L’ Arte per la Giustizia: Son quel che sento - Le Cronache
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L’ Arte per la Giustizia: Son quel che sento

L’ Arte per la Giustizia: Son quel che sento

Domani sera negli spazi del museo diocesano prenderà il via con la mostra fotografica Anima Mundi di Sara Napolitano e Tommaso Sansanelli la IV edizione della rassegna firmata da Imma Battista. A seguire conversazioni e concerto che chiuderà l’evento inaugurale sul tema Gender Fluid

Di Olga Chieffi

Al via nel chiostro del Museo Diocesano, alle ore 18, la IV edizione della rassegna L’Arte per la Giustizia, un format ideato da Imma Battista e realizzato dal Conservatorio “G.Martucci” di Salerno. Il segno artistico di Sara Napolitano e Tommaso Sansanelli, attraverso una performance concettuale ed un monologo affidato a Gerarda Mariconda, inaugureranno la serata dedicata al tema gender fluid, sintetizzato nel titolo “Son quel che sento”. Oggi, le identità nella nostra società tendono a moltiplicarsi: ci stiamo muovendo da una divisione di genere dicotomico verso una poliedrica, nella quale il reale orientamento sessuale di una persona si distacca dalle caratteristiche estetiche rappresentative di un determinato genere. Questo atteggiamento è stato influenzato anche dall’industria del fashion che ha reso possibili combinazioni fluide tra orientamento e rappresentazione sessuale, cosicché ognuno è libero di ridefinire la propria identità. Nel punto cruciale di tale molteplicità giace quello che possiamo chiamare gender zero, creato nel corso degli anni da modelli dalla bellezza “asessuale” e presentato oggi come il punto zero della sessualità, così estremo che esonera la persona da ogni tipo di confine di genere.  Da questi assunti nasce il progetto Anima mundi – L’universale in un singolo, attraverso un ragionamento che ormai siamo disabituati a fare: siamo tutti esseri e potremmo semplicemente essere noi stessi invece di concentrarci troppo su quello che spesso è un banale contenitore. “Abbiamo voluto superare il concetto di “persone” – hanno dichiarato gli artisti – parlando di “anime”, senza alcun tipo di giudizio o/e canoni. L’universo che si riflette in un singolo individuo e si moltiplica all’infinito in ognuno di noi. L’opera principale è una sagoma umana formata da pezzi di vari corpi essenzialmente per ricordarci che è un semplice involucro che racchiude la vera magia, l’anima appunto, posta al centro dell’opera e volutamente in completo contrasto con tutto il resto. Proprio da questo contrasto poi, nascono le opere minori che presentano con i due stili che ci contraddistinguono il netto ossimoro che l’anima vive. Consideriamo quindi l’essere e non la forma che siamo”. L’opera “L’universale in un singolo” è il volere afferrare quell’esatto momento nel quale l’oggetto lancia una sorta di sguardo dionisiaco, con cui crea e costituisce lo spazio dei significati, consentendo la cattura del senso, nella sua realtà, visione dell’intimo figurativo, di un’Anima Mundi, dove natura e corpo trapassano l’uno nell’altro. Seguirà un dialogo tra Maria Alfano Dirigente scolastico del Liceo De Filippis-Galdi e Maria Santolia Dirigente Psicologo del Consultorio Dig Asl Salerno. Questa prima serata verrà chiusa da un Concerto che vedrà in palcoscenico le migliori voci del magistero di canto del nostro conservatorio, con al pianoforte la docente Rosalba Vestini. Il programma principierà con il sopranista Giuseppe Manzo che evocherà il canto dei celebrati castrati, in possesso di quella voce ibrida e di una tecnica prodigiosa capace di incantare le platee di tutto il mondo conosciuto nell’era barocca. Giuseppe Manzo dedicherà all’uditorio “Sposa son disprezzata” che Antonio Vivaldi inserì nel Tamerlano, composto per L’Accademia Filarmonica di Verona per la stagione di carnevale 1735, con il titolo originale di Bajazet. Quello di Vivaldi, che lui stesso nella pagina del titolo riporta come “composizione di diversi autori”, è propriamente pastiche altro non era che l’assemblaggio di arie diverse, composte in precedenza dal compositore in questione o, senza tante remore, prendendo da altri compositori quelle arie che erano state particolarmente gradite al pubblico. Vivaldi, per questo Tamerlano, scrisse solo pochi nuovi pezzi, ricorrendo all’auto-imprestito di numeri scritti in precedenza, inseriti accanto a tre pezzi di Hasse, due del fratello del castrato Farinelli, Riccardo Broschi e infine altri tre di Geminiano Giacomelli, tra cui questa splendida e difficile aria “Sposa son disprezzata”, una lezione di cesello, nota per nota, su di una melodia sublime. Salto in avanti con due brani di Jacques Offenbach la sognante “Barcarolle”, “Belle nuit, o nuit d’amour”, ove il soave e il patetico sono costantemente pedinati da ironia e senso del grottesco affidata al soprano Rosita Rendina e al mezzosoprano Camilla Carol Farias, per poi ascoltare gridolini e agilità per  “Les oisaux dans la Charmille”, ovvero l’aria della bambola Olympia da “Les Contes d’Hoffmann”, a cui teatrale interprete sarà il soprano Elena Capasso. Camilla Carol Farias si trasformerà, quindi in Cenerentola per l’aria “Nacqui all’affanno” in cui si rivela la verità in Cenerentola, quella verità, in cui cogliamo la poesia degli affetti familiari, ai quali Cenerentola aspira, tra drammaticità e agilità nel “Non più mesta”, uno dei capolavori di Gioachino Rossini. Arrivano quindi Elena Capasso e Alfonso Pesce in becco e piume di Papagena e Papageno direttamente dal “Die Zauberflote” di Wolfgang Amadeus Mozart i simpatici uccelli che scodinzolano tra i saggi, spinti dal desiderio, lo stesso di Monostato “Ognuno sente le gioie d’amore, ruba gioca accarezza e bacia…..”, candido e goloso, a caccia della sua Papagena. La musica mozartiana regala a Papageno una gioia prima stupita, poi irrefrenabile, sempre sincera, leggera e profonda allo stesso tempo: la gioia di chi, pur non essendo destinato a compiere grandi gesta o a comportamenti eroici, trova la sua dimensione nelle piccole cose, un sentimento ugualmente forte e impegnativo, capace di realizzare compiutamente l’uomo, per quanto semplice egli sia. Ritorna Giuseppe Manzo per elevare quel “Lascia ch’io pianga”, famosissima aria di Almirena, del Rinaldo di Haendel, che non è altro che “Lascia la spina cogli la rosa”, l’aria di Piacere, dall’ oratorio “Il trionfo del Tempo e del Disinganno”, che il sopranista proporrà evocando, immaginiamo, Carlo Broschi, detto il Farinelli, esempio di dolcezza d’espressione e abbandono malinconico. Comparirà, poi la regina per eccellenza, Astrifiammante, ancora dal Die Zauberflote di Wolfgang Amadeus Mozart. Rosita Rendina si calerà nel nero spirito aereo, povera anima senza requie, sarebbe portatrice di male, eppure non ha nulla di funesto, semmai di accorato, di animalesco o di umano: una madre, potente e sconfitta, alla quale hanno rapito la figlia, latrice di due celeberrime melodie  “ O zittre nicht” e “Der Hölle Rache” , ove Il male, in una forma ancora più terribile, viene espresso in questa brillante “aria di vendetta” in cui la minacciosa coloratura porta la cantante fino al fa nell’ottava alta e l’implacabile movimento in avanti della musica in re minore sembra accentuare l’ossessivo odio della Regina nei confronti di Sarastro: lancinante attenderemo lo staccato come una serie di crudeli pugnalate. Finale con  Il duetto Lakmé-Mallika, “Dôme épais le jasmin”, noto come Duetto dei fiori, è la pagina più famosa dell’opera, Lakmè di Deo Delibes, che vedrà alla ribalta ancora le voci di Rosita Rendina e Camilla Carol Farias. La Biblioteca del Martucci per prepararsi meglio all’appuntamento musicale consiglia la lettura di: “Il diavolo all’opera” Viaggio in 20 tappe liriche da questo mondo all’altro di Massimo Paladino Arcana 2023, L’amore nella prima nota Principi di neuromusicologia di Donatella Caramia e Arianna Romani – Universitalia e Musica e maschera di Paolo Gallarati – Edt.