Antonio Manzo
Un nuovo e sonoro schiaffo all’Autorità del Garante della Privacy presieduta dal professore salernitano Pasquale Stanzione. I giudici del Tribunale di Roma non solo annullano le sanzioni alla Rai e all’Enel deliberate dal collegio presieduto da Stanzione, ma il Tribunale di Roma ha assolto Report puntata del luglio 2023 per la messa in onda due email di Andrea Mascetti nell’inchiesta ‘Vassalli, valvassori e valvassini’. Nelle motivazioni della sentenza, legittimano la tutela del giornalismo d’inchiesta. Immediata la reazione dell’associazione Articolo 21 alla quale aderiscono i giornalisti italiani: il collegio dell’Autorità Nazionale per la privacy si dimetta. I giudici romani smontano pezzo per pezzo l’impostazione del Garante e le ragioni delle sanzioni alla Rai, giudicate infondate, condannando quest’ultima a pagare le spese legali. Le sentenze mandano un messaggio chiaro: la tutela della privacy non può diventare motivo per colpire il giornalismo d’inchiesta, un’attività protetta dall’articolo 21 della Costituzione. Il giudice richiama esplicitamente il principio di “essenzialità dell’informazione”: la privacy può cedere quando la diffusione dei dati è indispensabile per comprendere un fatto di interesse generale. Nella sentenza si riportano anche critiche nette all’operato del Garante: “le regole deontologiche sul trattamento dei dati personali in ambito giornalistico, ricorda il Tribunale, non possono essere interpretate in modo estensivo, perché incidono su un diritto costituzionale. Il potere sanzionatorio dell’Autorità è limitato alle violazioni evidenti e non può trasformarsi in uno strumento per comprimere il diritto di informare quando l’inchiesta è fondata su documenti leciti e rilevanti”. I giudici hanno riconosciuto, anche questa volta, il rigore del lavoro giornalistico, il prevalere dell’interesse pubblico e della rilevanza sociale, due requisiti essenziali ricordati dalla stessa Europa, ma forse alla autorità per la privacy non leggono queste sentenze. Il giudice ha stabilito che la trasmissione Rai ha svolto un’attività di giornalismo d’inchiesta e che i documenti mostrati erano essenziali, pertinenti e funzionali a documentare i rapporti tra Andrea Mascetti, eminenza grigia della Lega di Salvini, e i suoi rapporti finanziari con il partito della Lega, smentendo alcune dichiarazioni dello stesso Mascetti. La sentenza ha chiarito che le email riguardavano l’attività professionale della persona coinvolta e non la sua vita privata, inserendosi in un contesto di interesse pubblico. Un altro schiaffo sonoro i giudici del tribunale di Roma lo hanno riservato al collegio dei giuristi dell’Autorità Garante Privacy sulle regole per emettere sanzioni ed i termini perentori collegati. Nel caso concreto Enel Energia era “imputata” di aver dato vita ad operazioni di telemarketing “selvaggio” con proposte d’acquisto energia ai consumatori italiani. L’Enel era stata sanzionata dall’Autorità Garante per il trattamento dei dati personali; la sanzione amministrativa applicata era “enorme”, ossia 26.513.977,00 euro di multa, oltre a diversi avvertimenti, ammonizioni e prescrizioni, con la sanzione accessoria della pubblicazione sul sito del Garante. A Enel energia erano state contestate 15 violazioni del Codice privacy ed erano state basate su istruttorie trattate con richieste cumulative (abbreviate in “CUM”) avviate tra la fine del 2018 ed il 2019; il procedimento sanzionatorio era stato avviato solo nel maggio 2021. Quello che è interessante della sentenza, però, non è il merito della vicenda o stabilire se Enel energia meritasse, o meno, la sanzione comminata e se la sanzione fosse proporzionata alle violazioni. Ma il fatto singolare è che tra giuristi di fama ed un numero di illuminati professionisti in servizio alla struttura del Garante non si erano accorti dei termini: il Garante ha emesso le sanzioni a termine scaduto e il provvedimento è stato, di conseguenza, annullato. Il presidente dell’Autority Garante Stanzione ha già dichiarato che non si dimetterà, né lui né il collegio investiti da una serie di critiche sulla gestione dell’Autorità indipendente eletta dal Parlamento e che costa agli italiani il compenso mensile ai membri, giuristi insigni, ben 240mila euro oltre benefit per diverse migliaia di euro, comprese le spese personali.





