Le ultime elezioni al Comune di Salerno hanno certificato quanto gli osservatori avevano ampiamente anticipato. La scomparsa di Forza Italia, incapace a Salerno, Battipaglia ed Eboli di organizzare liste competitive e presentare candidati credibili, salvo poche eccezioni. A Salerno tra gelosie e tradimenti, si è consumata l’era degli azzurri. Forza Italia ha sulla coscienza la mancata candidatura di Michele Tedesco, l’andata via nel campo avversario dell’Udc sotto le spoglie dei Moderati, di non aver sostenuto appieno Michele Sarno, tra candidati improbabili e voto disgiunto. La fine inizia da lontano, la guerra all’interno del partito, già dilaniato dai voti sempre più pochi, con il flop alle regionali ha fatto il resto. La candidatura inutile di Caldoro, la guerra ai Cesaro, la battaglia tra la Carfagna e i suoi pochi uomini e l’altra ala del partito, hanno scavato la fossa a Forza Italia. A Salerno ancora peggio: l’andata via di Aniello Salzano, il controcanto delle inutili decisioni dei vertici del partito, è stato un altro segnale di impoverimento. Zitarosa aveva lasciato da tempo, Ciro Russomando ha preferito non ricandidarsi. La fuga è stata inarrestabile, senza che nessuno intervenisse e si sganciasse dalla misera politica di De Siano che dovrebbe avere il coraggio di ritirarsi a vita privata. Neanche un sussulto d’orgoglio. E così mentre a Salerno si respirava aria di ribaltone, gli unici a non capirlo sono stati quelli di Forza Italia. Per come stavano messi dovevano andare in processione da Michele Tedesco. Oppure, se la scelta per motivi di alleanze doveva andare su Michele Sarno, dovevano uscire dal limbo in cui si erano confinati. Invece niente, solo la spartizione di inutili poltrone che a nulla servono. Marzia Ferraioli è stata completamente assente, della Carfagna e dei suoi rappresentanti nessun guizzo, anzi in molti sostengono che gli azzurri che si riconoscono nel Ministro, hanno disertato la campagna elettorale e si sono girati dall’altra parte, sistemandosi sulla riva del fiume in attesa del passaggio dei cadaveri dei loro avversari. Salvo in alcuni casi, si dice, dell’applicazione del voto disgiunto. Per Celano si profila un invecchiamento sui banchi di Palazzo di città. Poi c’è il caso Amatruda che per mesi ha parlato con tutti, da Tedesco a De Simone, da Salzano alla Barone, cercando un ruolo di mediatore che nessuno gli ha riconosciuto. Salvo poi tentare il ritorno in Forza Italia con un suo candidato, mentre l’altro suo amico ormai aveva già firmato con una lista della Barone. Fino a sabato quando è stato immortalato alla festa di Napoli. (continua) t*
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