Il Pg chiede la conferma dell’ergastolo per Pasquale Cammarosano - Le Cronache
Giudiziaria

Il Pg chiede la conferma dell’ergastolo per Pasquale Cammarosano

Il Pg chiede la conferma dell’ergastolo per Pasquale Cammarosano

Pina Ferro

Raggirò alcuni correntisti e poi avrebbe ucciso una delle vittime: il procuratore generale della Corte d’Assise e d’appello di Salerno ha chiesto la conferma della pena dell’ergastolo per Pasquale Cammarosano, direttore dell’ufficio postale della frazione Massa di Vallo della Lucania.

Secondo i giudici di primo grado Pasquale Cammarosano ha premeditato e messo in atto l’omicidio del barbiere Carmine Novelli affinché non rivelasse la scoperta di una truffa sui conti correnti. Quel raggiro milio- nario fu comunque scoperto nel 2009, quando altri correntisti si accorsero che i loro depositi si erano assottigliati, e l’anno dopo il dirigente postale fu arrestato con l’accusa di omicidio. Era poi tornato a casa, ma ieri la Corte d’Assise ha disposto insieme

con la sentenza di condanna un immediato ordine di arresto per evitare il pericolo di fuga, e nel pomeriggio il capitano Mennato Malgieri, alla guida della compagnia di Vallo della Lucania, ha riportato Cammarosano in carcere.

Era il 7 marzo del 2001 quando il cadavere di Carmine Novelli fu ritrovato sul ciglio di una strada di Moio della Civitella, rinchiuso in un sacco di quelli usati per le spedizioni postali. Nel corso delle indagini i carabinieri constatarono che dal conto corrente postale della vittima erano spariti circa 142 milioni di lire (73mila euro), un ammanco che otto anni dopo si sarebbe sommato a quelli ri- scontrati da altre persone e che condusse all’arresto del direttore postale prima con l’accusa di truffa e poi, nel giugno del 2010,

con quella di omicidio. A inchiodarlo fu la comparazione delle impronte digitali: quelle rinvenute dai militari del Ris di Roma sui sacchi di plastica che contenevano il cada- vere di Novelli risultarono sovrapponibili alle altre rilevate sull’ex dirigente delle Poste otto mesi prima, quando era stato arrestato per gli ammanchi sui conti correnti.

Nei mesi scorsi i difensori Felice Lentini e Anacleto Dolce avevano messo in discussione quella prova, sostenendo che la trac- cia delle punte delle dita, ritrovata nella parte alta del sacco, non poteva bastare a so- stanziare l’accusa di omicidio, tanto più che quei bustoni potevano essere stati toccati all’interno dell’ufficio e soprattutto perché su quegli stessi sacchi risultava un’impronta palmare incompatibile con quella dell’imputato e che poteva essere del vero assassino.