Dott. Abate, può raccontarci il suo percorso professionale e come è arrivato a specializzarsi in grafologia e antropometria?
Sin dall’università ho avuto una profonda passione per le scienze applicate al diritto.
Dopo la laurea in giurisprudenza ho svolto un lungo tirocinio presso lo studio di mia zia – che ha svolto con grande rigore e per oltre 35 anni la professione di grafologo forense – frequentando, al contempo, sia il master di secondo livello in scienze forensi presso l’Università La Sapienza di Roma, sia un corso triennale di grafologia giudiziaria, forse l’unico che applica il metodo segnaletico-descrittivo, il cui fondatore è Salvatore Ottolenghi, padre dell’attuale polizia scientifica.
Successivamente mi sono specializzato in firma grafometrica.
L’antropometria è subentrata in un secondo momento, ed ha rappresentato per me la sublimazione della figura di criminalista specializzato. In Italia non esiste un vero corso per esperto in antropometria o, almeno, non mi risulta sia mai partito.
Ho analizzato, pertanto, le figure esistenti sul mercato, non trovandone molte con il giusto profilo e con le skills idonee. Ho iniziato con casi piuttosto facili, rendendomi conto che comunque occorreva una competenza granitica e trasversale, che comprendesse nozioni di anatomia, di fotografia, di imaging, di video forensi oltre ché di criminalistica pura. Per questo, linee guida alla mano, ho individuato tutte le competenze necessarie ad esercitare tale professione, seguendo i migliori corsi sul mercato -anche all’estero – che mi consentissero di assimilarle e colmare le mie lacune.
Più precisamente, ho seguito un corso, riservato alla categoria esperti, presso una società di consulenza, che è ente di formazione della divisione di biometria forense del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, svolgendo esercitazioni e test, confrontandomi su metodologie e casi. Ne è nato uno scambio di approcci e di know-how. Successivamente ho frequentato due corsi di perfezionamento in digita lforensics, uno presso l’Università Statale di Milano e l’altro all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. In quest’ultimo ho approfondito l’impiego della metrologia forense, ossia della scienza delle misurazioni nell’accertamento antropometrico.
Dal punto di vista pratico, l’affiancamento fatto con i miei maestri è stato fondamentale. Ho avuto modo di studiare gli errori che si celano dietro le consulenze e le perizie, le modalità di escussione dibattimentale, di conduzione delle operazioni peritali e le relative strategie.
Mi ritengo un privilegiato, in quanto sono entrato in campo già con una solida esperienza, portata successivamente a evoluzione per mio conto, con un costante connubio tra studio e pratica.
Quali sono state le principali tappe della sua carriera che l’hanno portata a diventare perito e consulente tecnico d’ufficio del tribunale di Salerno?
È stato un passaggio quasi necessario; l’ho ritenuto opportuno anche per offrire un maggiore riscontro delle mie competenze. Sono iscritto anche all’albo nazionale dei consulenti, istituito con il dm 109/2023. Oggi collaboro principalmente con le Procure della Repubblica e la difesa.
La grafologia forense è una disciplina affascinante e complessa. Può spiegarci in cosa consiste e come viene utilizzata nelle indagini criminali?
La grafologia forense è una scienza empirica che rientra a pieno titolo nella criminalistica, ossia nello studio delle tracce finalizzato all’identificazione di un soggetto.
Dal mio punto di vista, tuttavia, andrebbe rivista la sua applicazione, in quanto la formazione e i metodi sono obsoleti. L’identificazione di un soggetto mediante l’analisi delle tracce grafiche richiede rigore scientifico, metodo e una visione trasversale.
È necessario valutare l’errore insito nel procedimento e anticipare le contestazioni di controparte.
L’unica costante della scrittura è la variabilità.
Occorre perciò molta attenzione nel discriminare correttamente i connotati di classe – ossia presenti in più soggetti – dai contrassegni individuali – unici e irriproducibili di uno specifico individuo.
Ne consegue che occorre comprendere la natura informativa del dato, l’errore insito nel metodo, nella traccia o quello di misura dello strumento nonché conoscere e saper applicare principi epistemologici della prova scientifica, utili ad offrire la verificabilità, la logicità e la non contraddittorietà del risultato a cui si è pervenuti.
La firma grafometrica è una tecnologia relativamente nuova. Quali sono i vantaggi di questa tecnologia rispetto ai metodi tradizionali di autenticazione delle firme?
La firma grafometrica è una firma elettronica avanzata che, registrando i dati biometrici della mano e garantendo l’immodificabilità del documento, offre una maggiore sicurezza. È una falsa certezza, in quanto è sempre possibile dissimularla alla base, disconoscendola successivamente.
Il falso documentale rappresenta una sfida importante nel campo della criminalistica. Quali sono i metodi principali che utilizza per individuare e analizzare documenti falsi?
La tecnologia ha implementato i falsi cosiddetti per duplicazione. Si pensi al caso di firme autografe apposte mediante pencil sul tablet, successivamente copiate e incollate digitalmente su altri documenti. Ancora, pensiamo alla modifica di documenti digitali usando photoshop.
C’è l’erronea concezione che il dato informatico sia più sicuro della penna; in realtà anche i documenti digitali possono essere manipolati e inizio a riscontrare falsificazioni un tempo impensabili.
Ormai il lavoro del grafologo non può prescindere da una buona conoscenza informatica.
L’analisi preliminare deve avere ad oggetto la corretta comprensione della modalità di formazione del documento informatico, facendo ricorso successivo alle tecniche di imaging forensics analizzando, ad esempio, le differenti modalità di compressione dei pixel, quindi i rumori all’interno dell’immagine.
Potrebbe condividere con noi un caso particolarmente interessante o complesso che ha seguito e che mette in luce l’importanza delle sue competenze?
Credo che tutti i casi siano importanti, in quanto dietro l’analisi forense di tracce grafiche, di documenti o di immagini -al fine di identificare soggetti mediante la comparazione dei tratti somatici o con analisi metriche-, si cela la vita delle persone, la loro libertà personale e i loro patrimoni.
Casi complessi? Potrei parlare di testamenti fatti a quattro mani, ossia da due persone, dove è molto difficile comprendere chi dei due è subentrato in uno specifico passaggio; comprendere la falsità di due firme fatte da un falsario di professione; la dimostrazione che la persona ripresa nel video non è compatibile con l’autore dell’evento perché quest’ultimo, tra i vari elementi, aveva un difetto posturale che incideva sulla camminata e sull’estensione delle gambe.
In che modo l’antropometria forense e l’analisi dei tratti somatici possono contribuire alla risoluzione di casi criminali?
Occorre chiarire un aspetto preliminare. L’accertamento, in tali casi, viene effettuato su immagini, procedendo al miglioramento delle stesse e alla estrapolazione dei dati informativi idonei ad un procedimento analitico-comparativo. L’indagine metrica del corpo o morfologica del viso, consente di identificare o, in senso contrario, di dimostrare la non compatibilità del soggetto ripreso con le caratteristiche somatiche o metriche dell’indagato o dell’imputato. Non esiste la verità assoluta, specialmente nel processo; anche la scienza è relativa e non è portatrice di certezze. In alcune circostanze, infatti, è stato necessario evidenziare gli elementi a disposizione dell’accusa, dimostrando che, sulla sola base di questi, era possibile solo un giudizio di parziale compatibilità; quindi poste alcune somiglianze, dalle immagini non erano estrapolabili dati somatici conducenti ad una identificazione. Rammento a me stesso che oggetto dell’indagine criminalistica è l’identificazione assoluta di un soggetto – quindi l’individuazione di caratteristiche uniche perché nessun individuo possa identificarsi con un altro- e non connotati relativi, come la corporazione robusta, magari riferita dalla visione di un soggetto con cappotto e maglioncino. Si può comprendere la radicale relatività del dato.
Pur non rientrando nell’indagine antropometrica ma più propriamente nella video forensics, alle volte capitano incarichi in cui occorre migliorare i frames del video, correggere le distorsioni geometriche e comprendere l’effettiva sequenza di un evento, ad esempio se il paraurti dell’auto ha effettivamente impattato con un soggetto.
Quali sono le ultime innovazioni nel campo della criminalistica che ritiene particolarmente promettenti?
Credo che oggi occorra ragionare in termini di software ma è indispensabile conoscere i limiti e i rischi derivanti dal loro utilizzo. Mi riferisco agli errori di misura dello strumento. Per conoscerli è necessaria tanta pratica e una costante sperimentazione.
A tal proposito posso fare due esempi.
Se devo esaminare l’intersezione tra una firma e una linea di scrittura di toner, per comprendere se la sottoscrizione è stata apposta dopo un fisiologico processo di stampa o se, invece, era già presente, gli ordinari microscopi portatili digitali generalmente in uso, producono un falso positivo; cioè tanto in documenti genuini quanto in documenti originati da una inversione del processo di stampa (firma in bianco) il risultato apparente sarà sempre un falso. La soluzione? È nella microscopia, ma occorre avere il giusto microscopio, saper usare le luci forensi e conoscere le distinte modalità di reazione degli inchiostri della penna con quelli del toner, riuscendo a comprendere un risultato che non sempre è immediatamente chiaro. Alle volte occorre un’ora, altre volte anche giorni.
Un altro esempio, questa volta nell’ambito della consulenza antropometrica.
La stima dell’altezza di un soggetto deve avvenire andando sul posto, misurando un punto di riferimento noto (ad esempio un palo vicino o un cassonetto dell’immondizia) e, solo dopo averne conosciuto la misura, calcolare anche mediante software l’altezza del soggetto ignoto.
In alcune consulenze capita di trovare stime relative all’altezza senza nemmeno aver affrontato questo passaggio. Il software offre un risultato, ma occorre rammentare che l’esame avviene su un’immagine, che è bidimensionale e solo rappresentativa di ciò che è vero.
Come si tiene aggiornato sulle nuove tecnologie e metodologie nel suo campo? Partecipa a conferenze, corsi di aggiornamento o altre forme di formazione continua?
Partecipo a corsi di aggiornamento, qualche volta anche come relatore. Ritengo,tuttavia, che molto spesso i convegni o i corsi siano organizzati dai docenti per i docenti e solo per ottenere visibilità o crediti formativi. Il miglior aggiornamento lo si fa con lo studio delle pubblicazioni scientifiche, quindi sottoposte a peer review e principalmente straniere, in quanto la dottrina italiana è rimasta legata ad aspetti tradizionali, almeno per quanto riguarda la grafologia. Personalmente dedico due giorni a settimana allo studio e alla sperimentazione delle tecniche. Un professionista deve fare costantemente ricerca e sperimentazione, altrimenti l’esercizio dell’attività diventa sterile, meccanico e foriero di errori.
Qual è, secondo lei, il valore aggiunto che un esperto come lei può portare ad un’indagine criminale rispetto ad altri metodi investigativi?
Io mi occupo di analizzare le tracce grafiche o i video, estrapolando le informazioni utili. L’essenza dell’accertamento tecnico è capire perché quel dato è utile o se invece è distraente.
Questo aspetto è molto importante quando si opera in qualità di consulente d’ufficio e, ancor di più, nelle vesti di consulente della difesa; interrogarsi sul perché e sul valore informativo della traccia consente di riscontrare le cause degli errori valutativi, di comprendere se la classificazione dei contrassegni è errata – perché ad esempio è stato attribuito ad un contrassegno generico un valore identificativo – e analizzare la contraddizione tra i rilievi mostrati e la valutazione conclusiva, secondo una scala graduata di conclusioni. Il medesimo procedimento deve essere applicato nelle consulenze d’ufficio, evitando di offrire il fianco a sterili controdeduzioni, che si ripercuotono sulla affidabilità delle risultanze tecniche.
Come vede il futuro della criminalistica e quali sono le sfide più grandi chela disciplina dovrà affrontare nei prossimi anni?
Occorre una seria revisione delle competenze dei consulenti, specialmente per coloro i quali, come grafologi o antropometrici, non sono inseriti nelle professioni ordinistiche. Le sfide ritengo siano tre: in primo luogo occorrerebbe imparare a ragionare secondo scienza. La metrologia forense, ossia la disciplina che pone i principi su cui si fonda un corretto processo di misurazione, è dirimente in molte circostanze in cui c’è contraddizione tra gli esperti, offrendo al giudice gli elementiper una corretta valutazione; in secondo luogo, per quanto concerne il falso documentale, è necessario seguire lo sviluppo delle nuove tecnologie e ragionare come un moderno falsario, e non parlare più di scolorina e bianchetto ma di pixel; per l’antropometria, invece, bisognerà prestare attenzione all’integrazione dell’attività peritale con l’intelligenza artificiale, al momento assolutamente pericolosa e foriera di errori.
Il suo lavoro ha una rilevanza anche a livello nazionale. Può parlarci di alcuni progetti o collaborazioni di cui è particolarmente orgoglioso?
Ho collaborato in qualità di tutor ad un corso di aggiornamento con il RACIS di Roma e il RIS dei Carabinieri di Cagliari e Parma. In tali vesti ho partecipato alla preparazione delle lezioni, all’individuazione degli argomenti maggiormente criticidal punto di vista investigativo e potenzialmente utili ai militari del reparto.
Che consiglio darebbe ai giovani che desiderano intraprendere una carriera nel campo della criminalistica?
Consiglio di studiare tanto e di non considerarsi mai arrivati. La preparazione accademica e lo studio settoriale incrementano le capacità ma è necessaria tanta pratica, cercando un buon maestro. Il panorama formativo italiano è saturo ma, ove possibile, consiglio di studiare anche all’estero. Gli americani e gli indiani applicano la fisica e l’informatica all’esame della scrittura, per quanto concerne i processi di stampa o l’analisi dei documenti digitali. Anche nel campo dell’identificazione facciale hanno una buona letteratura, esaminando le questioni più controverse in caso di immagini di bassa qualità. In Italia siamo più teorici ma, duole dirlo, la comunità scientifica non esiste, quantomeno per la grafologia giudiziaria, in quanto è legata ad aspetti tradizionali, fuori dal tempo e ad approcci psicologici che nulla hanno a che vedere con l’identità grafica o con le nuove frontiere del falso documentale
Cosa la motiva di più nel suo lavoro quotidiano?
Il senso nel mio lavoro lo ritrovo nell’aiutare le persone, specialmente le vittime di errore giudiziario, secondo scienza e metodo, o collaborare con la magistratura ai fini di giustizia. Ho incontrato giudici prudenti e liberi nel pensiero e dei PM fantastici alla ricerca della effettiva comprensione dei fatti, non facendo mai pressioni al fine di sostenere specifiche tesi accusatorie; ciò mi ha permesso di lavorare con serenità e scoprire che, magari, il principale indagato era totalmente estraneo, individuando sotto il piano tecnico, l’effettivo autore.
Come riesce a bilanciare il suo impegnativo ruolo professionale con la vita personale?
Dovremmo chiederlo alla mia compagna. Come dicevo, quando non lavoro, dedico molto tempo allo studio, almeno due giorni a settimana. Anche quello è lavoro. Occorre studiare, sperimentare e consolidare le tecniche e ammetto di essere molto severo con me stesso. Come molte libere professioni si pensa che il tempo venga gestito secondo le proprie esigenze.
Nel concreto si ha poco spazio per la vita privata e gli hobby ed è necessario ritagliarlo su misura per godere degli affetti o per fare una corsetta con il proprio cane. Per il resto sono contrario alle consulenze fac-simile. Ogni caso, anche quello più facile, presente delle insidie che occorre anticipare, pertanto la misura del tempo la considero un parametro relativo, perché non esiste un calcolo di ore per analizzare e dare la giusta valutazione.