In ricordo di Michele Morello, Un giudice perbene - Le Cronache Ultimora
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In ricordo di Michele Morello, Un giudice perbene

In ricordo di Michele Morello, Un giudice perbene

Giovanni Falci

Ho appreso oggi della scomparsa del Giudice Michele Morelle Giudice Relatore della V Sezione Penale della Corte di Appello di Napoli che “assolse Enzo Tortora”.

Mi ha addolorato la notizia perché con quel Giudice io ci ho lavorato proprio nel cd “processo Tortora” dove ho difeso due imputati, uno di Nocera, Antonio Parlati detto Nino che cito per nome e cognome perché mi ha autorizzato a farlo e anche perché assolto in quel processo nonostante due anni di carcere.

Allora voglio ricordare il Giudice con i passaggi in cui parlo di lui nel mio “racconto” di quel processo.

……….

Il nostro giudice relatore era il dott. Michele Morello altra persona che subito mi ispirò fiducia, anch’egli disteso e tranquillo, espose con dovizia di particolari l’iter che aveva condotto alla sentenza, i punti cruciali della motivazione della stessa, le doglianze scritte nei motivi di appello, le richieste di rinnovazione formulate.

Non tralasciò niente e, soprattutto, non tralasciò nessun imputato.

Furono tutti individuati con nome e cognome.

……….

Terminata la relazione bisognava subito, in via preliminare, pronunciarsi sulle richieste di “parziale rinnovazione del dibattimento”, cioè bisognava stabilire se le richieste di prove avanzate dagli appellanti, dovessero o meno trovare ingresso in questa fase del giudizio.

……….

la Corte aveva accolto tutte le richieste di rinnovazione del dibattimento.

Era chiaro, allora, che il processo iniziava bene!

La Corte voleva “controllare” i pentiti, voleva cioè, fare quello che di lì a qualche anno verrà imposto al giudice di fare, con una precisa norma del nuovo codice di procedura penale, voleva procedere al c.d. riscontro.

……….

Le varie udienze si succedevano con un ritmo serrato e in ognuna di esse si veniva dipanando la matassa delle calunnie costruite a tavolino dai pentiti e dai testimoni.

Dichiarerà 30 anni dopo il Giudice Morellonoi facemmo 100 nuovi accertamenti istruttori. Quindi è evidente che ci fu una carenza istruttoria in primo grado”.

……….

A questo punto mi misi a cercare la pagina della informativa dei carabinieri dove c’erano riassunte le risultanze delle accuse dei pentiti e dove gli imputati erano indicati in ordine alfabetico e in grassetto.

Mi serviva per evidenziare alla Corte che con le prove di P.A.2 non scritto in grassetto in quell’atto, si era motivata la condanna di Parlati Antonio che lo precedeva in quel rapporto dei Carabinieri.

Volevo fare il colpo a sorpresa e criticare la superficialità con cui il Tribunale aveva letto i documenti.

La ricerca, però, come spesso mi capita quando indosso la toga, si era complicata perché le maniche larghe di quell’indumento in genere fanno svolazzare i fogli predisposti per essere consultati.

A questo punto nella mia difficoltà evidente, con la testa calata nel mare di fogli che avevo davanti ormai rigorosamente sparpagliati, sentii il dott. Michele Morello dirmi: “avvocato pagina 265 del verbale del ……. 1983”.

Alzai lo sguardo e vidi il volto sorridente e disteso del giudice con il foglio in mano che me lo porgeva.

Non lo andai a ritirare.

Avevo vinto e lo avevo capito in quel momento!

Il giudice seguiva la mia discussione e conosceva gli atti meglio di me.

Aveva scoperto da sé l’errore della sentenza di I grado, e si trattava di Parlati Antonio non di Tortora o Califano, del sindaco o dell’avvocato.

Era bastato che accennassi il problema del grassetto e dell’errore perché lui individuasse immediatamente il foglio a cui mi riferivo.

Lo sapeva già!

Da quel momento anche Morello oltre il Presidente che mi era piaciuto fin dall’inizio entrò prepotentemente nelle mie grazie.

……….

Enzo Tortora si era fermato in Cassazione, non ci aveva accompagnato più e non lo avrebbe, comunque potuto fare fino in fondo.

Quella persona per bene moriva “di processo” il 18 maggio 1988 dopo neanche un anno da quella sentenza della cassazione che aveva messo la parola fine al processo, ma non aveva messo la parola fine a quello scandalo.

Anzi, la cosa più incredibile di tutta questa storia è che, dopo tutto, chi ha sbagliato è stato premiato, mentre chi ha fatto bene il proprio lavoro non ha visto riconosciuto i propri meriti.

Il presidente Sansone è diventato Presidente della VI sezione penale della Cassazione.

Il PM Di Pietro è diventato Procuratore Generale della Corte di Appello di Salerno.

Il PM Di Persia è diventato Procuratore della Repubblica di Nocera Inferiore.

Il PM Marmo è diventato Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata.

Il Giudice Michele Morello non è diventato Procuratore della Repubblica Circondariale di Salerno.

Ora sarebbe semplice fare dietrologia oppure ipotizzare scenari di logge segrete o similari.

Non ne ho voglia, non ne ho prove, e non ci credo.

La mia risposta a tutto questo è racchiusa in una parola: “mediocrazia”.

Queste carriere solo così possono giustificarsi.

Il mediocre, colui cioè che occupa uno stato medio tendente al banale, viene innalzato al rango di autorità.

Mi convince, perciò, la teoria di Deneault che afferma che oggi, nella mediocrazia imperante nella nostra società, per lavorare “bisogna sapere far funzionare un determinato software che consiste nel riempire un modulo senza storcere il naso, fare propria con naturalezza l’espressione “alti standard di qualità nella governance di società, e salutare opportunamente le persone giuste”.