Trionfa Peppe Barra al teatro Verdi di Salerno con i suoi musici guidati da Luca Urciuolo. Stasera alle ore 18,30 l’ ultima replica
Di Olga Chieffi
Tutto nella Cantata dei Pastori ha origine comune, quasi radici e rami della stessa pianta, che passa dal bosco, sapientemente animato, sino alla nascita finale di Gesù, in un mondo in cui l’unione fra la luce e l’ombra non è realizzata, la conciliazione del perdono avviene soltanto con la sconfitta delle tenebre in favore della luce, della gioia, anche esteriore. La tenebra significava dolore, ma anche dolcezza, intimità di un grembo, l’edificazione di una società futura ideale, deve escludere l’alternativa alla luce, deve ancora illudere l’uomo che non avrà più ostacoli, dubbi da temere nelle sue scelte. Ma noi uomini del Sud, sappiamo bene come la luce e l’ombra si compensino e come la vera grotta della luce sia soltanto la vita, alla quale Benino si risveglia, cominciando a scrivere la storia. E’ un trionfo ogni sera da oltre quarant’anni, la Cantata dei Pastori con Peppe Barra nelle vesti di Razzullo, un po’ filosofo, un po’ scrivano, con i suoi compagni di sempre, Lello Giulivo il Diavolo, Maria Letizia Gorga, Maria e Patrizio Trampetti il Cacciatore, approdati al teatro Verdi giovedì sera e nostri ospiti ancora oggi per la pomeridiana della domenica. Un successo firmato da un esperto Razzullo e da un grande Sarchiapone, il barbiere gobbo, la classica coppia comica che con lazzi e sberleffi, propri della Commedia dell’Arte, diventano elementi importantissimi e determinanti, in una rappresentazione che da tre secoli è accompagnata da un ininterrotto successo popolare, a dispetto delle battute irriverenti, dei doppi sensi, delle gag spinte, esagerate, sino al momento culminante della Nascita del Bambinello e dell’elevazione della pastorale “Quanno nascette Ninno”. Ma la Cantata dei pastori è soprattutto musica e Peppe Barra si è presentato qui a Salerno, con una band di sette musici guidati da Luca Urciuolo, pianista e compositore ben conosciuto nella nostra città dai jazzofili. Il maestro, che abbiamo raggiunto prima del sound check, ci ha rivelato che la Cantata, che è un continuo work in progress, è quest’anno un’operazione teatrale e musicologica importante, avendo recuperato tutti i canti scritti da Roberto De Simone negli anni’70, adattandoli a questo ensemble essenziale, composto da Paolo Del Vecchio alla chitarra e al mandolino, Agostino Oliviero al violino e al mandolino, Giorgio Mellone al cello, Sasà Pelosi al basso acustico, Ivan Lacagnina alle percussioni, Massimiliano Sacchi alle ance, clarinetti e ciaramella, Michele Del Canto al contrabbasso e naturalmente il conductor alle tastiere. La “Cantata dei pastori” che amiamo e che ci incanta, è quella della mescolanza con il suo intreccio di lingue voci e suoni, voci colte e popolari che parlano la lingua del barocco, dell’epoca dei lumi, e quella contemporanea, con armonie che riportano sempre alla radice che è la nostra scala napoletana. Peppe Barra è figlio e padre di Napoli, una città “porosa”, per parafrasare la celebre definizione che Benjaminin coniò per questo luogo magico, per la quale non è facile fissare una specifica identità, ma è come un mare che ha ricevuto e riceve acqua da tanti fiumi. Una città che tante volte sembra esaurita, finita e sa rigenerarsi come la sua musica, la sua lingua, la sua maschera che non muore mai. Ecco che l’opera dell’Abate Petrucci, diviene palestra-kèpos, un dialogo dell’uno dei e dei molti, sulla base di provocazioni sempre suggestive, poiché provengono dalla favola, incamminandosi sulle tracce del Parmenide di Platone, il dialogo della rottura, della parità e della mescolanza, dando vita ad una sempre rinnovantesi forma d’arte, in un eccelso cortocircuito temporale nella dimensione del sogno. “Ho riadattato tutti canti scritti da De Simone – ha affermato il M° Luca Urciuolo – per questo ensemble di soli otto strumenti, che vede il mondo classico, rappresentato dal contrabbasso, violino e cello, le anime popolari, con i mandolini e i fiati e il basso elettrico e la batteria per la musica più moderna, per i sabba infernali, da musical moderno, scritti da Paolo Del Vecchio. A questi si aggiungono le canzoni dell’ Arcangelo e di Armenzio, firmate da Lino Cannavacciuolo per la cantata del 2004, mentre i temi principali di Maria e Giuseppe dal sapore sacrale, unitamente alla canzone del diavolo, che riecheggia il Don Giovanni mozartiano, ed è proprio questa la novità musicale di questo nuovo allestimento, che il diavolo canta prima della tempesta, sono mie composizioni. Il tutto arrangiato per parti reali, cercando di salvare l’effetto timbrico della prima versione, anche con clavicembalo e corni riprodotti dalla tastiera”. Musica mediterranea e musica “seria” italiana, che trovano a Napoli un porto di scambi e permanenze, hanno fornito a Luca Urciuolo la materia “prima” del suo lavoro di ricerca. La melodia, il ritmo e la danza sono l’essenza di tutto ciò: la melodia come cantabilità tematica, la figurazione ritmica ostinata, che si rinnova nell’incastro come possibilità di spostamento, crea nuovi punti di riferimento ritmico-melodici; la danza come condizione interna iniziale e allo stesso tempo finale, chiude il cerchio del loro sentire. L’ armonia come sintesi aperta dei temi segue le variabili tonali della melodia, che si muove sull’intreccio degli strumenti, dai quali discendono i dialoghi interiori delle proprie voci, in cui tutti dialogano tra di loro sulla base di sensibilità e competenze condivise. Chiudiamo con un piccolo aneddoto raccontatoci dal Maestro Luca: “ Se dovesse venire a trovarci durante la prova suoni ascolterebbe tutt’altra cantata, poiché ci piace giocare con quelle note, smontare, ricomporre, ricreare e “ricrearci”, prima dello spettacolo. Siamo insieme dal 2011 e ci basta uno sguardo per intenderci”. Musica per l’assoluto piacere di farlo, dialogando con quel linguaggio dell’azzardo e della sfida, che è l’essenza dell’arte tutta: il pubblico lo riconosce ed applaude. Si replica ancora oggi alle ore 18,30.