Di Nunzia De Falco
Il malessere è la tendenza del momento. Non è lo “stato di vaga sofferenza e di leggera indisposizione fisica” come leggiamo su Treccani, eppure altrettanto capace di provocare “un senso di prostrazione e di inquietudine interna”. Con l’#malessere si definisce il profilo di un maschio possessivo e geloso, ma anche sfuggente e nervoso, una categoria alfa made in Naples dal rimprovero facile, che maltratta la fidanzata anche in pubblico.
Su TikTok, che è l’epicentro social della diffusione di questo disagio culturale, l’hashtag conta 343 milioni di visualizzazioni, a cui si aggiungono ancora milioni di visualizzazioni nelle varianti con emoticon e toponomastica annessa. Questo ha smosso la creatività rapida e pronta all’uso del mercato musicale, che nell’ultimo mese ha lanciato almeno tre canzoni già note sulle piattaforme, alcune pensate come hit estive e indirizzate a un consumo immediato di video con descrizione musicale, che è la cifra stilistica del social su cui si è sviluppato il feeling per questo tipo bello ma, alle volte, nemmeno bello e dannato. Ho inseguito questi video, per capire i sintomi del fenomeno e tra tanti contenuti ironici, compresi scherzi per provocare le reazioni gelose del fidanzato-malessere, l’hashtag denuncia una predisposizione a relazioni patologiche, sbilanciate a sfavore della donna, per lo più adolescente o poco più che ventenne, disposta a mostrarsi in relazioni in cui soccombe, per scherzo oppure sul serio. La dinamica non è di certo nuova, l’uomo “che non deve chiedere mai” è stato protagonista nella letteratura pubblicitaria, ma anche drammaturgica e abbiamo troppo a lungo osservato e ascoltato gli effetti dell’identità dominante del maschio dal trash alla musica. Che le relazioni possano essere urticanti e dannose è fatto ormai analizzato e divulgato, fino all’utilizzo reiterato dell’aggettivo “tossico”, entrato ormai nell’abuso comune, col vantaggio di rendere noti gli effetti e, troppo spesso, anche i drammatici epiloghi di rapporti basati su manipolazione, controllo ossessivo e gelosia eccessiva. Situazioni che dovrebbero allarmare e che hanno un’anticamera simile a ciò che si vede in questi video, che raccontano fit check richiesti dal ragazzo per controllare la scollatura della fidanzata, gelosia patologica, provocazione di reazioni anche pubbliche, un fare sfuggente di lui che non risponde ai messaggi, l’avviso tenebroso “non innamorarti di me, baby” e la costante sensazione di trovarsi su un terreno scivoloso, in cui è la donna a perdere costantemente l’equilibrio. Dinamiche relazionali già percorse, rese note, denunciate, subite, ma la novità, rispetto a un modello che conosciamo e che abbiamo imparato a inquadrare in un contesto culturale in cui il patriarcato continua a riaffermare le proprie tendenze, spostandosi da un media all’altro, è la leggerezza sorridente con cui si diffonde sui social, associata alla consapevolezza femminile di trovarsi in svantaggio: un aggravante che si infila nelle storie quotidiane di un dissesto di genere.
Queste ragazze sanno che il malessere le maltratterà e ne sono attratte anche per questo, vanno alla ricerca di quella ferita lasciata aperta dal negarsi altrui, nella ricerca di sensazioni più intense date dalla sottomissione, che lascia interpretare la gelosia come conferma d’interesse e non come possesso. Tramite la condivisione di questo format relazionale, viene mitigato e normalizzato il rischio di una relazione impostata su squilibri che conducono a bisogni emotivi e la viralità corrode sia il maschile che il femminile: fa infilare le ragazze nei malesseri di turno e istiga il ragazzo a comportarsi e vestirsi malessere style, perché il tipo bravo ed educato non attrae. Il meccanismo comportamentale si propaga con l’analoga tendenza all’omologazione giovanile, che indirizza verso le stesse paia di sneakers o di short, purché non siano troppo corti, perché il malessere non vuole.Nell’ultimo mese, tra i pezzi intitolati “Malessere”, voci maschili e femminili propongono la serie relazionale intercettata sul web, che ha generato un’autorialità mainstream del pezzo sul pezzo, come sempre più spesso capita nel mercato musicale, soprattutto quello ad alto e immediato consumo social e non solo. Renato Biancardi canta alle ragazze: “Un ragazzo normale non ti va, tu vuoi soltanto uno che te fa ascì pazz’” e confida nel ripost, mettendo insieme una serie di frasi che funzionano bene anche da sole, pensate per la condivisione con sonoro a commento di scene e intenzioni, rilanciando ciò che il target social ha già messo in moto. E ci becca, perché è tra i contenuti popolari, insieme a Welo, Scaccia & Nathys, che cavalcano l’onda rosa di Barbie girl, per rapparci “sono un malessere a me non frega niente”.
Col pezzo di Fabiana arriviamo a circa 14000 video su TikTok in poco più di un mese di lancio di questi pezzi.
Linea vocale neomelodica, che diventa portavoce dell’attrazione femminile: “Me piace o’ malessere, O’ tipo ca’ si esco che cumpagne doppe po’ fa arrevuta’, Io voglio o’ malessere, Forse pecche’ so’ pazza e aggio bisogno e n’omme accussi’”.Incrociando i brani, che si fanno ispirare dal trend già esistente, il profilo del malessere relazionale si completa, nato e alimentato nel social, dove si sviluppano le tendenze che gli adolescenti assorbono alleggerendo, spesso, il peso specifico dei rischi che ne conseguono, mitigati dal fatto che il malessere è il tipo 2.0 che in molte vogliono, anche se si aggiunge alla galleria rischiosa del bello e tenebroso. Possibile che si ritenga ancora che parlare di disparità di genere sia cosa superflua, con questo sostrato culturale?