di Peppe Rinaldi Mancano pochi giorni al 30 aprile, data di scadenza del termine per l’approvazione del bilancio di Intertrade, l’azienda speciale in house della Camera di Commercio di Salerno che i nostri soliti cinque lettori conoscono bene. Può darsi che mentre Cronache va in stampa e prima ancora di qualsiasi guizzo on line, l’operazione sia stata già fatta e gli amministratori della società per l’internazionalizzazione delle imprese salernitane abbiano adempiuto agli obblighi di legge. Poi, si sa, siamo in Italia, tutto si fa elastico a seconda delle esigenze, norme, leggi e leggine sataniche permettono proroghe, dilazioni, differimenti. Insomma, ci siamo capiti. IL BILANCIO 2013. Ciò che non cambia, però, è la pubblicità dell’ultimo documento contabile ufficiale della società, il bilancio dello scorso anno al 2013. E’ qui che entriamo nel campo degli interrogativi, delle analisi, dei fatti, delle persone e di tutto quel sistema che gira intorno ad un soggetto giuridico che, sostanzialmente, vive di pubblico danaro. Se la Cciaa di Salerno non provvedesse a rimpinguare le casse anno per anno mettendoci bei milioni, Intertrade avrebbe fatto da un pezzo la fine che fa ogni impresa privata con il segno meno fisso nel conto finale: cioè sarebbe morta e sepolta, con gli amministratori nel pieno dell’impazzimento tra avvocati, periti, giudici, finanzieri, procuratori e commercialisti che accompagna la sorte di tantissima gente. Il punto è proprio qui: Intertrade è una società pubblica che si muove sul «mercato» come un privato ma che, al tempo stesso, sguazza in quell’area grigia regalata dall’indefinitezza normativa che consente regimi fiscali meno voraci. Lo capirebbe anche un bambino quanto la concorrenza risulti drogata in questo modo. Ma se avessero i bilanci in attivo, o almeno poco sofferenti, e non si prestassero -molte di queste aziende in house- a giochetti come quelli da noi documentati nel corso di una lunga inchiesta, ci sarebbe scarsa attenzione, notiziabilità per meglio dire, perché di attenzione a queste cose i media ne dedicano pochissima. Ma qui, nel caso salernitano, parliamo di molti soldi (pubblici) che prendono tante traiettorie scaricando poi il peso e l’onere sugli altri. Anche se formalmente sembra tutto in regola. LE PARTITE IMPOSSIBILI. E dunque, tornando all’osservazione dell’ultimo bilancio, una delle prime cose che colpiscono è la situazione dei crediti che, unita al passivo tecnico di bilancio, delinea un quadro abbastanza problematico: questione di giorni – o di settimane- e capiremo come l’establishment della società (identificabile non solo nel relativo Cda) uscirà da questo imbarazzante cul de sac. Proviamo a riassumere questo “dettaglio”, al di là della particolarità del regime fiscale adottato dalla società su cui ci fermeremo prossimamente. Allora: vi sono crediti per circa quattro milioni di euro (precisamente euro 3.712.613,64, si veda la pagina 8 della nota integrativa 2013) per buona parte incagliati (ne abbiamo scritto a lungo nei mesi scorsi) e che tutti sanno essere di impossibile soddisfazione. Qualche esempio: oltre al caso dei soldi da avere da Città della Scienza (il più «mediatico» tra i crediti) alla voce ‘Crediti Diversi’ leggiamo di circa 250mila euro (247.913,74) ancora da incassare, che si trascinano da anni e che non sembrano mai trovare un esito (però intanto consentono di iscriverli in bilancio come poste positive), tipo “Cna Lib07” per 6.500,00 euro; “Metoda Spa” per euro 298,75 ed altri ancora. Addirittura una voce di Iva a credito per 5.613,00 euro. I NUMERI NON MENTONO. Sono numeri, stanno lì e consentono di esser calcolati come soldi “in entrata”: ma non è così, lo sanno benissimo, il fatto che sia tecnicamente possibile presentarli in quel modo non ne implica l’automatica correttezza. Se non proprio correttezza, diciamo pure convenienza: ad ogni buon conto il risultato non cambia, sempre di un guaio si tratta. L’interrogativo che qualsiasi persona normale farebbe a questo punto, potrebbe essere questo: perché il consiglio di amministrazione non accerta la inesigibilità definitiva di quei crediti? Bella domanda, forse ingenua: non sono mica scemi da quelle parti, se lo facessero si scatenerebbe l’inferno, non ora, magari al prossimo giro, se la piangerà chi verrà. Sempre che si faccia in tempo, s’intende. Insomma i crediti iscritti in bilancio 2013 per un totale di euro 4.044.294,30 hanno un’enorme probabilità di essere stralciati in quanto non ammessi a rendicontazione oppure per contenziosi in corso con la Regione Campania (abbiamo visto in una puntata dell’inchiesta con quanta facilità sono «sparite» cifre significative, fino a 500mila euro circa per una sola iniziativa): di converso abbiamo un passivo di bilancio di altri quattro milioni di euro (precisamente 4.053.254,00). Capirete che le cose iniziano a farsi preoccupanti perché i debiti certi ammontano a 4.053.254,00 euro a fronte di crediti la cui possibilità di incasso si attesta intorno al 20% (e abbiamo largheggiato). Quindi è necessario capire come «si salva» Intertrade Ce lo dirà il bilancio di imminente pubblicazione. Anche i meno esperti che leggessero quello del 2013 troverebbero un disavanzo di oltre sei milioni (precisamente 6.280.680, 09) che dovrà essere coperto dalla Cciaa di Salerno. Con i tagli del governo dove troverà i fondi? Una cosa non va mai dimenticata: queste strutture si reggono con i versamenti delle imprese. Di proprio non rischiano nulla. Chissà cosa ne pensano commercianti, imprenditori, artigiani, industriali, etc. Quelli fuori dal giro concertativo-associazionistico di stampo tradizionale: cioè la stragrande maggioranza. Basterebbe spiegarglielo bene. Magari con un corso di formazione.
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