Fanno sette le maratone musicali alla stazione Marittima negli spazi di Roberto Lumino, con il gran Maestro di cerimonie Sandro Deidda che con i suoi friends si diverte e accende scintille nei giovani e nel pubblico. Oggi start alle ore 13
Di Olga Chieffi
Uno dei titoli più ricordati, tra i brani di Duke Ellington, è anche uno dei suoi più divertenti e sospesi: “It don’t mean a thing, if it ain’t got that swing”, cioè “Non significa niente (Non vuol dire niente), se non ha quel certo swing”. Swing è una di quelle parole assolutamente americane di cui è una grana dare una soddisfacente resa in italiano. Si salta dai ballabili popolarissimi della “Swing Era”, al mistico swing dei giocatori di golf, degli sportivi americani che cercano la scioltezza, la naturalezza e l’efficacia del gesto atletico. Lo swing (qualsiasi traduzione se ne possa dare – e anzi, solitamente lo si lascia tale quale in inglese) ha dunque a che fare con un’idea di equilibrio e musicalità, con un’oscillazione perfetta e sensata, incorruttibile, un’immagine da cui si ricava l’impressione affascinante che la vita stessa, la nostra famosa esistenza, sia dotata di un suo proprio swing. Quale poi sia il significato – per ritornare al titolo di Ellington – di questo swing, non si può dire, e anzi stabilirlo non ha nessuna importanza: l’essenziale è coglierlo, accorgersene, registrarlo. Ed è nel segno di questa misteriosa parola che domenica scorsa ci siamo affacciati a fine pomeriggio trasformando la stazione Marittima in una ballroom e invitando a danzare il pubblico secondo le regole della musica del tempo, il cui motivo si avvaleva di un arrangiamento elegante e raffinato, sorretto dal supporto di un continuo e ossessivo dondolìo ritmico che invitava irresistibilmente al ballo, oltre che rappresentare qualcosa di diverso, una sorta di distrazione per esorcizzare i tempi duri che la Grande Depressione del 1929 ( e ci risiamo) aveva imposto agli americani. Questo “polso” intimo del jazz è andato a contaminare un po’ tutte le tradizioni musicali, esprimendosi in forme ridotte o spesso effimere e banali e, a volte, ricercando e ottenendo effetti sfacciatamente afrodisiaci, ma anche volgendosi verso illuminazioni durevoli e conclusioni significanti. Comunque, il suo procedere nel tempo è stato sempre sorretto da una indiscussa, incredibile vitalità, questo nesso sanguigno e vibrante tra epoche e stili succedentisi – che costituisce l’anima della “scaletta” di brani che va a chiudere l’ultima sezione delle Domeniche in Libertà del Bahr, costituente la prima e l’ultima fondamentale caratteristica di questo linguaggio che continuamente rinnova se stesso. Nella migliore delle tradizioni Sandro Deidda vestito alla Thelonius Monk con echi alla Sun Ra ha attaccato secondo i dettami del clarinetto creolo, con echi della inconfondibile intro della cornetta di Louis Armstrong, un Saint Louis blues di scuola, supportato da Rolando Maraviglia swing band, Sandro Deidda al clarinetto, Max Parisi al pianoforte, il leader al contrabbasso e Giovanni Luciano alla batteria. Quindi, si è continuato con celebri melodie a cominciare da On The Sunny Side of the street, nel rispetto della melodia e di una tradizione giunta fino a noi, con infuocati sparring four e ballerini in pista, mentre ai tavoli l’intera famiglia Parisi è stata invitata a cantare e suonare, con le voci di Angelica, Sara, il pianoforte di Umberto D’Elia, docente al conservatorio di Monopoli, e naturalmente Marco Parisi, passando per My little Suede shoes, con Sandro Deidda al tenore e chiudere con When the Saints go marchin’in, incroci sonori di razze e profumi suoni, colori, ritmi, fusi insieme, in un fluxus musicale, ossessivo e mistico, dai colori caldi e avvolgenti, specchio del su “contaminato” , “melodico”, sentire interiore, di un po’ tutti noi. Si continuerà su queste tracce oggi, a partire dalle 13, ospiti di Roberto Lumino e del maestro di cerimonie, Sandro Deidda, il quale ha invitato anche Marcel De La Creste e Marcella Della Rosa, la sorella sfortunata in amore ma fortunatissima al gioco…sedotta e abbandonata da Emilio Del Vallo, che per liberarsene la rinchiude in uno sgabuzzino di una bisca di Damasco, dove Lei trova comunque il modo di fare i soldi da dare al suo Emilio, sfortunatissimo giocatore d’azzardo, che ogni tanto torna a prelevare a mo’ di Bancomat, ritirandoli dalla fessura sotto la porta….Come farà a fare i soldi chiusa in uno sgabuzzino, al buio e senza poter incontrare nessuno? Nell’frattempo, sulle ali del racconto, suoneranno, per l’intero pomeriggio ripercorrendo le tappe della storia del blues, Bobby P, chitarra e voce, Sandro Deidda al pianoforte e al saxophono tenore, con Danilo Pannullo in doppia veste di chitarrista e direttore artistico, a seguire per il pop internazionale si esibiranno i Pannullo Brothers, Giulio voce e pianoforte e Simone voce e chitarra, indi, la musica elettronica con D Fraxce electronic pop, ovvero Francesco D’Acunzi al lounge pad e sequencer, e ancora alle 16, musica etnica con quarta fascia, che schiererà Marcel de la Creste al sax tenore, Gian Pio Vetromile al pianoforte, Danilo Pannullo alla chitarra elettrica, Nazareno Fasciglione al basso elettrico e Mario Pivetta alla batteria. Dalle 17 si ballerà con l’Alexander’s Ragtime Band che schiererà Clemente Gaeta alla tromba e alla voce, Sandro Deidda al clarinetto, Gian Pio Vetromile al pianoforte, Alfredo Verrengia al contrabbasso e Giovanni Luciano alla batteria, per poi chiudere con una hot jam session swing con Michele Ricciardi, musica che descriverà “Una bellezza che è insieme – per usare le parole del trombettista Henry James, in “The American Scene” – stracciona e cordiale, sfrontata e perfida, e che ha, senza dubbio il suo fascino”.