Consensi unanimi del pubblico per lo spettacolo “Tempus Iocundum” ideato da Marilina De Caro
Di OLGA CHIEFFI
Un vivace spaccato di vita musicale tra medioevo e Rinascimento è il nuovo spettacolo proposto dall’Ensemble Rosa Aulentissima, diretto da Rocco Celentano. La formazione si è esibita nella chiesa di Santa Apollonia, proponendo Tempus Iocundum, nato dal connubio tra un’attenta ricerca filologica, portata avanti anche grazie all’intervento e alla partecipazione di Gabriele Rosco, colonna portante dello storico gruppo salernitano Antica Consonanza e una grande passione per il teatro, intende ripercorrere ogni aspetto della funzione sociale della musica, contestualizzandola nella vita quotidiana del tempo. Si tratta di una paziente opera di ricerca, affiancata da una esecuzione coinvolgente, che caratterizza da tempo l’attività dell’ensemble. I soprani con Laura Sica, Rossella Elefante, Maria Rita Ciao e Simona Murro, i contralti con Marilina De Caro, che è anche l’ideatrice di questo spettacolo, Serena D’Ambrosio, Rossana Ianniello e Maria Concetta Pierro, unitamente al tenore Davide Landi e ai bassi Matteo Autuori e Carlo Smeraldo, ben guidati da Rocco Celentano, si sono cimentati con canti, letture, danze tra gli elementi scenografici di Pietro Loffredo, che narrano di tempi bui e di superstizione, interpretando un programma di non semplici tessiture, che spazia dai Carmina Burana a Gastoldi ed Orlando Di Lasso, passando per Juan del Encina, con letture da Boccaccio a Shakespeare. Dietro gli apparenti toni scherzosi di tanti brani si nascondono abilissime scritture musicali frutto di grandi maestri della polifonia come Orlando di Lasso di cui si è ascoltato Tutto lo dì celebre, canzona villesca copiosamente ricca di doppi sensi, mentre non meno complessa appare la scrittura della Tricotea dal Cancionero de Palacio, ben allusivo è anche il vivace testo di “Fata la parte” del musicista spagnolo Juan del Encina vissuto a cavallo fra il ‘400 e il ‘500. E di doppi sensi più o meno (ma soprattutto meno…) nascosti è ricco “Sentomi la formicula” di Filippo Azzaiolo musicista del ‘500 molto noto nell’Italia settentrionale per la brillantezza della sua musica. Ma quale preziosa parte ci serve per sentire i bei profumi della cucina? Il naso, naturalmente, ed è un naso particolare quello di cui ci parla Aldrich.Nel Medioevo ci fu una grande diffusione della poesia goliardica e ciò è dovuto agli spostamenti degli studenti fra le varie università d’Europa. Nascono così i Carmina Burana (Poesie di Beuren), trecento canti, in prevalenza anonimi, scritti in latino, tedesco e francese tra il XII e il XIII secolo e ritrovati nel 1803 nel Monastero benedettino Benediktbeuren, vicino Monaco di Baviera. Il carattere libertino degli autori può far sottovalutare il livello artistico che, al contrario, è tutt’altro che scadente, anzi possiamo dire che i clerici vagantes possono essere considerati come gli antesignani dei moderni musicisti. Quelli eseguiti sono i più celebri dei Carmina, inni goliardici che cantano alcuni fra i temi più presenti in quella tipologia di composizione ovvero il vino, il gioco, i piaceri dell’amore visti come virtù che rappresentano nello stesso tempo una parodia dei valori morali diffusi nella poesia religiosa del tempo. Restando nello spirito l’ubriacatura del Tourdion, famosissima composizione di Attaingnant, in cui si incita quasi ad aggredire il calice di vino che accompagna un grande, saporito, prosciutto passaggio di vino in sala direttamente dalla brocca dello scenografo, tanti applausi per un tempus serenamente iocundum.