La bacchetta di Jacopo Sipari tra Mozart e Dvoràk - Le Cronache
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La bacchetta di Jacopo Sipari tra Mozart e Dvoràk

La bacchetta di Jacopo Sipari tra Mozart e Dvoràk

Si chiude con il debutto salernitano dell’Orchestra e del coro del Conservatorio “G.Martucci” la triade di concerti “Genio e Follia”, venerdì sera, alle ore 21, nel quadriportico del Duomo di Salerno. Messa dell’Incoronazione e Sinfonia “Dal Nuovo mondo” per gli allievi con solisti Valeria Feola, Assunta Minerva, Salvatore Minopoli e Salvatore Califano

 

di Olga Chieffi

Sarà il quadriportico della cattedrale ad ospitare, venerdì sera, alle ore 21, il debutto salernitano dell’Orchestra e del Coro del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, diretti dal nuovo docente di esercitazioni orchestrali, Jacopo Sipari di Pescasseroli, non nuovo ad incursioni in città, alla testa di diverse formazioni. Il concerto va a sigillare una mini-rassegna, dal titolo “Genio e Follia”, che ha già salutato due maratone canore dedicate a Mozart e Donizetti e che chiuderà con due opere altisonanti, la Messa dell’incoronazione in do maggiore K 317 di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sinfonia n. 9 in mi minore di Antonín Dvořák (op. 95), la celeberrima “Dal Nuovo Mondo”. S’inizierà con la Kronung Messe, con il coro preparato da Marilù De Santo e i solisti, Valeria Feola, Assunta Minerva, Salvatore Minopoli e Salvatore Califano, scritta da Mozart a 23 anni, nel 1779, quando era ancora a servizio dall’arcivescovo Colloredo a Salisburgo, dopo che l’autore era stato fuori, tra Parigi e Mannheim, con sua madre per ben 18 mesi, e aveva potuto constatare che, non essendo più il bambino prodigio era diventato un giovane musicista che non destava più l’attenzione delle annoiate e distratte corti europee. Questa messa, tra le più belle tra quelle composte da Mozart, è scritta nella solare tonalità di do maggiore segnando l’avvio del periodo della maturità compositiva del genio salisburghese. Non si conosce bene la derivazione del termine “incoronazione” associato a questa messa: la tradizione vuole che si chiamasse così perché scritta per la cerimonia dell’incoronazione della Madonna in un santuario vicino a Salisburgo, ma molto più probabilmente perché nel 1791, anno della morte di Mozart, fu eseguita per l’incoronazione del re di Boemia, sotto la direzione di Antonio Salieri. Il Kyrie è composto di due sezioni: un «Andante maestoso» affidato direttamente alle voci del coro con il triplo appello cui risponde con ritmo solenne l’accompagnamento dei violini, ed un «Più andante» esposto dal soprano solo leggermente accompagnato dagli archi e ripreso in imitazione dagli oboi. Lo stesso tema viene ripetuto al «Christe eleison» anche dal tenore solo. Il Gloria è una forma tripartita al modo di un tempo di Sonata o di Sinfonia dove il primo soggetto si conclude con le parole «bonae voluntatis» ed il secondo sulle parole «gloriam tuam». Il Credo ha una struttura strumentale assai precisa. Qui al contrario di quello che avviene nei brani precedenti le voci non appaiono che dopo la quinta battuta quasi che Mozart abbia voluto riaffermare una sorta di primato della componente orchestrale della partitura. Lo stesso tono grandioso caratterizza l’«Andante maestoso» con il quale inizia il successivo Sanctus, che è un coro solenne sostenuto dagli archi all’unisono e dai bassi fino all’«Allegro assai» dell’«Osanna» che conclude rapidamente il brano. Anche il Benedictus è una forma tripartita: «Allegretto» la prima sezione con un tema leggero esposto dal violino solista che dà all’intero brano il carattere di un rondò strumentale. Lo stesso tema viene infatti ripreso nella terza sezione, mentre la seconda sezione altro non è che la ripresa dell’«Osanna» che serve anche da «coda» all’intero brano. Infine l’Agnus Dei dopo un preludio strumentale affida il tema al soprano solo, ed è il tema che ricorda l’aria delle Nozze; il tema è poi ripreso anche dal tenore che si alterna con il coro finché sulle parole «Dona nobis pacem» ritorna con le stesse armonie ed imitazioni strumentali ma anche con una ripresa in tempo «Allegro con spirito» il tema del Kyrie iniziale. E’ quest’«Allegro con spirito» che conclude l’opera con una estensione geniale dell’idea primitiva – nota il De Saint-Foix – il quale aggiunge pure come la ripresa dell’idea iniziale dimostra il profondo bisogno di unità formale sentito da Mozart in questa occasione. Salerno città di mare e il mare è certamente metafora di viaggio e Antonin Dvoràk affrontò la traversata del’ Atlantico per raggiungere l’ America, il Nuovo Mondo. La seconda parte della serata, quindi, saluterà la amatissima sinfonia dal Nuovo Mondo. La storia della partitura è naturalmente una storia americana, e parte da una donna. Non una donna qualsiasi, ma una signora di gran carattere, poco abituata a sentirsi dire di no. Fu lei, Jeanette Thurber, che nel giugno 1891 invitò Dvořák a New York per dirigere il National Conservatory of Music, una struttura a cui stava lavorando da alcuni anni, e il compositore accettò. Di forma sostanzialmente ottocentesca per stile e struttura, la sinfonia vive sia di elementi folclorici cechi sia di formule ritmiche e melodiche, derivate dalla tradizione americana. Infatti nel primo movimento riecheggia il celebre spiritual “Swing low, sweet chariot”, mentre il secondo, con lo struggente tema del corno inglese, e il terzo, sono ispirati a un poema epico dei Pellirosse. In realtà di mondi ne intreccia almeno tre: quello scoperto con l’America, quello della Mitteleuropa e quello dell’antico Oriente. Il risultato è di grande “felicità” musicale, ben nota anche al grande pubblico. Il movimento più celebre della Sinfonia è il Largo, che si apre con un corale modulante degli ottoni seguito da una nostalgica melodia del corno inglese; tema ripreso alla fine del movimento, dopo un episodio dal carattere pastorale, introdotto da un disegno staccato dell’oboe, caratterizzato da un’amplificazione del tessuto orchestrale, nella quale si innesta ancora il tema ciclico. Questo movimento e il successivo Scherzo sono entrambi ispirati a un poemetto di Henry Longfellow, intitolato Song of Hiawatha, che Jeannette Thurber aveva donato al compositore: il Largo evoca i funerali della sposa dell’eroe; lo Scherzo richiama una danza di pellirosse nella foresta, che si trasforma in una musica piena di vitalità, costruita con una parte principale divisa in due episodi distinti, un doppio Trio, e una coda che ripresenta più volte il tema ciclico. La Sinfonia si conclude con il trascinante finale, Allegro con fuoco, che ricapitola i temi della Sinfonia, riproponendo il tema principale con la forza di una apoteosi, e che appare, nel suo sviluppo multiforme e nella duttilissima orchestrazione, come una perfetta sintesi delle componenti boeme, mitteleuropee e americane, del linguaggio sinfonico di Dvoràk.