La maggioranza dei nuovi emigranti italiani sono giovani e il 54,1% ha meno di 35 anni. Basterebbero mettere il naso fuori dall’Italia, a Londra, Bruxelles, Berlino per trovare tanti ragazzi italiani che lavorano o cercano lavoro. Alla luce di questo, l’interrogativo è: l’emigrazione giovanile è da vivere come un problema da risolvere o invece è semplicemente diventata il risultato di una crescente globalizzazione? Quesito presentato all’evento “Cervelli in fuga. L’emigrazione 2.0” tenutosi ieri al Grand Hotel Salerno (tra i relatori Francesco Nicodemo del Pd), al quale hanno partecipato alcuni “talenti” campani emigrati all’estero per lavoro o che hanno fatto esperienza in altri Paesi fuori dall’Italia. “Non si dà più importanza alla meritocrazia, che purtroppo in Italia non esiste più. I ragazzi qui diventano “pattumiere” e all’estero invece vere e proprie risorse, dirigenti di importanti imprese. I mass media ci informano solo dei clandestini e stranieri che arrivano nella nostra terra e non ci dicono che la percentuale di italiani che emigra all’estero è maggiore” dichiara Carmen Guarino, direttrice di Rete solidale Salerno, che continua “l’Italia esporta ma non attrae”. Il Sud e la Campania soprattutto, esporta un numero elevato di professionisti e talenti che scelgono mete come l’Australia per farsi valere ed essere presi in considerazione. Disoccupazione giovanile, contratti temporanei che danno senso di provvisorietà, scarso investimento nella ricerca, mancata competività dell’Italia nel mercato del lavoro e dell’economia, mancata meritocrazia e percentuale alta di raccomandazioni e una burocrazia annodata troppo difficile da sciogliere per i giovani. Sono alcune delle tante cause per cui Lidia Tagliafierro (biologa, che ha trovato lavoro alla Duke University), Antonluca Cuoco (direttore marketing di un’azienda di elettronica che vive tra Spagna e Italia), Luca Guardabascio (scrittore e regista emigrato negli Usa) e Roberta Pastore (architetto che è riuscita invece a rimanere in Italia grazie a una borsa di studio di Renzo Piano) hanno fatto oppure fanno e faranno esperienza all’estero. “Per inseguire il mio sogno ed essere considerata sono andata in America, dove esiste meritocrazia e prendono in considerazione le capacità e non la famiglia che hai alle spalle. In Italia non c’è nessun bando su misura per me, che sono figlia di semplici operai” dichiara Lidia Tagliafierro che partirà a gennaio, verso la sua nuova esperienza lavorativa. Testimonianza diversa per Roberta Pastore che lavora al fianco di Renzo Piano e quindi ha trovato il suo angolo qui in Italia: “Ci vuole coraggio ad andarsene come ci vuole coraggio a restare”, sottolinea. “In Italia ti fanno crescere con l’idea che l’arte non paga, e invece all’estero essere italiani paga tantissimo e poi magicamente quando torni in Italia tutti ti vogliono. Facciamo fare politica a chi vuole farla per missione e non per professione, così forse le cose potrebbero funzionare meglio” evidenzia Luca Guardabascio, regista italiano, anche lui emigrato in America. Spesso all’estero si trovano i veri italiani quindi, quelli che sono ancora interessati a far innamorare il mondo dell’Italia, della straordinarietà che è intrinseca nel nostro Paese, celata spesso dietro questi veri e propri talenti.
Brigida Vicinanza