Questa sera, alle ore 19, Don Claudio Raimondo, nella chiesa dell’Annunziata, celebrerà una messa in suffragio di uno degli storici rappresentanti del PCI salernitano
Di OLGA CHIEFFI
Il 28 agosto del 2010 ci lasciava Tommaso Biamonte ex Deputato PCI. Oggi, alle ore 19, Don Claudio Raimondo, guida spirituale della parrocchia della SS.Annunziata celebrerà la Santa Messa per ricordare la sua figura di uomo buono. Calabrese di ferro, nato quel 15 novembre del 1921, tra i monti di Gimigliano, nello stesso anno della scissione di Livorno, che dette vita al Partito Comunista Italiano per mano di Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga, Tommaso partecipò alla Resistenza, membro della gloriosa “Brigata Garibaldi”, per poi trasferirsi a Salerno e legare il suo nome a quello della famiglia Chieffi, sposando nell’aprile del ’48 Franca, la secondogenita di Italo e sorella di Mary, primo consigliere comunale donna nel 1946. Il compagno Tommaso sostenuto dalla famiglia Amendola, in particolare da Giorgio e Pietro, bruciò le tappe, divenendo consigliere comunale, alla guida di un’opposizione critica e fattiva del regno di Don Alfonso, il Sindaco-patriarca. Di lì, nel 1968 varcò per la prima volta la soglia della Camera dei Deputati, con a fianco Gaetano “Ninì” Di Marino. Ma la carriera di Tommaso non si è mai limitata a sedere sugli scranni delle due camere del governo, da Deputato, ancora, e da Senatore, nonché da primo cittadino di Amalfi, è stato sempre vicino alla gente, di tutte le correnti politiche, poiché “il partito comunista è un partito popolare, grande, unito”. Migliorista e meridionalista, è stato a fianco di Emanuele Macaluso e Giorgio Napolitano, uomini chiave della cosiddetta “nebulosa berlingueriana”, prodotti della covata di Amendola, sostenitori del rigore economico e di una politica dalle larghe intese, indirizzati maggiormente verso un sano pragmatismo, più che divenire baluardi degli ultimi residui ideologici. Una vita, la sua, trascorsa quale difensore dei diritti della gente, dei più umili, sino a chiudere la sua carriera quale esponente Senior della CGIL. Tommaso politico e amico, mai guru, mai “patriarca”. E nemmeno mai eretico, bensì eterodosso, anima critica dentro la pur pesante ortodossia marxista; per cui sono due le parole che definiscono la sua persona: il dubbio e l’organizzazione. Il dubbio come atteggiamento critico nei confronti della realtà e di se stessi base di una organizzazione come politica collettiva strutturata, preparata e guidata. Vale a dire, politica come fare insieme. Non come la propria faccia su un manifesto. Come bisogno umano di partito. Partito, questa parola che fu tanto cara, quasi sacra, a Tommaso. Il partito da lui inteso come comunità, non di destino, ma di volontà e decisioni collettive. Come costruzione di quella “giraffa” togliattiana, quell’ animale strano che era il partito nuovo, non più di quadri ma di massa, popolare alla base e centrale al vertice. Tommaso Biamonte ci lascia le sue luminose umane opere, coerenti all’idea di un necessario impegno collettivo per la conquista di più diritti per gli esclusi e per un patto sociale che le consolidi nel tempo storico: una strategia di lotta, la sua, che come la nostra si fonda nella concezione di una relazione umana che si fa tale se intercorre come sintesi tra da soggetti liberi di esprimere non solo i propri bisogni, ma anche le proprie, e sentite opportune, risposte.