Asher Fisch, Massimo Spada e Beatrice Rana le tastiere per gli omaggi a Wagner e Beethoven
Di Olga Chieffi
Erano i primi anni del nuovo Millennio e al Ravello Festival si dava il Tristan und Isolde in forma semiscenica. Piovve e l’esecuzione del capolavoro wagneriano fu ritardata di oltre un’ora. Ma lo spettacolo si era solo trasferito nella sala dei Cavalieri: lì il Maestro Roman Vlad, allora direttore artistico, intrattenne il pubblico, in attesa che si asciugassero palco e sedie, eseguendo meravigliosamente le trascrizioni di Franz Liszt da Wagner, a memoria, disquisendo con eccezionale comunicativa, con gli ascoltatori che avevano fatto cerchio attorno al pianoforte, illustrando, da gran cerimoniere, i vari pezzi del suo prezioso dono musicale. Ieri sera il programma del Ravello festival prevedeva l’omaggio a Richard Wagner da parte del pianista Asher Fisch, in duo con il mezzosoprano Stefanie Irányi: oltre i Wesendonck-Lieder e altre pagine per voce, in scaletta lo studio da concerto dal Tannhäuser Einzug der Gäste auf Wartburg, S.445/1 e Spinnerlied aus Der fliegende Holländer, S.440, che furono eseguiti anche dal maestro Vlad in quella piovosa e fausta serata. Quest’oggi, alle ore 20.30, sarà Juraj Valčuha a salire sul podio alla guida dell’Orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli per un concerto tutto beethoveniano, con il Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra in do minore, op. 37 e la Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore, op. 60. Dopo lo Czar, calcherà il palco di Ravello, la prima delle regine di questa edizione, la pianista Beatrice Rana, per l’esecuzione del Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra in do minore, op. 37 di Ludwig Van Beethoven. In questa pagina – caratterizzata dal do minore, la tonalità dedicata all’espressione dei conflitti e del patetismo – all’incombente negatività viene contrapposta una reazione positiva e dinamica. All’Allegro, sicuro e vigoroso segue l’estatico Largo. Raggiante e sereno, infine, il Rondò mostra la forza e l’entusiasmo di un Beethoven “terrestre” e spiritoso, propenso a lottare per esorcizzare la disperazione e ricercare un contatto costruttivo con la società, proprio nel momento in cui la sempre più evidente perdita dell’udito lo stava isolando dal mondo esterno. L’orchestra, invece si cimenterà con la Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore, op. 60. Robert Schumann mise in circolazione l’appellativo di “ellenica” per la Quarta Sinfonia di Beethoven, paragonandola a “una slanciata fanciulla greca fra due giganti nordici”, la Terza e la Quinta Sinfonia appunto; e questo riferimento ai greci, inventori delle forme più robuste di una bellezza armoniosa, cogliendo un aspetto profondo della natura espressiva dell’opera; nessun ritorno al Settecento dunque, nessun riposo inventivo o allentamento della tensione creativa, ma una forza fatta di aurorale luminosità, di vivacità e dinamismo continuamente ingentiliti da una grazia serena e luminosa. Beatrice Rana sarà protagonista anche domenica, eseguendo nella prima parte quattro Scherzi di Fryderyk Chopin e Le Sacre du printemps di Stravinskij nella versione per pianoforte a 4 mani. Chopin scrisse quattro Scherzi in tonalità diverse (in si minore op. 20; in si bemolle minore op. 31; in do diesis minore op. 39; in mi maggiore op. 54) che non si richiamano affatto agli analoghi tempi inseriti nelle Sonate e nelle Sinfonie beethoveniane, ma riflettono un tipo di composizione dalla fisionomia tutta particolare, dove la fantasia dispiega la propria libertà di espressione nei modi e nelle forme più opportune. La seconda parte sarà interamente dedicata alla Sacre du printemps di Igor Stravinskij, in cui Beatrice Rana si unirà a Massimo Spada, per rileggere una partitura complessa di una violenza inaudita, per la quale Stravinskij riandò alle origini pagane della Russia antica e le rivestì di una musica giudicata, allora, nel 1913, addirittura barbara.