Il pianoforte classico di Costantino Catena - Le Cronache
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Il pianoforte classico di Costantino Catena

Il pianoforte classico di Costantino Catena

Atteso l’abituale concerto estivo negli spazi del Castello Giusso Del Galdo a Sicignano degli Alburni, che vedrà il pianista incontrare l’ensemble lirico Italiano sulle note di Ludwig Van Beethoven

 

Di Olga Chieffi

E’ divenuto un appuntamento fisso, il concerto agostano offerto dal pianista Costantino Catena, che nel Castello Giusso Del Galdo in Sicignano degli Alburni, incontrerà, stasera, alle ore 21, l’Ensemble Lirico Italiano, composto da Daniela Cammarano e Giacomo Mirra al violino, Mattia Cuccillato alla viola, Francesco D’Arcangelo al violoncello e Stefano Di Martino al contrabbasso. La serata verrà inaugurata dal Quintetto di Luigi Boccherini  “Musica notturna per le strade di Madrid” op.30 n°6 in Do maggiore che, dopo le stagioni di Vivaldi e qualche sporadico brano barocco per cembalo, uno dei più importanti pezzi a programma della musica di quel periodo, nell’esecuzione dei componenti dell’Ensemble Lirico Italiano. Per avere brani musicali che descrivono la natura e i più pittoreschi atteggiamenti umani bisogna aspettare l’Impressionismo francese alla fine dell’ Ottocento. Questo brano è un grande atto d’amore di Boccherini per la città che lo ha ospitato, uno degli omaggi più belli che una città e la sua gente abbia ricevuto da un musicista. Il brano è una descrizione musicale della vita notturna della capitale, col chiasso delle sue strade, i balli, le feste, le campane delle chiese che suonano, la ronda, il rosario e i soldati della guarnigione locale che suonano il coprifuoco a mezzanotte, con la loro ritirata. In alcuni passaggi si stenta a credere che sia stato composto nel 1780 tanto appare moderno e attuale. Non a caso “La Ritirata” è stata oggetto di una trascrizione orchestrale di Luciano Berio molto brillante e fedele alle precise indicazioni dello stesso Boccherini che in partitura scrive: “i violoncelli si metteranno l’istrumento attraverso sulle ginocchia, e pizzicaranno con le unghie di tutta la mano posta al rovescio, come chi suona una chitarra”. Costantino Catena proporrà quindi, il concerto n°5 in Mi bemolle maggiore op.73 eseguito per la prima volta in pubblico il 28 novembre 1811, al Gewandhaus di Lipsia Alla prima esecuzione viennese, avvenuta il 15 febbraio 1812 con il giovane pianista Carl Czerny, allievo di Beethoven, il Concerto non ebbe la stessa accoglienza  e solo un ufficiale della Grande Armée francese fu sentito, alla fine, esclamare: Questo è l’imperatore dei concerti. Il colossale Allegro iniziale, che rispetta a grandi linee gli schemi della forma-sonata distendendoli però in un’ariosa eloquenza che ha ben poco della tacitiana, lapidaria immediatezza di un tempo: un’introduzione indimenticabile, con una semplicissima successione di accordi cadenzati del «tutti» allargata a contenere le preludianti espansioni virtuosistiche del pianoforte, che ricadono sull’avvio del primo tema, un motivo marziale ma cantabilissimo, in relazione di complementarità più che non di opposizione con il secondo («marcia guerresca idealizzata», dice benissimo Carli Ballola); uno sviluppo smisurato, dove pianoforte e orchestra danno vita a un continuo scaturire di episodi gloriosamente trionfanti di un «sentire» quanto mai fortissimo; una ripresa che anziché lasciare spazio alla tradizionale cadenza si prolunga in una Coda ampia ed elaborata. Il secondo movimento è una breve e intensa meditazione su due temi musicali, quello in si maggiore, malinconico e contenuto, esposto dagli archi in sordina e quello cantabile esposto dal pianoforte, che modula anche alla tonalità di re maggiore, con una magnifica espansione del sentimento. Il passaggio al terzo movimento avviene in modo conciso e originale. Solista e orchestra hanno raggiunto l’accordo di tonica e vi insistono per quattro battute, smorzando progressivamente il suono, fino alle soglie del silenzio. Nel Finale il ritmo ha ruolo primario e la sua cellula di base, prima del via libera nell’Allegro, viene come esaminata e saggiata in due battute di collegamento rallentato con il movimento precedente; la giocosità beethoveniana si sbriglia poi nel vortice del Rondò, dove ogni episodio, pur aggiungendo qualcosa di caratteristico, si salda in quello slancio unitario e positivo che è il messaggio di fondo di tutta l’arte beethoveniana. Alcune riprese variate del tema del Rondò sono lavorate con sopraffina cura timbrica, sconfinando in quelle regioni eteree, quasi glockenspiel, che tanto incantavano l’orecchio di Beethoven negli ultimi momenti delle sue possibilità uditive: in uno di questi trasvolanti episodi Liszt troverà il prototipo del suo Studio La leggerezza; celebre è poi rimasta l’ultima pagina, con l’inedito abbinamento di timpano solo e pianoforte in un calando armonico pieno di screziature, un diminuendo accorto e un poco malizioso, prima che il solista si spazientisca e tagli corto con la pirotecnica conclusione.