Sono trentanove e non trentaquattro -come da questo giornale anticipato ieri- gli indagati della procura di Salerno nell’ambito della maxi inchiesta del pm Silvio Marco Guarriello sullo sforamento dei cosiddetti tetti di spesa assegnati dall’Asl di Salerno ai centri privati convenzionati col Ssn operanti sul territorio. E’ la stessa direzione generale di via Nizza a renderlo noto, successivamente alla nostra pubblicazione, attraverso un comunicato stampa nel quale viene confermata la notizia (vedi altro servizio in pagina). In pratica, secondo la prospettazione accusatoria del pubblico ministero formulata lo scorso 14 febbraio, il budget assegnato dalla Regione Campania all’Asl di Salerno per l’acquisto dei servizi di riabilitazione, diagnostica ed altro, veniva gestito dai responsabili di settore e dalla dirigenza sanitaria salernitana in modo illegale, favorendo alcune strutture in danno di altre, sforando il tetto massimo previsto da una caterva di leggi e regolamenti nazionali e regionali per importi che andavano dall’1 al 40% oltre il dovuto, ricavandone in alcuni casi vantaggi personali e patrimoniali. Ovviamente i profili dei singoli indagati non sono identici e, pertanto, ogni singola posizione andrà scandagliata nella verosimile, imminente richiesta di rinvio a giudizio dopo la conclusione delle indagini. Nel complesso, ognuno ha dato (avrebbe dato) un colpo aggiuntivo all’eterno problema della carenza di risorse di cui tutti, almeno formalmente, si lamentano. Coinvolto dall’indagine risulta l’intero vertice attuale dell’Asl , dal direttore generale Antonio Giordano, al direttore amministrativo Antonella Tropiano a quello sanitario Maria Vittoria Montemurro, ma anche quello precedente: figura infatti tra gli indagati pure Antonio Squillante, già manager Asl in quota centrodestra e Federico Pagano, poi defunto, al tempo in cui egli ricopriva la carica di responsabile della struttura Programmazione e controllo dell’azienda. Centrali, come già scritto ieri, le posizioni delle dirigenti tuttora in carica (anche se l’annunciato provvedimento di sospensione ai sensi della normativa anticorruzione azionato dal Dg Giordano potrebbe aver già prodotto qualche effetto in queste ore) Antonia Scaramuzza e Maria Anna Fiocco, rispettivamente responsabile del settore Sistema informativo e direttore del Servizio economico finanziario dell’Asl: queste due figure avrebbero avuto un ruolo particolare nel discorso complessivo della gestione dei soldi dei tetti di spesa per il quale la procura immagina di giocare una partita a se stante. Il grosso l’abbiamo accennato ieri, prossimamente andremo un po’ più a fondo. C’è poi l’attuale manager del San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Giuseppe Longo, nella sua veste di ex commissario dell’Asl: pure lui è stato raggiunto da un’informazione di garanzia per le ipotesi di concorso in abuso d’ufficio e falso materiale ed ideologico commesso da pubblico ufficiale, così come Angela Annecchiarico in qualità di ex direttore sanitario Asl. A tutti viene anche contestata la violazione dell’art. 97 della Costituzione, secondo il quale il pubblico ufficiale deve garantire «il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione». Se le ipotesi del sostituto procuratore Guarriello trovassero conferma definitiva sembra di poter dire che in via Nizza tutto sia successo fra il 2012 e il 2016 tranne che rispettare l’articolo della cosiddetta «costituzione più bella del mondo». Nei prossimi giorni proveremo a descrivere le modalità del sistema “smascherato” dagli inquirenti grazie al meticoloso lavoro della Guardia di Finanza che, tra l’altro, scavando scavando ha -come spesso avviene- scoperchiato altre pentole. E che pentole, a giudicare dal macigno della vicenda dell’ex cooperativa Ises di Eboli, uno di quei cancri duri a farsi estirpare ma che oggi pare (ripetiamo: pare) giunto ad un punto di non ritorno. Peppe Rinaldi
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