Oggi ricorre il centenario della nascita di Charlie Parker: i riflettori della ribalta di Villa Rufolo si accenderanno sull’ alto sassofonista Stefano Di Battista, il trombettista Flavio Boltro, il pianista Julian Oliver Mazzariello, il contrabbassista Dario Deidda e il batterista Roberto Gatto, e l’orchestra Filarmonica Salernitana diretta da John Axelrod.
Di Olga Chieffi
“Bird era un tipo estremamente ricettivo. Trasformava in musica tutti i suoni che lo circondavano, un’auto sull’autostrada, il rumore del vento tra le foglie…..Tutto per lui aveva un messaggio musicale. Se sentiva abbaiare un cane, sosteneva che gli stesse dicendo qualcosa. Qualche volta, mentre suonava, le donne si mettevano a ballare solo per lui. I loro gesti, i loro visi provocavano in lui una scossa emotiva che subito esprimeva nei suoi assolo”. Il Ravello Festival quest’oggi festeggia il centenario della nascita di Charlie Parker con un progetto speciale dedicato ad uno dei maestri assoluti del sax alto. Stasera alle 21.30 sul Belvedere di Villa Rufolo saliranno Stefano Di Battista, Flavio Boltro, Julian Oliver Mazzariello, Dario Deidda e Roberto Gatto, per evocare lo stellare quintetto di Parker, che vedeva protagonisti accanto al leader, Dizzy Gillespie, Bud Powell, Charles Mingus e Max Roach. Il concerto sarà incentrato sul lavoro discografico “Charlie Parker with Strings” e su alcuni dei brani della registrazione del leggendario concerto del 15 maggio del 1953, alla Massey Hall di Toronto, che vedrà i solisti sostenuti dall’Orchestra Filarmonica Salernitana Giuseppe Verdi diretta da John Axelrod. Una scommessa difficile, quella di Stefano Di Battista e compagni, navigare su alcune delle melodie dell’immenso talento naturale di Parker, nell’improvvisazione senza regole, a volte torrenziale, a volte immobile, un sound che brucia la pelle, una sfida affascinante, rischiosa, ma la grandezza di Stefano Di Battista è l’umiltà, il suo suono eclettico e cangiante, con cui calerà tutti nel Parker’s Mood, avendoci già più volte provato e con grande successo di critica. L’arte di Charlie Parker ha brillato di una luce che non può essere completamente spiegata e solo l’abusato epiteto di “genio” è davvero adeguato a descrivere le sue doti. E’ riuscito a compiere veri e propri salti di qualità nella comprensione, nell’ideazione e nell’esecuzione musicale: per lui non sembrava ci fosse un confine tra l’ideazione e la realizzazione. Il concerto di stasera sarà incentrato sul lavoro discografico “Charlie Parker with Strings” e su alcuni dei brani della registrazione del leggendario concerto del 15 maggio del 1953, alla Massey Hall di Toronto, che vedrà i solisti sostenuti dall’Orchestra Filarmonica Salernitana Giuseppe Verdi diretta da John Axelrod. In scaletta un mix tra pagine con l’orchestra e brani con il solo quintetto, con un finale in cui saranno eseguiti dei classici del percorso parkeriano, in cui l’organico orchestrale si amplia alle sezioni di trombe, tromboni e saxofoni. Dalle splendide ballades, tra cui “Summertime”, “Laura” e ancora, “They Can’t Take That Away from Me” di George Gershwin a “Easy to Love”, di Porter, pezzo quest’ultimo che avrebbe dovuto essere ripreso in un progetto incompiuto e che avrebbe visto Parker rileggere il song-book del grande compositore, passando per “Just Friends”, sicuramente la cosa migliore di “Charlie Parker with Strings”, capolavoro di improvvisazione collettiva, che inaugurerà il tributo ravellese. Anche se Parker voleva mostrare una certa modestia riguardo al suo talento, le soluzioni musicali suggerivano una sorta di incoscienza o distacco mentale durante l’atto creativo. Raccontava il violinista Anton Chaiferz che faceva parte appunto del gruppo d’archi con cui Parker andò dopo l’incisione in tour negli anni Cinquanta: “Mi ricordo che ero seduto ad ascoltarlo suonare “Laura” e nel bel mezzo del pezzo sento frammenti dell’”Uccello di fuoco” di Stravinsky. Dopo che ebbe finito gli dissi:” Charlie, ma lo sai quello che hai fatto?”. E lui non aveva…. non se ne era neppure reso conto. Era una cosa venuta fuori in maniera estemporanea”. Il secondo set, del tributo ravellese, avrà quale protagonista il quintetto, al quale si aggiungeranno gli ottoni, vedrà l’esecuzione di “Perdido”, di “Salt Peanuts! Salt Peanuts!” da cui derivò il verbo Be-Bop, e ancora “Cherokee”, “A Night in Tunisia”, “Temptation”, “Autumn in New York”. Parker ha sviluppato un nuovo linguaggio di improvvisazione complesso, articolato, virtuosistico e armonicamente ricco di soluzioni e sostituzioni, una assoluta rivoluzione rispetto al passato, anche strumentale, il sassofono nato circa settant’anni prima di lui, con la sua inarrivabile tecnica, che è ancora oggi sorprendente, prese il volo. Le caratteristiche del suo nuovo modo di intendere il jazz furono una tendenza ai tempi veloci “fast tempo”, temi ritmicamente molto complessi, quindi una musica non più ballabile, ma da ascolto, mentre nei brani lenti, Parker divenne drammatico e struggente. Fu l’emergere di una nuova sensibilità più moderna, complessa e nevrotica, quel cambio di rotta del jazz moderno, il suono nuovo, per il cambiamento della società americana. Quando scomparve, a soli 35 anni, era davanti al televisore nella suite dell’Hotel Stanhope sulla 5ª Avenue a New York, appartamento della baronessa Nica Rothschild de Koenigswarter che lo aveva ospitato negli ultimi mesi. La baronessa scrisse: “Al momento della sua partenza, ci fu un tremendo tuono. Non ci ho riflettuto in quel momento, ma da allora ci penso spesso. Un musicista ha ipotizzato che Parker si sia disintegrato in “suono puro”.