Questa sera IV appuntamento della stagione concertistica “In cordis cordae” promossa dall’Associazione Culturale Emiolia, che proporrà nella chiesa di San Giorgio, alle ore 20, il Salve Regina del caposcuola napoletano e pagine di Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach
di Olga Chieffi
Lo sfarzo barocco musicale in quello architettonico, oggi, con l’Associazione Culturale Emiolia, presieduta dal controtenore Pasquale Auricchio, con una serata speciale, per il IV appuntamento del cartellone della stagione concertistica 2022 dal titolo “In cordis cordae”, in collaborazione con l’Arcidiocesi salernitana, col patrocinio morale del Comune di Salerno, in sinergia con l’Associazione Gestione Musica, che nella Chiesa di San Giorgio, alle ore 20, saluterà l’esecuzione del Salve Regina di Nicola Porpora. La serata verrà inaugurata dall’ Ensemble Lirico Italiano, composto da Ilario Ruopolo e Mattia Cuccillato al violino, Giuseppina Niglio alla viola, Francesco D’Arcangelo al cello e Stefano di Martino al contrabbasso, dalla Sonata in re minore per due violini e basso continuo “La follia”, op. 1 n. 12, RV 63, un ciclo di venti variazioni sulla Follia, l’antico e celeberrimo tema in tempo di sarabanda utilizzato da numerosi compositori dell’epoca. Ciò che contraddistingue il ciclo e la sua originalità sono anzitutto l’interpretazione drammatica e, per così dire, narrativa del progetto compositivo e la presenza di variazioni cantabili, in tempo lento, nettamente diversificate da quelle figurali. L’organizzazione formale, l’ordine e la configurazione delle variazioni mirano a integrare i singoli pannelli in un unico arco di respiro drammatico e di grande effetto esecutivo. Ribalta, quindi per il soprano Olga Shytsko che ha scelto di dedicare alla platea salernitana il mottetto di Antonio Vivaldi “In furore iustissimae irae”, per soprano, archi e basso continuo RV 626 dalle caratteristiche spiccatamente teatrali, scritto tra il 1720 e il 1725 durante uno dei soggiorni romani, molto probabilmente su committenza del cardinale Ottoboni. È facile ipotizzare che all’epoca veniva eseguita da castrati poiché alle donne, generalmente, non era permesso cantare in chiesa. Tra due arie in netto contrasto tra loro, si colloca un brevissimo recitativo; chiude un impetuoso e inquietante Alleluia che richiede eccellenti doti virtuosistiche. La prima aria descrive, con formidabili unisoni e repentine diminuzioni cromatiche, la furiosa ira divina; nel breve recitativo, il peccatore chiede pietà.; grande lirismo e cantabilità per la seconda aria, un momento di intima preghiera e profonda contrizione. Entrerà in scena, quindi Pasquale Auricchio con una delle più incantevoli creazioni di Johann Sebastian Bach “Erbarme Dich” dalla Passione secondo Matteo, un’invocazione di pietà rivolta alla misericordia di Dio, cui il credente si appella non per i propri meriti, ma solo per la forza delle proprie lacrime. L’aria esprime i sentimenti di Pietro dopo che ha rinnegato il Signore, e segue immediatamente la proclamazione, in recitativo, del testo evangelico in cui si narra del suo pianto amaro. L’agilità e l’estensione del violino, che abbracciano e trascendono quelle della voce umana, sembrano suggerire che laddove la supplica dell’essere umano sembra senza speranza, la Grazia divina la completa, la incornicia e le dà compimento. Intermezzo strumentale con il Concerto per archi, RV 156 in sol minore di Antonio Vivaldi, nei convenzionali tre movimenti: un Allegro, in cui il concertato è affidato solo alle due parti dei violini, mentre viole e bassi si limitano a sostenere le armonie; un Adagio, in stile quasi “corelliano”, in cui violini e viole armonizzano (con qualche ritardo e dissonanza) il basso che muove per crome; un Allegro conclusivo, in 3/8, alla cui concertazione, in stile “concitato”, con ribattuti e volatine, partecipano questa volta tutte le parti. Il clou della scaletta sarà il Salve Regina di Nicola Porpora in fa maggiore, concepito intorno al 1730; una pagina di sincera devozione mariana, affidato alla voce di Pasquale Auricchio, che riesce a esprimere in modo naturale e spontaneo l’invocazione alla misericordia della Vergine, mantenendone il senso di timore reverenziale e tuttavia permettendo al temperamento operistico del suo autore di manifestarsi attraverso linee melodiche ornate ma pur sempre discrete. Toccherà quindi alla Shytsko cimentarsi con la Matthaus Passion e con la prima aria del soprano, ccade ad esempio nella prima Aria del soprano, “Blute nur, du liebes Hertz” L’incipit è degli archi, pieni e gravi, e il basso continuo qui diventa un solido tappeto avvolgente sopra il quale le melodie hanno pieno spazio per potersi esprimere. Quindi l’entrata del soprano e inizia a prendere corpo il tradimento di Giuda. La voce, l’interpretazione restituiranno quel momento sommessamente drammatico, ma senza mai dare un senso di disperazione. Finale ancora vivaldiano con il Laudamus te, il terzo numero del suo Gloria in Re maggiore, Rv 589, un duetto per due soprano, con l’accompagnamento di archi e continuo; il clima è festoso e la chiarezza formale della pagina è assicurata dalla ripresa cadenzata del ritornello strumentale.