Questa sera, V appuntamento con il Festival Santa Apollonia. In un trio e un quartetto con pianoforte per eseguire pagine di Rachmaninov e Brahms
Di OLGA CHIEFFI
Oggi, alle ore 19, quarto appuntamento con il Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia, giunto alla sua seconda edizione. Un evento, questo, nato dalla sinergia del conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, con un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, da un’idea di Anna Bellagamba e la Bottega San Lazzaro del professore Giuseppe Natella che ospita la rassegna nella cornice della Chiesa di Santa Apollonia. Apriranno la serata Lucia Giuliano al pianoforte, Erica Moffa al violino ed Antonio Ramous al cello, i quali eseguiranno il Trio élégiacque n°1 composto da Sergej Rachmaninov nel 1892 nel quale il pianoforte è protagonista: Rachmaninov a diciannove anni si era già dimostrato un pianista virtuoso e nel Trio che si accingeva a comporre desiderava sfruttare le diverse possibilità espressive del suo strumento. Nel lavoro l’influenza più evidente è quella di Čajkovskij: il tema principale, ad esempio, è affine a quello usato dall’ammirato musicista nel suo Trio in la minore del 1881. Il Trio è articolato in dodici episodi che presentano tempi e atmosfere diverse; nella coda, indicata come Alla marcia funebre, il pianoforte in pianissimo e gli archi con la sordina sembrano presentare un corteo funebre che si allontana a passo lento. La seconda parte della serata sarà dedicata per intero al quartetto op.25 in Sol minore di Johannes Brahms con Valeria Iacovino, al pianoforte, Kaisa Johanna Kaldma al violino, Giuseppe Giugliano alla viola e Thomas Brian Rizzo al cello. l primo dei suoi tre quartetti per pianoforte, violino, viola e violoncello, quello in sol minore op. 25, fu iniziato forse nel 1860 ma fu nel 1861 che Brahms vi si dedicò con maggiore continuità, quando si era trasferito a Hamm, a pochi chilometri da Amburgo, dove i genitori di due sue giovani allieve gli avevano trovato una piacevole sistemazione in una stanza con terrazzo in un padiglione isolato nel loro giardino, dove poteva lavorare in tranquillità. Alla fine di settembre il quartetto era pronto e Brahms ne inviò una copia a Joseph Joachim – carissimo amico e grandissimo violinista, ma compositore piuttosto modesto – per averne un parere. Il primo movimento mise in imbarazzo Joachim per la carenza d’invenzione melodica, le irregolarità ritmiche e la forma troppo libera, mentre il finale “alla zingarese” gli strappò un giudizio entusiastico: non sappiamo se, come in altre occasioni, Brahms sia intervenuto sulla sua musica ancora fresca d’inchiostro per apportarvi le modifiche indicate da Joachim. Comunque il quartetto fu eseguito in pubblico immediatamente, ad Amburgo: era il 16 novembre 1861 e in quell’occasione stava al pianoforte un’altra carissima amica del compositore, Clara Wieck, la vedova di Schumann, mentre Brahms stesso si occupò di eseguirlo davanti al pubblico viennese. Il Quartetto è di ampie proporzioni, con il pianoforte in posizione dominante, pur nel pieno rispetto del gioco contrappuntistico con gli archi. Il primo tempo si impone all’ascolto sia per la varietà dei temi che per la ricchezza del discorso musicale, avvolto in un clima di dolce e affettuosa malinconia tipicamente brahmsiana. Ad una introduzione basata sul primo tema segue una esposizione sui tre temi principali; nello sviluppo successivo il compositore si serve solo del primo tema, cui fa seguito una riesposizione con tutti e tre i temi, e l’Allegro si conclude con una coda di classica linearità. L’Intermezzo (Allegro ma non troppo) è una pagina di delicato lirismo, tutta soffusa di un sentimento di poesia autunnale; significativo è l’episodio centrale più leggermente vivace nelle sue evanescenti e chiaroscurate sonorità.
L’Andante con moto si apre con una melodia calda e distesa del violino, proiettata con intensità di vibrazioni e trascinante con sé gli altri strumenti in un clima di romantica stimmung. Nella seconda parte del movimento l’atmosfera espressiva diventa vigorosa e marziale, quasi una eco di canti e inni tedeschi di estrazione popolaresca. L’Andante si conclude con un ritorno alla stessa sognante tessitura iniziale.
L’ultimo tempo è un indiavolato Rondò di carattere zingaresco, che si ricollega allo spirito di quelle danze ungheresi così magistralmente trascritte da Brahms, che da giovane aveva compiuto numerose tournées concertistiche con il famoso violinista di Budapest, Ede Reményi. Per due volte tra i ritmi festosi e travolgenti di una musica tzigana fa capolino una curiosa cadenza, raffigurante, secondo un critico francese, una inaspettata stretta di mano tra Bach e Liszt.
Concerto rossiniano quello del 5 giugno, introdotto, però, da una piccola chicca, il quartetto di fiati composto dal cornista Agostino Belloli particolarmente ricco di finezze e di suggestioni timbriche. Ascolteremo, quindi, la sonata a quattro n°1 di Gioacchino Rossini. Ed ecco lo spirito rossiniano della sinfonia, nell’ Ouverture della Semiramide, una delle pagine sinfoniche più riuscite e più complesse di Rossini. Intermezzo pucciniano con quattro arie per tenore e ritorno a Rossini con i tre cori religiosi, La Fede, La Speranza e La Carità.