
Antonio Manzo
La camorra a cinque stelle si accaparra alberghi salernitani. Da tempo si è vestita da impresa che non bussa più per ricevere il “pizzo” una tantum, perché non spara più, né mette bombe per avvertimenti mafiosi. Mira a prendersi gli alberghi della cosa salernitana. E ci riesce. Lo fa attraverso la partecipazione legittima alle aste fallimentari dopo tortuose immobiliari che fanno approdare ai loro desideri. E non basta il riscontro degli allarmi del procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, sul Cilento invaso dai boss e dai loro clan finti anche alla commissione parlamentare antimafia. Per il nuovo procuratore della Repubblica Francesco Rotondo, originario del Cilento e già in servizio a Salerno come sostituto procuratore antimafia, c’è già il primo messaggio di benvenuto nella terra invasa di boss e dai loro clan ed ora sua competenza territoriale. C’è una storia inquietante che riguarda un albergo cilentano passato dalle mani dei legittimi proprietari agli usurai, così come riconosciuto dallo Stato che li ha proclamati vittime, a quelle di gruppi imprenditori dopo storie giudiziarie contorte e inspiegabili. È solo uno dei casi nei quali ricorre una solita economia criminale che acquista e paga complessi alberghieri di migliaia di metri quadrati comprati all’asta e venduti ad un quarto del loro valore di stima, già ridimensionato rispetto al valore di mercato. È inutile andare a cercare analisi sul fenomeno criminale in provincia di Salerno negli annuali rapporti investigativi. Da venti anni e passa vengono presentati come in fotocopia, persino con gli stessi cognomi delle famiglie criminali che operano, prevalentemente, solo per la droga e mai per l’economia presa in ostaggio come nei casi della gestione alberghiera o nella industria casearia o, peggio ancora, con infiltrazione camorristiche negli enti locali. Negli ultimi anni non è necessario far ricorso a chat-gtp per rendersi conto perfino delle stesse frasi utilizzate nei rapporti riciclati per anni. Vi raccontiamo una storia che non ritroverete nei rapporti investigativi. E riguarda proprio il Cilento dove è arrivato un procuratore della Repubblica che opera in fruttuoso silenzio come quando, da giovane magistrato sostituto procuratore a Vallo della Lucania, fu scoperto nel suo ufficio dai cronisti che volevano notizie sulla assurda morte dell’insegnante Francesco Mastrogiovanni che in piena estate 2009. Mastrogiovanni fu prima catturato per un inspiegato Tso (trattamento sanitario obbligatorio), braccato a mare da un irripetibile schieramento di motovedette e pattuglie in servizio su motoscafi e poi ricoverato a Vallo della Lucania dove fu ucciso dal trattamento con il letto di contenzione (l’inchiesta fu diretta dall’allora procuratore Alfredo Greco). Questo è l’ambiente nel quale Rotondo torna come procuratore. Ma è anche l’ambiente che conta singolari storie di camorra-impresa. L’usura Nel più grande hotel della costa cilentana c’è tra i soci di maggioranza un gruppo imprenditoriale di Battipaglia che fa capo a un noto industriale denunciato per usura poi morto prima del processo a Vallo della Lucania. I titolari dell’hotel vengono riconosciuti vittima di usura per aver consegnato all’industriale effetti cambiari per 800 mila euro pagati ma non restituiti. Nonostante il decreto prefettizio di vittime di usura il gruppo dell’industriale battipagliese aziona procedura sia di espropriazione immobiliare a Vallo della Lucania che fallimentare presso il tribunale di Salerno. Nel frattempo l’avvocato degli usurati finisce in cella per reati diversi rispetto alla vicenda dell’albergo. L’avvocato torna libero e chiede agli amici presunti debitori chiede 40mila euro per prestazioni professionali. Si inserisce nella procedura esecutiva fallimentare di Salerno poi con mediazioni eccellenti chiede solo 26 mila ero e una polizza fideiussoria da 75mila euro. Il fallimento I giudici della fallimentare di Salerno, notoriamente inflessibili, non vogliono sentire ragione tanto da non considerare neppure la richiesta sospensiva della procedura fallimentare per la durata di 300 giorni e concessa quale facoltà di legge per le vittime del reato di usura. Ma l’avvocato non demorde e chiede al tribunale di Salerno l’aperura del fallimento e viene nominato curatore fallimentare un commercialista coniuge di un magistrato in servizio nello stesso tribunale di Salerno e in confidenza con un investigatore antimafia. Aste sempre deserte per un complesso valutato 16 milione di euro da un tecnico di Vallo della Lucania e tredici milioni e mezzo da patte di un tecnico di Salerno. Dodici, tredici aste vanno tutte deserte. Ma poi a dicembre 2018 alcuni imprenditori di Salerno città estranei a qualsiasi circuito criminale accompagnati dal curatore fallimentare visitano l’albergo e vengono presentati come interessati all’acquisto nonostante l’ hotel fosse stato fosse stato assegnato da un giudice che aveva consentito il fitto alla società in difficoltà. Il curatore ha rapporti di parentela con gli aspiranti acquirenti che formalizzano una offerta irrevocabile di acquisto per 4 milioni e mezzo nel corso della sospensione delle gare di vendita. Il curatore al giudice di riaprire la procedura all’asta dell’albergo e viene fissata una data per la vendita a marzo 2019. Intanto altri possibili acquirenti si presentano alla struttura per visionarla. C’è un cliente russo, un fondo di investimento inglese, ma nonostante la sospensione delle aste il bene viene venduto agli imprenditori salernitani con rogito notarile nonostante la parziale abusività dell’immobile per la quale era stata richiesta nel 1987 la sanatoria con la legge del condono edilizio. I salernitani Il curatore, che al tribunale di Salerno e affidatario degli incarichi più importanti, si fa intermediario con gli imprenditori salernitani, con i quali vanta una parentela, onde evitare azione civilistiche per l’abuso edilizio. Così finisce un fallimento che ora potrebbe entrare tra le carte del neo procuratore della Repubblica di Vallo della Lucania. Troppe coincidenze, troppi misteri nell’albergo del Cilento, zona dove già nel 1960 fu costruito e poi chiuso dopo anni l’avveniristico club Mediterranee in una zona che fece gola alla speculazione edilizia tanto da realizzare ville e appartamenti sul mare. Nessuno pagò per quello scandalo che sfregiò l’habitat e dichiaro la morte di un centro costiero.