La Piana del Sele o Pianura di Paestum - Le Cronache Attualità
Cronaca Attualità

La Piana del Sele o Pianura di Paestum

La Piana del Sele o Pianura di Paestum

di Salvatore Memoli

La scomparsa di mia madre, Vincenza Basso Memoli, e di Sonu sarà per sempre legata alla Piana di Paestum. Da bambino alle scuole elementari il maestro ci insegnava a chiamare Pianura di Paestum quel vasto territorio ubertoso che da Eboli arriva a Paestum, superandolo fino a chiudersi con le prime case di Agropoli e, quindi, dal mare fino alla catena montuosa preappenninica che insegue gli Alburni. > Negli anni ’60 la Pianura era un esempio di ordine agrario, con le case della riforma, tutte eguali e pulite, distinte tra loro soltanto dal nome del capo famiglia. Ogni unità terriera era un microcosmo di armonia, per modo degli allevamenti e delle coltivazioni, per grado di efficienza e produttività. Fino a tutto il tempo della gestione della Riforma agraria tutto era fatto con vitalità e creatività dagli assegnatari. Tutti avevano una stalla con animali da latte e da ingrasso. Il tempo e le innovazioni hanno dissipato i buoni propositi facendo spazio ad un’agricoltura intensiva, sotto serra, che ha trasformato le abitudini contadine ed ha smembrato i nuclei familiari, con la fuga verso le città. > Una volta era terra benedetta da Dio, un angolo della Campania felix, che faceva onore all’archeologia dei Templi. > Oggi, marocchini, algerini, tunisini, eritrei sono stati raggiunti da indiani e pakistani, per essere sostituiti da europei comunitari ed extracomunitari, rumeni, polacchi e ucraini. Seguono per presenza i russi e i cinesi nonché senegalesi e cingalesi. Insomma la Pianura di Paestum è diventata una realtà multietnica di rara e multiforme identità. > È chiaro che la presenza di queste persone porta problemi di ogni genere e, soprattutto, pericolosità sociale. > Una volta i contadini del Cilento e della Lucania alzavano la testa contro lo sfruttamento e contro il fascismo, scrivendo pagine di riscatto civile, onore della nostra gente. > Come si spiega la presenza di tanti stranieri, per lo più clandestini? > La legislazione post ’68 invece di migliorare le leggi ha introdotto novità regressive, ha infangato la civiltà piegata ai bisogni di un’economia vulnerabile. > Se si chiede ad un clandestino che cosa farà una volta ottenuto il permesso di soggiorno, risponderà ” me ne vado in Inghilterra o in Francia”. > Ospitiamo gente che maledice le nostre terre! > La vicenda della scomparsa di mia madre e di Sonu ha legami con tutto questo mondo di disordine morale e sociale. > Per me salvarne almeno uno ( Sonu) equivaleva a indicare una strada a tutti. > Alla conta nella Pianura di Paestum, da Battipaglia, Eboli ed Agropoli, vivono decine di migliaia di stranieri sfruttati. > La parte rilevante dello sfruttamento la copre l’organizzazione che li accompagna sul posto, affidandoli a datori di lavoro senza scrupolo, poi subentra il business dei contratti e dei permessi di soggiorno: una catena ben oleata di delinquenza e coperture fino ai colletti bianchi. Se Cembalo parlasse…si salverebbe l’anima e salverebbe la nostra civiltà da delitti sociali ripugnanti! Mohamed è un mio amico, ora è un uomo maturo. Mi raccontava: ” Sono arrivato dal Marocco, partendo da Tangeri. Ho attraversato lo stretto sotto un autobus di linea che dal Marocco porta i passeggeri in Spagna. Ho pagato settemila euro all’autista dell’autobus e mi sono cosparso di benzina per non attirare l’attenzione dei cani della Polizia… perché volevo vivere in Italia e in Europa”. > Sonu viveva in una roulotte. Dopo una giornata di duro lavoro che cominciava alle 4 del mattino, si ritirava in questo inferno infuocato senza acqua, senza avere il diritto di lavarsi, convivendo con topi e qualche serpente. > Come era possibile che un ragazzo di 20 anni, dopo una dura giornata di lavoro dovesse continuare a conservare quel maleodorante puzzo di letame, senza avere il diritto di lavarsi e di cucinarsi? > Per il datore di lavoro era come un cane tenuto legato da una catena, aveva giusto il diritto di mangiare qualcosa, anche se la catena corta rischiava di soffocarlo. > Ecco perché piangendo disse: ” voglio andare via, tornarmene in India, non voglio più stare con le bufale. Aiutami ad andare via. Voglio tornare da mio padre!” Parlava e tremava, poteva essere mio figlio! Mi faceva una pena infinita. Quando bussò alla porta di casa nostra, mia madre ed io, non sapemmo rifiutargli una mano. Sonu andava difeso nei suoi diritti di persona, di lavoratore. Bastarono pochi giorni di ospitalità nella nostra tenuta, con mia madre che gli faceva mangiare ogni ben di Dio. Il suo volto prese una luce nuova ed anche i suoi vestiti erano profumati e freschi. > Bastò così poco perché i suoi connazionali, con una punta d’invidia, lo definirono ” l’americano”. > Fece l’errore di non chiudere i suoi rapporti con l’inferno della Piana di Paestum. > Suscitò invidie ed accese la rivalsa, che gli sono costate la vita, a lui ed a mia madre che, forse, voleva difenderlo da malintenzionati venuti a trovarlo, quel 12 luglio 2007 che ha cambiato molte vite e molte storie di luoghi e persone. > Segnando ogni cosa di omertà e di tragedia, troppo grandi per combatterle da soli.