Questa sera, alle ore 20, ritornano i “Concerti d’Autunno” dell’Accademia Jacopo Napoli, nel complesso di San Giovanni, per un programma che spazierà da Beethoven al giovane Francesco Sgambati
Di Olga Chieffi
Sarà il Trio Quodlibet, formazione torinese composta da Vittorio Sebeglia al violino, Virginia Luca alla viola e Fabio Fausone al violoncello, l’ospite della serata dei “Concerti d’autunno”, promossi dall’Associazione Jacopo Napoli, presieduta da Giuliano Cavaliere, nel salone del Complesso monumentale “San Giovanni”. Rassegne e festival di rilievo nazionale ed internazionale hanno ospitato il Trio Quodlibet che, tra gli altri, si è esibito per i “Concerti del Quirinale” a Roma, per gli Amici della Musica di Firenze, il Museo del Violino di Cremona, il festival “Pablo Casals” di Prades, il festival MiTo, oltre a tournée in Francia e in Corea del Sud. Premiato in diversi e prestigiosi concorsi, il gruppo ha eseguito in diretta per Rai Radio3 (La Stanza della Musica) l’integrale dei trii di Beethoven, musicista cui ha dedicato anche il progetto discografico “Il Re Maggiore”. In omaggio a Bach il Trio ha, invece, inciso le Variazioni Goldberg. La serata verrà inaugurata dalla Serenata in re maggiore per violino, viola e violoncello, composta tra il 1796 e il 1797, appartiene al periodo formativo di Beethoven, agli anni in cui si era trasferito a Vienna per studiare con Franz Joseph Haydn. Molte sue opere di questo periodo nascono per soddisfare richieste di musica d’intrattenimento da parte di un pubblico poco esigente. Questo lavoro, il cui manoscritto originale è andato perso, viene pubblicato in parti separate da Artaria a Vienna nel 1797; nel 1803 Franz Xaver Kleinheinz ne fa una trascrizione per viola e pianoforte che, revisionata da Beethoven, viene pubblicata come Notturno in re maggiore Opus 42. La Serenata si articola in cinque sezioni comprese tra una Marcia iniziale e una conclusiva. La Marcia, allegra e brillante, è impegnativa per tutti e tre gli strumenti ed è seguita da un Adagio con figurazioni del violino. La seconda sezione è un Minuetto; inizia con accordi bruschi, presto diventa garbato ed elegante, poi si chiude in pizzicato. La terza sezione presenta un secondo Adagio basato su un’idea tematica, ampia, cantabile ed espressiva, interrotta da un breve Scherzo in tempo più veloce. Segue un Allegretto alla Polacca che termina con un tocco ironico e originale: una doppia interruzione. L’ultima sezione, chiusa con la ripresa della marcia iniziale, propone un Tema e sei Variazioni affidate a strumenti soli o in combinazioni diverse. Si proseguirà con un omaggio a Ernö Dohnányi ricordato tra i musicisti ungheresi più importanti del XX secolo, autore di splendide composizioni cameristiche, raramente eseguite. Di Dohnàny verrà proposta la Serenata per trio d’archi Op. 10, articolata in cinque movimenti, composta nel 1902 mentre l’autore, brillante pianista era impegnato in una serie di concerti a Londra e a Vienna. E’ questa una pagina ricca di influenze tardo romantiche mescolate a elementi della tradizione popolare ungherese e a qualche tocco di modernità. La Serenata è inaugurata da una Marcia (Allegro) sull’esempio di molte serenate del XVIII secolo in cui la marcia rappresentava l’omaggio alla personalità che aveva organizzato l’intrattenimento serale. Il tema iniziale è alquanto pomposo ma presto si dissolve in una melodia rustica dall’evidente sapore ungherese, quindi una Romanza, caratterizzata da una malinconica melodia affidata alla viola, su delicati pizzicati del violino e del violoncello. Segue uno Scherzo (Vivace) costruito su una fuga energica dalla fitta tessitura; con il cello protagonista, mentre il IV movimento è un Tema con variazioni (Andante con moto), derivato dalla melodia ungherese del primo movimento, con cinque variazioni, su pizzicati del cello. Finale con un Rondò (Allegro vivace) dove ritorna la melodia magiara della Marcia. Il brano contemporaneo affidato al trio e selezionato dall’Accademia metelliana è una pagina per violino e violoncello “Se le anime”, composizione del napoletano Francesco Sgambati, da segno iridescenti, che guarda trasversalmente al futuro senza mai mettere da parte quella luminosa tradizione italiana di cui è erede.