Questa sera, alle ore 21, nel cortile del Castello Marchesale di Camerota gran finale della III edizione della rassegna promossa dall’Associazione Culturale Musicale Zefiro
Di OLGA CHIEFFI
Oggi, a cominciare dalle ore 21, ultimo appuntamento con il cartellone che ha entusiasticamente animato l’incantevole cortile del Castello Marchesale di Camerota, con cinque serate per sette concerti, parte di un progetto dell’Associazione Culturale-Musicale Zefiro, presieduta da Giuseppe Marotta e diretta dal compositore Leo Cammarano. Una rassegna, “Suoni dal Castello”, del Camerota Festival, giunta alla sua III edizione, composita che ha unito interessanti performance spazianti tra diversi generi musicali, alla formazione delle masterclass, sostenuta dal Comune e dalla Pro Loco di Camerota, unitamente al Meeting del Mare e al Conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, oltre ad un folto cartello di mecenati privati. La serata d’addio sarà inaugurata da un primo set dedicato alla musica elettronica. Sei autori per degli “Incontri acusmatici” per avvicinare la platea alla ricerca elettroacustica ed elettronica che ha vissuto e continua a vivere una felicissima stagione in ogni parte del globo. Gli incontri saranno inaugurati da Michele Barbato, che rilegge il mito di Amore e Psiche in “Passaggio di stati fisici di Psiche….in cerca di Eros”, un viaggio affannoso il cui pegno del gesto sarà la passione della metamorfosi: dal materiale all’immateriale, fino all’infinito-finito. Mario Buoninfante proporrà, invece Studio II, una sorta di “colonna sonora”, la cui idea è quella di riproporre in musica la situazione in cui un pensiero viene “disturbato” da elementi esterni (altri pensieri) che nel tempo prendono il sopravvento divenendo essi stessi parte del pensiero principale, distorcendolo. Di Alberto Giordano verrà eseguita RiEvoluzione- La Nascita, in cui ogni suono è stato creato (quindi è nato) utilizzando la sintesi FM sia semplice che a doppia modulante. Il suono principale del brano si basa sull’idea di una nascita del tutto, in contrapposizione e fusione tra il lato divino positivo, il lato divino negativo e il lato umano. A seguire Alba d’oro di Silvia Lanzalone, ultima parte di un trittico del 2009, ispirato da un quadro del padre, un’alba ultramondana, rivelata attraverso la seducente esibizione degli uccelli che, festosi testimoni di giochi scintillanti e di rilucenti bagliori, offrono i loro canti come riflesso della luce che ne pervade e ne avvolge il corpo e lo spirito. Viviana Palladino presenterà “In Synthesis”, un insieme di sintesi, elaborate in Ring Modulation, che produce un timbro graffiante che muta, si evolve e si trasforma con movimenti del tutto inaspettati che sorprenderanno l’ascoltatore e che lo condurranno fino all’exploit finale. Gli incontri saranno chiusi da “De la terre à la lune”, per nastro composto da Giancarlo Turaccio nel 2005, un omaggio al celebre romanzo di Jules Verne, ma anche un richiamo a qualcosa che è comune a tutti noi: i luoghi della memoria spesso impalpabili e inaccessibili. Una composizione “gravita nel vuoto”, il senso di sospensione del tempo, da cui emergono le risonanze “terrestri” di un pianoforte che suona una “Romanza senza parole” di Mendelssohn. Secondo set con inizio alle ore 22 con il Mediterranean Sax Quartet che schiera Deborah Batà al sax soprano, Gerardo Mautone all’alto, Vincenzo Varriale al tenore e Michele D’Auria al baritono. Apertura con la piccola fuga BWV 578 in Sol minore di Johann Sebastian Bach appartenente periodo di Arnstadt, detta “la piccola” per distinguerla dalla fantasia e fuga nella medesima tonalità (BWV 542). Tale epiteto non vuole essere riduttivo, e anzi non toglie nulla al prestigio e alla celebrità del pezzo, il cui tema di poco più di quattro battute è uno dei più conosciuti e fortunati spunti melodici di Bach, Si proseguirà con i tre movimenti del Petit Quatuor di Jean Françaix, opera giovanile del 1935 che mette in luce il sagace umorismo di stampo neoclassico del compositore e pianista francese. La formazione racconterà, quindi, l’Histoire du Tango, suite composta nel 1986 (originariamente per flauto e chitarra) da Astor Piazzolla, che nei suoi quattro capitoli, il malizioso “Bordel 1900”, l’intimista “Café 1930”, l’avvolgente “Night-club 1960”, il brioso “Concert d’aujourd’hui”, scandisce con accenti sempre nuovi l’ascesa del ballo argentino dai bassifondi di Buenos Aires alla più raffinata scena internazionale. Ancora un Tango, stavolta Virtuoso di Thierry Escaich e l’immancabile Libertango di Piazzolla, prima di chiudere con la Suite Hellénique dello spagnolo Pedro Iturralde, collaboratore di Paco de Lucia, pagina rappresenta uno dei risultati più alti dell’ispirazione del compositore iberico: in essa la distinzione tra classico, jazz e popolare, perde ogni significato e antiche danze e canti popolari rivivono in una incalzante antitesi di ritmi e armonie.