di Salvatore Memoli
Sul mondo delle Cooperative che gestiscono importanti servizi pubblici del Comune di Salerno, è piovuto un corto circuito tra Giustizia, Comune ed una frangia di Consiglieri Comunali che le avversa e che si sfida come si trattasse di una questione tra privati. La storia del mondo della cooperazione a Salerno ha antiche radici che nel recente passato ha permesso alla politica di valutarle con serenità e lungimiranza affidandole un ruolo consono a questi agili modelli sociali. La loro realtà organizzativa di riferimento era risultata adatta all’ obiettivo che l’Ente locale si era prefisso: agevolare organismi non lucrativi di utilità sociale. L’esigenza del Comune era di approvvigionarsi di collaborazioni esterne e di promuovere il lavoro per particolari categorie sociali, in grado di svolgere, in piena autonomia, le attività esternalizzate, contenendo i costi di servizi importanti e, nello stesso tempo, assicurare efficienza, economicità ed efficacia alle scelte amministrative. Le cooperative sociali hanno sempre garantito la tutela qualitativa dei servizi affidati, testimoniando un’attenzione ai lavoratori, provenienti da un sociale difficile ma meritevole di fiducia e riscatto. Nel tempo si sono qualificate come imprese che possono dare una sana collaborazione con gli Enti locali.
Da più parte si é voluto colorare di “sinistra” la dimensione politica delle cooperative ed invece ricordo l’impegno generale della politica, soprattutto durante la Giunta Scozia, nell’incoraggiare tali soluzioni importanti per i settori dei servizi pubblici, alla ricerca di un’organizzazione leggera ed economica che avrebbe consentito alla Pubblica Amministrazione di ottenere risultati positivi. Sulla buona riuscita di questo modello operativo fondato sull’esternalizzazione, si é avviato un lungo periodo di collaborazione che ha garantito negli anni crescita sociale, efficienza delle partecipazioni ed efficacia dei risultati. Tale cambiamento ha favorito un graduale alleggerimento dell’organico del Comune, un contenimento dei costi fissi, un’organizzazione strategica più agile che normalmente è coincisa con l’allargamento dei processi decisionali, a beneficio della comunità. Le cooperative ci hanno abituato a ripensare il ruolo del Comune ed il suo intervento pubblico nonché il diverso assetto delle responsabilità di chi assume le scelte nell’esecuzione dei servizi somministrati alla collettività. Si sono col tempo definite le partecipazioni delle Cooperative nella qualità dei servizi locali sul territorio e la loro crescita sociale ed imprenditoriale. Un cammino che ha fatto crescere un rapporto fiduciario che non ha sminuito il controllo della qualità. Le cooperative si sono integrate con il territorio, diventato ben presto obiettivo dell’agire quotidiano e riferimento del cittadino e della sua soddisfazione. Per anni il cittadino ha potuto rendersi conto delle presenze di lavoratori, in tutte le condizioni climatiche, che garantivano strade pulite, parchi efficienti, manutenzione programmata e costante. Il patrimonio pubblico è stato messo a riparo e garantito da un’attenzione di lavoratori che hanno maturato competenze e responsabilità. Le cooperative si sono trasformate in un modello societario efficiente e con un know how di cui ha beneficiato direttamente l’Ente locale. Le procedure di affidamento dei servizi sono state nel tempo perfezionate adottando, in forza di regolare affidamento pubblico, anche procedure come l’appalto pubblico. Le cose sono andate bene per molti anni, almeno fino a quando la politica ha gestito con lungimiranza i fenomeni. Da un certo punto, sembra che si stia perdendo il livello di maturità raggiunto che ha garantito una buona pace sociale, lasciando insinuare il dubbio che le cooperative siano diventate un surrogato di imprenditorialità, gestore di clientela e fruitore di utili. Fin qui la politica è stata in grado di vigilare in questo settore ed ha calmierato fenomeni irregolari e turbolenti. Da un certo momento, il modello cooperativistico a Salerno é stato interessato da una mutazione di ruoli e di obiettivi che ha messo in conflittualità tutti i protagonisti. Il sentore che si ha è quello di un rivoltamento organizzativo che soppianta equilibri creati nel tempo, con correttezza e prova di collaborazione. Più del modello sembra che si sia generata una confusione e sovrapposizione di interessi, che mostra tutta intera la crisi della politica che non é più capace di garantire soluzioni di affidamento con le stesse procedure, seguite fin qui. Sembra che il sorgere di nuovi organismi che si legittimano nella contesa di spazi e di risultati che rasentano il lucro, siano il frutto di contese ingestibili. Sta per venire meno anche quella terzietà che dovrebbe ricordare al Comune, alle sue organizzazioni, di rimanere distante dalle fasi operative dello svolgimento dei servizi pubblici. In questo quadro, di apparente giustificazione di interessi diversi, si consuma la crisi vera del modello politico di gestione dei servizi, delle scelte fin qui garantite e la considerazione che non si può tornare indietro. Qualcuno ha pensato che la Giustizia si può occupare di dirimere le conflittualità sorte, con un’autorevolezza e lucidità che la politica ha perduto, mantenendo il settore in uno stato di allarme, colpevolezza, confusione e dubbia correttezza normativa e contabile, scaricando un mondo che per oltre trenta anni ha garantito crescita della qualità, occupazione e rilevante contenimento dei costi sui bilanci del Comune di Salerno. Brandire la Giustizia come censore di un settore benemerito che cosa nasconde? Quello a cui assistiamo é una lotta per bande, un tentativo di scalzare qualcuno per prenderne il posto. Le Cooperative sociali rispondono a modelli normativi con alte finalità di tutela anche delle fasce di lavoratori meno fortunate. Sembra che questa importante vocazione sociale voglia essere trascinata in visioni locali, colorate di clientelismo ed opportunismo. Il Comune ha una grande responsabilità nella sorte delle Cooperative sociali, il cui radicamento negli anni, ha avviato la trasformazione organizzativa della stessa macchina comunale. A nulla serve il riferire le attività delle cooperative alle società in House del Comune, esse stesse hanno costi ed organizzazioni che non hanno niente a che vedere con il modello delle cooperative. Se qualcuno si è distratto, sarà bene aprire gli occhi e leggere i bilanci. Il trasformismo in atto é vittima di una politica che non ha idee chiare. Qualcuno lo sa, lo avrà capito e forse lo avrà programmato a tavolino.