parte degli spettacoli pirotecnici in giro per la provincia. Di eccezionale effetto il giardinetto conclusivo con eccelse bombe di tiro, intersecate dai calibri piccoli sullo specchio d’acqua, con fermate pulite in un gran finale a tre bocche di fuoco con fermata, variazione e conclusione con crescendo-decrescendo- e crescendo parossistico “rossiniano” e i fatidici tre colpi oscuri che hanno segnato la fine della festa e l’applauso caloroso del pubblico.