di Monica De Santis
Nuovo appuntamento questa sera con “Vedi Napoli e poi… torni”, a cura di Ravello Creative Lab Srl, che a Napoli alle ore 21 presso il Parco Attaianese propone spettacolo è composto in due parti: la prima con il poliedrico e virtuoso chitarrista di Scafati Espedito De Marino in versione quartet, celebre per essere stato fino all 2003 il chitarrista del grande chansonnier napoletano Roberto Murolo ed oggi collaboratore di Katia Ricciarelli. Mentre la seconda parte dello spettacolo vedrà in scena il soprano di Rovigo che terrà il concerto dal titolo “In…Canto Napoletano”, una combinazione che interseca la grande canzone d’autore a virtuosismi per chitarra mediterranea. A corollario arpeggi romantici in memoria di Pino Daniele, Renato Carosone, Lucio Dalla, e sulle poesie di Libero Bovio, Salvatore Di Giacomo, E.A. Mario, Totò, Paolo Morelli e tantissimi altri. “E’ davvero molto bello lavorare con Espedito De Marino, persona di grande classe, signorilità e professionalità. Ci divertiamo molto insieme e spero di poter fare ancora tante altre serate con lui”. A dirlo è Katia Ricciarelli, soprano dotata di una voce di timbro etereo, morbida e luminosa, che proprio in occasione della sua venuta a Napoli ci racconta un po’ di lei e del suo lavoro. La ricordiamo indelebilmente a fianco di Lucia Valentini Terrani inarrivabile interprete dello Stabat Mater di Pergolesi diretta da Abbado nel 1979, domani canterà il repertorio napoletano quali i legami tra quella pagina e il programma che eseguirà con Espedito De Marino? “Alla musica bisogna avvicinarsi sempre con grande professionalità e con lo spirito che merita. Non ci sono legami particolari, la musica è musica. Se vogliamo parlare delle canzoni napoletane, ci sarebbe tanto da dire, sono così belle e classiche che sono state cantate da tutti, da Caruso a Pavarotti e così via”. C’è una canzone del repertorio napoletano che le è particolarmente cara? “Diverse, una che mi piace molto è ‘Io te vurria vasà’”. Come vede lo sviluppo della lirica italiana? “Da molti anni che insegno è vero. Diciamo che adesso è un momento molto difficile, i giovani adesso sono un po’ combattuti perchè non hanno la possibilità di trovare chi li fa calcare il palcoscenico perché sono giovani senza esperienza. Ma se non li si fa esibire come potranno mai fare esperienza? E’ quindi capisce che diventa tutto più difficile per i giovani. Diventa difficile riuscire a farsi notare e ad intraprendere una propria strada”. Intravvede una sua erede, visto che si dona anche all’insegnamento? “Ho diversi allievi che sono bravi e che hanno una bella voce e che sicuramente potrebbero avere successo. L’importante è che continuino a tenere sempre la stessa grinta degli esordi, perchè quella ti da la spinta per andare avanti, per migliorarti e per riuscire anche a conquistare il pubblico”. Cosa consiglia ad un giovane che desideri intraprendere la carriera di cantante lirico? “Di guardare meno i social e meno l’apparire. La cosa importante è studiare. Studiare tantissimo, perchè non si improvvisa una carriera importante così, con una semplice apparizione televisiva o cose del genere. Bisogna studiare”. Come vede i Conservatori oggi rispetto alla tradizione pre-riforma? Non le pare che si esibiscano tutti e comunque, mentre prima ci stava molta più selezione e severità? “Prima era più difficile apparire perché non c’erano i mezzi di oggi. Difficile adesso poter dare dei giudizi a persone che magari vedi una volta in televisione e credono di aver trovato il successo. E’ molto pericoloso anche, ecco perchè bisognerebbe consigliare a questi giovani ad affrontare certe cose quando sono già in carriera. Sui Conservatori onestamente non posso dare giudizi, perchè il mio è stata una cosa molto alta, ma erano altri tempi. Oggi si tende di più a predilige avere un certo numero di allievi che non la qualità. Mi spiace dirlo, ma i Conservatori non sono più come una volta”. Eclettica Katia, canto , teatro, televisione… Ora la regia. Che linea segue, classica o innovativa per le opere che andrà a dirigere? “Non vorrei passare da vecchia, so di avere un’età ma non sono vecchia nel modo di fare e di porgermi. Però dico che il melodramma è un prodotto Made in Italy inventato nel 600, che non deve essere per forza reso moderno o togliergli tutta la magia che c’è. Perché nel melodramma c’è tutto, poesia, magia, sogno. Il pubblico non deve per forza vedere tante cose rimodernate come non so una Gilda che fa la prostituta, o la Traviata che pulisce i vetri o i piatti. Il pubblico vuole e deve sognare e il sogno sta nel rispetto della tradizione. Stravolgere troppo queste opere non è un bene perché in questo modo non si avvicinano i giovani, ma si rischia l’effetto contrario. Un po’ di modernità ci vuole, ma senza esagerare”.