“In guerra è l’Uomo, la sua storia, il suo essere ad essere negato”. E’ questo il messaggio forte di quanti hanno potuto raccogliere il ricordo di chi ha vissuto la seconda guerra mondiale, e con esso lo sbarco alleato. Oggi verrà celebrato il 71° anniversario dell’Operazione Avalanche, in un momento in cui il mondo è pericolosamente in guerra, come mai lo è stato dalla fine della seconda guerra mondiale. La giornata inizierà alle ore 17, presso il Museo dello Sbarco di Salerno, con Eduardo Scotti simpatico cerimoniere, in via Generale Clark, per una rievocazione ricordo dell’Operation Avalanche e l’incontro delle autorità e dei cittadini con gli uomini del Reggimento Cavalleggeri Guide alla vigilia della partenza per una nuova missione di pace in Medio Oriente. Un’occasione per conoscere i ragazzi che rischiano la vita all’estero, per riconquistare quella stessa pace cui l’esercito alleato portò con lo sbarco di Salerno. Ci sarà lo Sherman restaurato con la sua stella bianca, la cui visita sarà accompagnata dai boogie-woogie di Miller suonati lì dal vivo, dai musicisti della Us Naval Forces Europe Force band, quali inno della libertà del mondo. Un sogno che allora permise alla muscolatura Italia di ricostruire le proprie macerie, un paese libero di vivere come meglio gli pareva e che stasera dovrà essere di buon auspicio anche per noi, una speranza che, come è noto, è un sentimento assai felice, purtroppo fatalmente provvisorio. Il concerto, al teatro dei Barbuti, della band americana, che abbiamo avuto modo di applaudire già lo scorso marzo, al teatro Augusteo, con il quale si concluderà la XXIX edizione teatrale diretta da Giuseppe Natella e organizzata dalla Bottega San Lazzaro, vedrà la formazione, sfilare da piazza Portanova sino al celebre largo, per salire, alle ore 21,15 su di un palcoscenico sito in una zona al tempo “Out of the bounds”. I nostri strumentisti guidati da Thomas Lawrence, faranno riecheggiare per via dei Mercanti, le marce che piccoli gruppi di fiati suonavano durante l’occupazione, facendosi sicuramente apprezzare in formazione, nella sua più popolare delle sue funzioni, quali esecutori del l’eccezionale repertorio marciabile americano. Poi, sotto una luna che si potrà toccare, una luna gigantesca e luminosa, felliniana, quasi a significare che in fondo, la salvezza dell’individuo , non dell’umanità, è ancora nel “ricordo”, la band suonerà quella musica che Gene Krupa (drums) definisce “…eccola davanti a voi in ogni suo aspetto: mettetela come volete. Una bellezza che è insieme stracciona e cordiale, sfrontata e perfida, e che ha senza dubbio il suo fascino”. Il concerto riprenderà da dove ci siamo lasciati in quella sera di marzo da Sing,sing,sing! Brano con cui sbiadisce la distinzione tra formazioni bianche e nere, poiché nel famoso concerto della Carnegie Hall di New York del 16 gennaio 1938, i giovani entusiasti della musica delle orchestre di Goodman e di Count Basie schiodarono le poltrone dal pavimento per poter danzare senza limite alcuno. Si procederà con Basically Blues, pagina portata al successo dalla band del batterista Buddy Rich, in cui potremo riascoltare il flauto solista di Francesco Desiato, per procedere con un jump blues di Louis Jordan Let the good times roll. Walk the walk e un omaggio a George Gershwin con S ’wonderful e A foggy day, un’interessante summa dell’universo esecutivo del compositore. Centro della scaletta saranno Blue Skies, Sweet Georgia Brown, uno standard del 1925, prima di passare alla sigla, riconosciuta da tutti, dello sbarco alleato in Italia, In the Mood. Latin Jazz con The Girl of Ipanema, prima di far alzare la prima tromba per un My funny Valentine alla Chet Baker. Gran finale con Somewhere over the Rainbow, un portrait di Frank Sinatra schizzato attraverso Come fly with me e J’ve got you under my skine e per finire, un inno vero e proprio della swing craze “One o’ clock jump” di basieana memoria, l’inizio del dopo mezzanotte, ovvero la consuetudine dell’ “after hours”, il principio della ricerca della distrazione, del divertimento tra musicisti che improvvisavano per tutto il resto della notte, dialogando fra loro con quel linguaggio dell’azzardo e della sfida, che ha condotto al jazz moderno.
Olga Chieffi