di Michelangelo Russo
Ho sentito Leonida Primicerio l’ultima volta nella notte di S.Pietro e Paolo, il 29 giugno. Io e il collega Erminio Rinaldi, Avvocato Generale del Distretto e quindi Vice del Procuratore Generale, stavamo lanciando parole non benevole verso il destino avverso, costituito in quel momento dall’ancora della mia barca incagliata davanti al Porto di Cetara mentre i fuochi d’artificio ci esplodevano nella testa. A Rinaldi venne in mente che anche Primicerio era venuto a vedere i fuochi, e quindi, certamente, era ospite della motovedetta della Capitaneria di Porto che, quindi, avrebbe potuto soccorrerci. Gli telefonammo speranzosi di vedere subito la nave militare in aiuto. Macché! Primicerio era a bordo del traghetto pubblico, e poteva darci solo un altro paio di braccia per tirare su l’ancora del fondale. Ho voluto citare questo episodio per descrivere un tratto del personaggio: la sua concezione del magistrato come uomo comune confuso tra la gente. Nessuna schizzinosa esibizione di una cultura raffinata ed elitaria (errore di metodo frequente della mia vecchia Magistratura Democratica); nessun protagonismo di palcoscenico, tra concerti o concertini, o presentazioni di libri che nessuno leggerà, ma che fanno notizia al momento. So del suo totale sconcerto quando apprese che per una manifestazione musicale di beneficenza della Procura i sostituti stavano facendo le prove teatrali della serata, e che l’abito lungo e la giacca scura sarebbero stati di ordinanza comandata. L’opposto della visione di Primicerio del magistrato, che deve essere invisibile come uomo, ma presente e percepibile come funzione reale e permanente, non episodica nelle imbonitorie apparizioni istituzionali. Aspro e sardonico nella critica della vanità, e delle anomalie, di cui a volte si macchiano i magistrati, per colpa del peccato originale di essere uomini, Primicerio ha una dote non comune fra i giudici: il senso dell’ironia e il rispetto della satira. In un pamphflet caricaturale recente delle mie vignette lo disegnai come un cane molosso nocerino nero e feroce, assiso sullo scranno di P.M. . Volle l’originale della vignetta per incorniciarla. Qualche altro collega in vista, colpito dalla satira, ordinò invece la ricerca e il rogo dei libelli, come in una scomunica della Controriforma. Irreprensibile e tenace, Primicerio ha una conoscenza profonda dei mali del territorio e di quelli della Giustizia. E ciò per merito dei tanti anni da pubblico ministro, anche alla Direzione Nazionale Antimafia; e dei tantissimi anni di attivismo associativo, con l’impegno pure di una Consiliatura del C.S.M. Era un po’ la bestia nera per noi di Magistratura Democratica negli anni ottanta e novanta, i più vivaci e coinvolgenti della storia della Magistratura: ci toglieva voti, con la metodica capillare di avvicinamento dei giovani colleghi portata avanti dalla sua Unicost, la corrente di centrosinistra dell’ANM. Metodi che io e Claudio Tringali definivano democristiani, ma che sono adesso da rimpiangersi nel profilo basso del dibattito in cui si è arroccata la Magistratura adesso per autodifesa dall’empietà degli attacchi della politica populista. Primicerio le cose è abituato a dirle in faccia, per istinto e per carattere. Per anni e anni fu conflitto fra lui e un altro personaggio fuori dal comune, Luciano Santoro. Contrapposti e pur simili sotto tanti aspetti, rigorosa e aperta la visione di entrambi, moralistica comunque la difesa di entrambi, dell’indipendenza del giudice contro le arroganze dei poteri forti, questi due colleghi ebbero il merito, nella guerra delle idee, di tenere alta la tensione e la qualità del profondo dibattito sulla giustizia, come si addice ad una democrazia in crescita di maturità. Dopo quella stagione, non c’è stato molto a svegliare il Palazzo di Giustizia dal torpore del timido mormorio condominiale che da anni lo avvolge. L’eventuale nomina di Primicerio a Procuratore Capo di Salerno può essere un’occasione di risveglio. Quando un Generale aspira a diventare un Colonnello, significa che la trincea gli piace e la battaglia si avvicina. Michelangelo Russo