“Dove sta la sua anima?” ma nella musica, nella scrittura, nella matematica, nell’agricoltura, nella manualità e nell’informazione, basta far riposare le braccia stanche e ascoltare il silenzio
La Ballata dell’Automa è una delle poesie più celebri di Edoardo Sanguineti. Dal titolo è possibile evincere l’argomento trattato: l’automa. L’“automa” non è altri che una persona che si muove e che agisce in maniera meccanica, priva di volontà propria e di emozioni, che agisce seguendo solamente l’istinto, non badando affatto alle sensazioni. Sanguineti, allora, dà inizio alla sua vena ispirativa ponendosi una domanda che ritroveremo in modo ricorrente, quasi martellante: “cos’è l’uomo?”. Continua nominando una sfilza di invenzioni e scoperte di questa straordinaria macchina, dalle più banali alle più ingegnose. Affianca a questo interrogativo “base” dei quesiti più specifici. Dapprima si chiede “dove cerchi i suoi segni?”, riferendosi all’uomo e rispondendo che i suoi segni possono essere ricercati nelle sue creazioni più ordinarie, come un semplice fazzoletto o un letto, poi fa riferimento anche al pane, cibo più diffuso e conosciuto al mondo in tutte le sue varianti, come se a volte scordassimo che è frutto dell’uomo. In secondo luogo si chiede “dove sta la sua storia?”, dicendo che essa risiede all’interno delle scoperte più sensazionali, come la radio o il calendario, scoperte che hanno rivoluzionato l’esistenza. Seguendo si chiede “dove poi te lo trovi?” e cita l’enciclopedia, raccolta divulgativa che ha permesso la diffusione della conoscenza, dicendo, poi, che dove prima non c’era nessun significato, ora ce n’è uno attribuito dall’umano. Alla fine, si chiede “dove sta la sua anima?” e la trova nella musica, nella scrittura, nella matematica, nell’agricoltura, nella manualità e nell’informazione. In conclusione, chiede all’uomo automa di far riposare le braccia stanche e di diventare finalmente un uomo umanato, capace di percepire sensazioni e provare emozioni. Ho trovato questa ballata vera e intensa: l’uomo, da secoli, non fa altro che badare al progresso, mettendo in disparte il resto. Credo che lo sviluppo e l’evoluzione siano molto importanti, ma non esiste solo questo: a volte bisogna riporre gli attrezzi, di qualsiasi natura (come la penna e altri strumenti), per diventare un “uomo umanato” e godersi il viaggio tra i sentimenti. Concordo anch’io, però, sul fatto che l’anima dell’uomo risieda nell’arte, nella scienza e nella tecnologia, perché esse sono il meccanismo propulsore della vita ed è proprio per questo motivo che l’automa non potrà mai distaccarsene completamente per diventare un uomo umanato. Oggigiorno è sufficiente guardare un oggetto qualsiasi per vedere e rivivere la storia dell’uomo. Ecco uno smartphone: è solo il frutto del progresso, risultato dell’impegno e del lavoro di persone che hanno dedicato la propria vita alla ricerca e allo studio, come Samuel Morse, che nel 1837 sviluppò il telegrafo e inventò il codice morse, Alexander Graham Bell, che nel 1876 riuscì a parlare per la prima volta attraverso il telefono, Martin Cooper, che negli anni ’70 dello scorso secolo realizzò il primo telefono mobile o Steve Jobs, che nel 2007 ideò il telefono touch screen e oggi “primitivo” smartphone. Concludendo, credo che l’automa, nonostante le fatiche, non smetterà mai di lavorare per la ricerca, perché il suo non è solo un lavoro, non è un dovere, ma è una passione, è un piacere, è il luogo dove risiede la sua anima: se fosse stato un obbligo per lui, credo che non avrebbe messo così tanto impegno e dedizione in ciò che fa e sta continuando a fare.
Valentina Vitiello IV A Linguistico Liceo Caccioppoli Scafati