Di Marco Visconti
Un compleanno che diventa un vero e proprio evento culturale e artistico, si fa riferimento al compleanno del salernitano Luca Cantore D’Amore, classe 91, che corona la sua carriera al Gran Bar Tunisia, nel cuore della città meneghina, frequentata da professionisti e artisti. D’Amore festeggerà in grande stile, sulle note della Milano da bere degli anni ’80, il giorno sabato 24 giugno alle ore 20:30, sono previsti ben 350 invitati. A fare da partnership all’evento di D’Amore è il noto marchio «Cointreau», seguono Gianluca Cecere, vincitore miglior panettone al mondo 2019, Salvatore Garzillo, il giornalista freelance che si occupa della parte culturale, Lillo Loris, uno dei più grandi letteristi e grafici d’Italia, Emilio Leonardo per la comunicazione, Luca Barone per i film, Gianluca Gatta e Mattia Cantore D’Amore per la fotografia e infine Maria Grazia Vernuccio per l’ufficio stampa. Ci sono invitati d’eccezione, come Oscar Branzani, ex tronista di Uomini e Donne e imprenditore: ha realizzato, tra le tante cose, una linea di costumi che prende il nome di Sonten. Non manca all’invito l’amico di D’Amore, Vincenzo Falcone, imprenditore del marchio Golocious. D’Amore consegue tre corone d’alloro: in Architettura d’interni e Interior Design, al Politecnico di Milano, e in Storia dell’Arte. Si occupa di storia e critica dell’arte, ha all’attivo un romanzo «L’estetica del decanter»; vari volumi, testi e cataloghi artistici. È direttore artistico di Gad, della fondazione «Bartolomeo Gatto», de «Il Prisma», per la verticale Arte, di «Artland». D’Amore si racconta tramite il suo suggestivo compleanno, che va a consolidare la sua importante carriera.
Da dove nasce questo bisogno di festeggiare questo suo primo compleanno in grande stile allo storico Gran Bar Tunisia?
«Questo compleanno non nasce dal bisogno ma è la naturale conseguenza di un percorso personale, è un modo per dimenticare il fatto che si compiano gli anni, si tratta di una “vicenda così triste”, ovviamente ironizzo… Lo storico Gran Bar Tunisia è un luogo di grande spessore culturale, perché contiene, conserva e custodisce la verità, in un momento in cui tutto è falsificato e ogni cosa tiene allo scintillio. Guarda alla crudezza, brutalità dell’onestà, sia estetica che concettuale, di se stesso con le non variazioni che propone da 50 anni e ci fa fare un tuffo nel passato, in quel passato rigoglioso che ci ha preceduto».
Festeggia questo suo momento importante con un partner d’eccezione, «Cointreau», come nasce questa collaborazione?
«Cointreau è l’opportunità che io ho di unire il bello al buono, con una comunione di intenti concettuali e culturali».
Al suo compleanno ci saranno importanti ospiti del mondo letterario e gastronomico, perché ha creato questa commistione tra arte e cibo?
«Sì, ci saranno tanti ospiti importanti, sono persone con talento, con una volontà di produrre, progettare, cambiare le cose, partendo dal piccolo e sognando in grande. Tutte le persone a livello manageriale e operativo, che mi hanno accompagnato all’organizzazione di questa festa con Cointreau, appartengono a realtà lavorative più varie, ma si sovrappongono a me e al brand Cointreau grazie alla capacità di saper ingegnerizzare il sogno, cioè di saper tradurre in cosa l’idea».
«Paninari», «Milano da bere», «anni ’80» sono le tematiche del suo evento, quegli anni ’80 della «Milano da bere» e dei «paninari» racchiudevano quella percezione di benessere diffuso in questa città, la stessa cosa si può dire oggi agli occhi di un critico d’arte come lei?
«La percezione di benessere oggi è completamente cambiata, prima il mondo del benessere girava intorno ai beni, oggi gira intorno ai servizi, dunque alle iniziative, quella Milano guardava avanti, aveva una marcia in più, inventava; oggi tutti hanno una marcia in più e da inventare c’è rimasto molto poco, quindi ciò che cambia, rispetto a prima, è che il servizio, la qualità della vita che noi proponiamo (sano, brillante e professionalmente serio) è la vera marcia in più rispetto a tutti coloro che non fanno della dedizione, la passione, gli unici ingredienti indispensabili per la riuscita nei confronti del proprio lavoro».
In quale opera d’arte racchiuderebbe Milano?
«La “Città che sale“ di Umberto Boccioni».
Quali saranno le sue prossime attività?
«Ne sono 2, una per questioni di riservatezza non posso parlarne; mentre l’altra la posso citare con grande orgoglio, si tratta di uno studio d’architettura e progettazione, che è uno dei più importanti d’Italia, faccio riferimento a “Il Prisma” di Stefano Carone, sarà per me un onore collaborare con menti eccelse come Giacomo Rosso; Amalia Martino; Davide Merlo e Walter Marotti».