di Giulia Iannone
Abbiamo incontrato Ivano Bernardis, giovane chef romano in giro per la caput Mundi e poi a Parigi, a caccia della formazione tecnica francese, raffinata d’élite. Oggi si è rimesso in gioco, con una avventura davvero nuova e tutta da scoprire giorno per giorno, all’intero del piccolo punto ristoro del Centro Equestre Monterotondo, fuori Roma. Un ritorno alla natura, ai ritmi lenti, alla tradizione, al mood del cavallo, senza tempo, e senza la frenesia della capitale che si trova a pochi chilometri oltre la via Nomentana. Come nasce la passione per il mondo della cucina e poi l’idea di farne una professione? “ La mia passione per l’arte della cucina, nasce dall’osservazione e dal ricordo dei movimenti della Nonna Marcella, dal ricordo dei profumi che ci avvolgevano durante il giorno. La nonna viveva con noi a casa, come di tradizione avveniva nello stile delle grandi famiglie di un tempo. Quindi era lei ad occuparsi delle preparazioni e cucinava praticamente dalla mattina alla sera, per noi tre nipoti maschi. Nonna era sempre all’opera o al lavoro, quindi tutto parte da questa figura femminile indimenticabile, come la sua arte”. La formazione professionale, i tuoi maestri, i punti notevoli della tua attività di chef, in Italia ed all’estero. Riesci a sintetizzare per noi? “ La mia fortuna nasce dall’aver incontrato lo Chef Stefano Marinucci, famoso nel mondo per la creatività e l’eleganza delle sue preparazioni, medaglia d’oro nel 2014 al Campionato del Mondo di cucina World Culinary Cup in Lussemburgo, cuoco particolare degli sportivi del Coni, mi ha introdotto e fatto innamorare di questo mondo, di questa realtà. Dopo tanta esperienza maturata con lui, alcuni riconoscimenti tramite gare elite, mi sono trasferito in Francia, e lì ho potuto completare la mia formazione e migliorare la mia preparazione tecnica professionale. Ho potuto lavorare con figure della pasticceria francese altisonanti, e qui è nata la grande passione per la pasticceria ed i lievitati. Ho avuto in Francia la grande opportunità di venire a contatto con la Grande Cucina, quella tradizionale , classica, accademica, ho potuto rifinire le tecniche, i sughi, le cotture a bassa temperatura e lunghe cotture. Questa la formazione, poi posso citare alcune delle mie esperienze professionali: in Italia sono stato Al Timone di Fiumicino, con Stefano Marinucci, locale che ha preso una stella Michelin, ristorante prettamente di pesce, poi tramite la sua guida, sono stato formatore del personale, poi sono andato avanti con i corsi di formazione per conto mio, a seguire ho lavorato per una grande azienda, fornitrice di macchine per la ristorazione, ed ho effettuato la formazione del personale. Durante questo tragitto ho anche svolto corsi per la regione Lazio, sono corsi della Polias, che è una associazione riconosciuta a livello regionale e mi occupo di tutto quello che riguarda la docenza per la gastronomia, si tratta nello specifico di corsi professionali per ragazzi. Ricordo anche che ho lavorato presso il Ristorante dell’Excelsior a Roma, il Duca D’Este, sono stato per tre anni Chef Manager al Bernini, questo è stato un bel percorso di vita, ho dato tanto, ho riportato gli Italiani a mangiare in un posto come Piazza Navona, divenuto prettamente turistico.” Che cosa ti ha dato la Francia, visto che esiste una annosa questione tra la cucina italiana e quella francese? “ Ha lasciato una impronta indelebile a livello di organizzazione, pulizia e precisione, perché ci sono degli chef in Francia precisi a livello estremo, ho lavorato a Parigi presso il Jetset di Pierre Hermè, 4 stelle Michelin, inutile dire cosa abbia rappresentato nella mia vita in termini di esperienza umana e professionale questo momento: una ispirazione, una apertura verso le rifiniture e la cura del dettaglio, della ricercatezza. Io volevo e desidero ancora imparare, giorno per giorno, perché la cucina è viva e si evolve assieme a noi ed alla società” Le tue materie prime preferite e le tue ricette cavallo di battaglia, quali sono? “ La stagionalità dei prodotti è la chiave di volta di una buona e sincera cucina. Adoro verdura e frutta, adopero molto le spezie abbinate alla stagione, il mio cavallo di battaglia è il risotto. Il risotto che adoro preparare presenta una riduzione al barolo, ortica, zucca e tartufo bianco ed olio al tartufo, non sintetico, per la fase di mantecatura. Per soddisfare invece la semplicità, propongo risotto cacio e pepe e zeste di Limone di Amalfi. È un piatto profumato, veloce e facile e molto gustoso.” Limoni della costiera Amalfitana, nella cucina di uno chef romano. Questo è uno degli ingredienti della nostra costiera, come lo usi e cosa adoperi ancora? Vedo che usi molto le zeste di limone… “ Il limone si presta a bilanciare anche molte erbe tenaci, io preparo un piatto di gnocchi di patate con ortiche di campo e zeste di limone finali, potete apprezzare l’equilibrio dato dai tre ingredienti, oppure usato in un risotto con friarielli, salsiccia e sopra una grattatina di zeste di limone od anche un olio al limone, il piatto risulta armonico, profumato, equilibrato per gustare il tutto. Il limone di Amalfi, di categoria sfusato, cresce esposto al sole ed ai venti caldi, provenienti dal sud, godendo della protezione dei Monti Lattari, al riparo dai venti freddi. La sua buccia, abbastanza spessa, è ricca di oli essenziali che donano un profumo ed una nota fresca ed aromatica inconfondibile. Il limone è molto versatile ed esalta molto il gusto nei dolci, per esempio preparo la cheesecake al limone ed una pastiera invece che profumata ai fiori d’arancio, io la profumo esclusivamente al limone.” Abbiamo parlato del piatto cavallo di battaglia. Oggi tu hai un connubio professionale con una scuderia, il Centro Equestre Monterotondo. Come nasce l’idea? Come è lavorare all’interno di un centro ippico? “ L’idea è nata da una scommessa fatta con i gestori del Centro Ippico, ovvero Claudio, Pietro e Mauro. Siamo partiti ad ottobre. Ci siamo messi in gioco, e mi hanno affidato, anche se in regime covid, il ristoro del centro ippico. Mi piacciono le sfide, ho cominciato piano piano, in sordina, in una piccola cucina da campo, partendo da clienti zero e piano piano stiamo incrementando ad aumentando il numero dei coperti. Propongo una cucina “povera”, che oggi è tornata alla ribalta come qualcosa di grande qualità, una cucina semplice, con ingredienti di una volta, rispettando la tradizione del posto. Il giovedì si trovano gli gnocchi, il venerdì non c’è il pesce, ma come usavano i nostri nonni, la trippa, tutti piatti poveri rivisitati e soprattutto a basso contenuto calorico. Posso comunque annoverare tra le proposte: pappardelle al cinghiale, colombacci e quindi la cacciagione, cucinata in un certo modo, ovvero secondo i dettami della scuola francese presso la quale mi sono formato, in cui la cacciagione è molto adoperata, e che posso presentare agli ospiti con quelle tecniche di cottura e qualche sugo sempre di stile francese. “ Quali sono a tuo avviso le potenzialità di questo piccolo ristoro tra cavalieri ed amazzoni? “ Credo che avremo la massima fioritura in primavera-estate. Proporremo una cucina territoriale, con carne alla griglia, e con l’uso anche della frutta di stagione. Una cucina semplice ed effetto, rispettando anche la tradizione, perché ci sono piatti che si cucinano con frutta ed erbe del posto. Ad esempio, il settore del trekking, mi riporta spesso il ginepro, l’alloro selvatico, le ortiche. Cerco anche di tener presente le esigenze del cavaliere atleta, tra diverse situazioni climatiche ed agonistiche, per cui ho sempre scorta di pasta, e per l’estate preparerò insalate, anche con frutta secca, o frutta tipo mela, pera, arance, avocado, mango…” La pasticceria, un antico amore, che inserisci anche in contesto equestre. Cosa ci puoi presentare? “ Propongo dei dolci alla vista semplici, ma sono tutti lavorati con lieviti ad alta idratazione, ciambellone allo yogurt, ciambellone bicolore, ciambellone al cioccolato e gocce di cioccolata, anche le crostate preparate in pasta sablè anziché pasta frolla, abbiamo marmellate da ripreparare, andremo su una pasticceria estiva, quindi i ciambelloni verranno sempre preparati con lievito madre e zuccherati con yogurt bianco, pastorizzato da noi, un dolce controllato in toto. Quando sono arrivato, ho portato questa crostata in pasta sablè, anziché pasta frolla. Il nome sablè deriva dal fatto che nelle prime fasi dell’impasto, l’aspetto è molto granuloso e simile alla sabbia. La differenza con la pasta frolla sta nella tecnica d’impasto: nella sablè, infatti, si iniziano ad impastare farina e burro. La crostata la preparo con la marmellata di castagne, marmellata lavorata da noi, senza zucchero, ma sfruttando la parte zuccherina naturale della castagna stessa. La castagna viene lavorata con l’acqua ed il collagene stesso della castagna che viene liberato in cottura. Frulliamo il tutto che si addensa anche grazie agli amidi. A giorni proverò a preparare un ciambellone yogurt e limone, e poi andremo verso le cheesecake in primavera –estate.” La cucina di Ivano Bernardis è…..? “ La cucina è passione e pura semplicità”.