Questa sera, alle ore 21, il coro giovanile dell’Associazione Estro Armonico diretto da Silvana Noschese, sarà ospite del cartellone dei Concerti d’Estate di Villa Guariglia, nell’Area Archeologica di Fratte
Di OLGA CHIEFFI
Sarà come fare il giro dei cinque continenti, il concerto di questa sera proposto dal Cartellone dei Concerti d’Estate di Villa Guariglia. Partenza ideale alle ore 21, sul palcoscenico dell’Area Archeologica di Fratte con le “Etno in Note” del coro giovanile, dell’Associazione “Estro Armonico”, “Il Calicanto” diretto da Silvana Noschese. Il canto e le voci di ragazzi e ragazze, unificano, sotto il segno della pace, storie e culture differenti. La musica partecipa così degnamente, al formarsi di una coscienza generale che faccia della gioventù in questa tormentata fase della storia del mondo, divulgatori di pace, attraverso il pentagramma che si trasforma in un’area dell’incontro, della conoscenza e ri-conoscenza dell’altrui diversità. La musica e la gioia del canto per l’universalità del loro linguaggio, ci aiuteranno a fare affermare questa corale ed elementare verità, offrendoci uno spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi di cooperazione e socializzazione, all’acquisizione di strumenti di conoscenza e autodeterminazione, alla valorizzazione della creatività e della partecipazione, allo sviluppo del senso di appartenenza a una comunità, nonché all’interazione fra culture diverse. Accompagnati dalla pianista Andrea Donadio, unitamente ai Maestri collaboratori, Milva Coralluzzo e Maria Pia Leo, il viaggio inizierà dall’ Asia con Mae- e di Kentaro Sato, composta in memoria delle vittime del terremoto e dello tsunami del marzo 2011 in Giappone. Passaggio in Messico con Las Amarillas un tradizionale arrangiato da Stephen Hatfield con ritmi che devono essere molto incisivi ma con atteggiamento spensierato. Un assaggio di Moira Smiley, artista che sarà a Torino al Mito in settembre con uno dei suoi speciali arrangiamenti, Bring me little water Silvy, un tradizionale folk americano del 1936, resa popolare da Hudie Ledbetter, “Lead Belly”, per proseguire con lo spiritual “Leti t Shine!”, nell’arrangiamento di Kari Ala-Pollanen divenuta oggi un inno per i diritti civili, e lasciare le Americhe su di un aereo per l’ Indonesia sul quale Susan Lindemark ha composto nel 2010, “Song of Hope”, una canzone che da allora è stata ampiamente diffusa e ha continuato a volare in tutto il mondo e cantata da giovani cori in praticamente tutti i continenti, “groovy” ed energica, influenzata dalle tradizioni della musica folk e dalla tradizione classica. L’ Oceania sarà rappresentata da Tihore Mai, un Karakia Maori, augurante pace e prosperità, e da Te iwi e, una potente canzone di benvenuto riecheggia il karanga delle donne, affabulante ospiti e visitatori attraverso una memoria condivisa dei propri cari che sono stati persi dalla terra, sia dalla guerra che dalle migrazioni. Pur mostrando dolore, i cantanti esprimono anche l’orgoglio della terra nei risultati di coloro che sono andati via in guerra, e in seguito, coloro che hanno trovato un nuovo modo di vivere nelle città. E siamo in terra d’Africa con Kuimba, una pagina di Victor C.Johnson, dedicata alla città dell’Angola che invita ad affidarsi al canto con cuori sereni, cantare vuol dire tirar fuori ciò che si ha dentro attraverso la propria voce e far in modo che arrivi a chi ascolta. Con Siyahamba, un inno sudafricano che è diventato popolare nelle chiese nordamericane negli anni ’90, che significa noi stiamo marciando nella lingua Zulu, una pagina capace di coinvolgere tutto il corpo, sbarcheremo in Europa. Il vecchio continente sarà evocato con Vuelie, melodia che ci porterà nel regno di Frozen. ll nome completo della canzone deriva dall’originale “Eatnamen Vuelie” di Fjellheim. Il pezzo originale era un mix tra una melodia ispirata allo yoik e un inno, chiamato Deilig er jorden – che significa “meravigliosa è la Terra”. Dai ghiacci al “Mare” di Marco Ferretti, compositore di Senigallia che punta su di un’arguta ritmica, ad una habanera “ecologica”, “Dicen que se muere el mar” di Joaquìn Madurga Oteiza. Il viaggio terminerà naturalmente in Italia, con l’omaggio al Faber di Volta la carta, e ad Angiolina, una bambina un po’ più allegra, sempre se di allegria con De André si possa parlare che, nel turbine delle situazioni che le carte mostrano, s’innamora di un carabiniere, ma questo poi sparisce. La sua storia è a lieto fine: dopo aver imparato a dare il giusto nome alle cose, Angiolina diventa una donna sicura, pronta per l’altare e una vita gloriosa. Napoli culla della cultura con Totò e la Tarantella da “Felicità”, il terzo inno d’Italia ‘O sole mio e Regina de lu cielo (Madonna delle Grazie), un canto di devozione alla Madonna tipico di Somma Vesuviana di origine cinquecentesche, divenuto famoso grazie alla versione della Nuova Compagnia di Canto Popolare.