Questa sera, alle ore 21, il sipario del teatro Verdi si leverà su “Il Sindaco del Rione Sanità” di Eduardo De Filippo, riletto da Mario Martone e Francesco Di Leva, che chiuderà la stagione di prosa
Di Olga Chieffi
E’ possibile trasporre l’Antonio Barracano di Eduardo De Filippo nella Gomorra attuale fatta di trentenni obnubilati dall’ “appetito” incontrollato di emergere, dalla disperazione, dalla indifferenza a tutto e a tutti? Ci provano Mario Martone e gli attori del Nest che da stasera a domenica reciteranno sul palcoscenico del Teatro Verdi di Salerno “Il Sindaco del Rione Sanità” di Eduardo De Filippo, chiudendo in bellezza la stagione di prosa. In scena l’inutile sacrificio di un padre-padrino, convinto che l’omertà possa conservare una funzione riparatrice in una società dissestata dall’ingiustizia, il quale sarà compensato dalla decisione di un medico “Della Ragione” a parlare “in fede”. L’eroe eduardiano che avrà la voce di Francesco Di Leva è un eroe del nostro tempo, non tragico, bastonato, ma che raramente si arrende e impara, o se non impara lui, imparano gli altri. In questo percorso, la banalità diventa casualità e universalità al tempo stesso, facendo diventare fecondo quel particolare “ambiguo” e ibrido per cui possiamo trovare sempre una chiave diversa, o più penetrante, rispetto a quella a portata di mano, fornita da Eduardo stesso, per interpretare il senso di questa tragi-commedia. Il protagonista – un personaggio che, da copione, ha 75 anni – in questo allestimento sarà interpretato dall’attore Francesco Di Leva, uno svecchiamento voluto dallo stesso prim’attore in accordo con il regista, per universalizzare il personaggio e avvicinarlo al Sistema attuale. Apporto decisivo, a questa trasposizione quello della compagnia Nest, quale la scelta di abbassare l’età dei protagonisti, nonché di trasferire la scena dalla Sanità ai paesi vesuviani, Terzigno, Somma, San Giovanni a Teduccio. Don Antonio, però, nonostante la giovane età, esercita quotidianamente il proprio ambiguo ideale di giustizia accordando udienze e offrendo protezione a coloro che gliela domandano. Ascolta le loro storie e alla fine, costantemente in bilico su quel sottilissimo filo che separa giustizia e ignoranza, “sistema le contese” emettendo (quasi) sempre la stessa sentenza: “Il fatto non avrà seguito”. Ma quando al suo cospetto si presenta Rafiluccio, impersonato da Salvatore Presutto, la situazione cambia: il giovane, infatti, non cerca protezione, vuole solo comunicare a Don Antonio la sua intenzione di uccidere il proprio padre, Arturo Santaniello, “uomo onesto e lavoratore, che si è sempre occupato dei fatti propri”, il cui atteggiamento fiero e indisponente, al tempo stesso, è affidato all’interpretazione di Massimiliano Gallo. Il discutibile senso di giustizia di Barracano comincia a vacillare, sotto l’attento e disilluso sguardo del professor Fabio Della Ragione, interpretato da Giovanni Ludeno, da lungo tempo suo “braccio destro”; fino al sacrificio estremo di Don Antonio, il quale, con ostinata abnegazione, chiude una partita che non prevede vincitori. Napoli resta così simile a quella descritta da Eduardo nel 1960 e che non sia un totale fallimento lo provano proprio gli attori del Nest, del Pierrot di Ponticelli o i ragazzi del Nuovo Teatro Sanità, che abbiamo applaudito la scorsa settimana ne’ “La paranza dei bambini”. Ma di certo non ci si può illudere che tutto cambi di colpo e improvvisamente ci sia una Napoli normale. La normalità sta nell’impegno dei singoli per Martone, in quello sociale di Luca De Filippo con il quale è nato il progetto di questo spettacolo prima della sua morte, ma anche nei volti dei giovani attori della compagnia, Adriano Pantaleo che sarà Catiello, Giuseppe Gaudino (Vicienzo ‘O Cuozzo), Daniela Ioia (Armida), Gennaro Di Colandrea (Pascale ‘O Nasone), Viviana Cangiano (Immacolata), Lucienne Perreca (Rita) Mimmo Esposito (Gennarino), Morena Di Leva (Geraldina), Armando De Giulio (‘O Nait), Daniele Baselice (Peppe Ciuciù) e nelle parole di Ralph P che è anche in scena quale ‘O Palummiello, rapper che ha scritto anche le musiche dello spettacolo. “Niente di nuovo” è il titolo del brano principale, perché Napoli prova a cambiare, ma ha anche la consapevolezza che su certi aspetti sociali poco è cambiato dai tempi di Eduardo.