La Banca della Campania illumina la notte - Le Cronache
Ultimora Provincia Battipaglia

La Banca della Campania illumina la notte

La Banca della Campania illumina la notte

di Olga Chieffi

Quando l’educazione alla Legalità incontra la sicurezza stradale propria e altrui, ma anche il rispetto delle regole di un Paese diverso da quello di origine per perseguire, di conseguenza, la progressiva costruzione di una società più giusta ed equa. È stata questa l’essenza della serata svoltasi ieri presso l’opera Bertoni di Battipaglia del progetto dal titolo: “Luci nella notte – accoglienza, integrazione e sicurezza stradale”, promosso da Banca Campania Centro nell’ambito delle sue attività sociali e di sostegno all’accoglienza e all’integrazione dei lavoratori stranieri presenti sul proprio territorio, alla presenza di rappresentanti delle Istituzioni, del Terzo Settore e delle comunità straniere, conclusasi con la consegna del kit sicurezza da applicare alle biciclette, allo scopo di renderle ben visibili anche di notte, che comprende dispositivi omologati di illuminazione anteriore e posteriore, campanello e catarifrangenti per pedali. All’incontro sono intervenuti Camillo Catarozzo, presidente di Banca Campania Centro, Fausto Salvati, direttore generale di Banca Campania Centro, Cecilia Francese, Sindaco di Battipaglia, Mario Conte, Sindaco di Eboli, Domenico Volpe, Sindaco di Bellizzi, il Console del Marocco per il Sud Italia, Abdelkader Naji e il presidente dell’Associazione nazionale “Migranti e Banche”, il responsabile per il Terzo Settore del Gruppo Bancario Iccrea, dott. Marco Marcocci e il direttore della Fondazione Migrantes per la Diocesi di Salerno, Antonio Bonifacio. Una meritoria iniziativa della banca della Campania, che ha preso spunto dai purtroppo tragici incidenti di cui, purtroppo, quasi ogni giorno si scrive, che segnano di sangue e lacrime strade quali la litoranea e l’Aversana. Gli investimenti di ciclisti immigrati sprovvisti di giubbino catarifrangente e luci sono un problema per tutti, dalle stesse vittime agli automobilisti coinvolti, ma anche per chi gestisce l’accoglienza. Nell’ultimo quinquennio, infatti, da quando cioè sono fortemente aumentati i flussi migratori e di conseguenza gli immigrati presenti sul territorio italiano, si contano numerosi gli incidenti che hanno visto come vittime ospiti dei vari centri di accoglienza che utilizzano come mezzo di trasporto prevalentemente la bicicletta in quanto nella maggioranza dei casi sprovvisti di patente ma soprattutto delle capacità economiche per possedere veicoli a motore. Diventa un problema di sicurezza stradale soprattutto nelle ore notturne, dal momento che molti di questi circolano su biciclette prive di illuminazione e senza indossare il gilet catarifrangente (obbligo stabilito dall’articolo 182 del Codice della Strada) lungo strade poco illuminate, come quelle di periferia in prossimità dei centri che li ospitano o delle campagne dove in alcuni casi sono impegnati in lavori agricoli. Va detto che il tema della sicurezza stradale per gli stranieri sinora è stato affrontato, ma in maniera frammentata e prevalentemente dai Comuni: si va dalle semplici esortazioni fino alle ordinanze comunali che obbligano associazioni e cooperative impegnate nell’accoglienza di informare e dotare i propri assistiti di giubbini e luci per le biciclette, fino ai divieti di circolazione nelle ore serali. Un partecipato dibattito quello svoltosi ieri che ha visto i giovani migranti parte attiva di un progetto pensato per rendere più sicura la loro vita, ma anche quella di quanti abitano da sempre in quelle zone, storie queste che riportano scene antiche in cui il verbo si fa corpo. Il corpo è quello dolente del contadino del Sud oppresso all’inizio del secolo breve dal caporalato, ecce homo che oggi si trasforma nel nuovo Cristo nero, simbolo dei novelli schiavi delle piane campane dal Sele al Volturno, alla piana di Battipaglia e Paestum, che ci ha ricordato la figura di Stracci, il quale risolve l’esperimento lanciando l’unico messaggio possibile oggi, ovvero la forma piena della capacità di mettersi in giuoco, a rischio, calandosi nell’esperienza, del mondo, di sé e delle cose, che rechi in sé una funzione immediatamente culturale e critica, che si trasformi seriamente, come ieri, in accoglienza e integrazione.