Ultimi giorni per poter visitare la mostra che ha inaugurato la XLIX stagione espositiva della Galleria Il Catalogo di Salerno. Opere in esposizione sino al 26 novembre
Di ANTONIO AVALLONE
Dissacrare. Giocare. Navigare. Sognare. Si possono eseguire tutte queste azioni contemporaneamente? Se ti chiami Pino Pascali, la risposta è sì. Quel Pino Pascali che il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta, giunta alla sua XLIX stagione espositiva, mostra attraverso diciassette opere, che fanno emergere la personalità artistica, e non, di questo artista che potremmo definire “progressivo”, non tanto per le sue tecniche, ma per il messaggio che egli stesso vuole dare. Un messaggio che spinge in tre direzioni: autobiografica, con chiari rinvii alla sua infanzia; antropologica, grazie al quale riporta alla luce il concetto di “selvaggio” rousseauiano in modo assolutamente originale e contemporaneo; materiale, mediante cui fa emergere gli elementi primari che sono alla base del mondo. Uno degli elementi centrali dei suoi quadri è sicuramente l’elemento onirico, che trabocca da ogni figura, solida come leggera, graffiante e squisitamente ironica. Figure che ovviamente vengono riprodotte attraverso un’arte povera, la corrente di cui è, insieme a Boetti e Manzoni, ritenuto uno dei punti di forza del dopoguerra italiano. Durante la sua breve, ma intensa vita – muore infatti a trentatré anni in un incidente stradale – Pascali è uno dei pochi a capire che per rappresentare una società effimera c’è bisogno di un’arte povera, e lui lo fa in maniera assolutamente perfetta: tecniche miste, messaggi scagliati con forza e ironia, paesaggi e volti che si intrecciano in opere di fattura superiore. Al Catalogo è possibile vedere, grazie ad un allestimento impeccabile, nell’inconfondibile e rigorosissimo stile della storica galleria salernitana, le opere realizzate dall’artista alla Lodofilm, che attestano la sua fantasia e la sua inventiva. In queste opere, Pascali unisce in maniera geniale forme primarie della cultura mediterranea con le forme del gioco, del sogno e dell’avventura. Egli, inoltre, traduce queste forme in strutture monumentali e essenziali, ma allo stesso tempo che rimandano alle icone della cultura di massa all’epoca dilagante – fumetto, cinema e moda. Potremmo considerare questo suo modo di agire come una sorta di risposta alle nuove tendenze che arrivano dall’America, come la Pop Art. Da quest’ultima è necessario distinguerlo attraverso le parole di Cesare Brandi, per il quale “in Pascali l’immagine sorge per contiguità, dunque per sineddoche: nella metonimia”. Non bisogna erroneamente pensare che un’artista così innovativo si sia dedicato solo alla pittura: la sua consacrazione, infatti, avviene alla XXXIV Biennale di Venezia dove si ribella alle imposizioni ideologiche degli studenti, si rifiuta di chiudere la sua sala difendendo ad alta voce il suo lavoro e il suo diritto a farlo conoscere. E’ un gesto che fa emergere la concezione della contestazione come un qualcosa di mitico. In ottobre, quando l’artista purtroppo è già morto, gli viene conferito il Premio Internazionale alla Scultura. Un artista da scoprire. Da studiare. Da analizzare. Soprattutto, un artista le cui opere vanno viste, al Catalogo, sino al 26 novembre.