Il 21 marzo, in onore della 27esima Giornata della Memoria contro le mafie, il liceo scientifico “Andrea Genoino” di Cava de’ Tirreni ha partecipato, tramite una diretta You-Tube, alla manifestazione tenutasi a Napoli, organizzata dalle associazioni “Libera” e “Avviso Pubblico”, per ricordare le vittime innocenti delle mafie. Erano previsti circa 6mila partecipanti, ma in Piazza del Plebiscito si sono presentati moltissimi giovani studenti che hanno deciso di contribuire a questa iniziativa per combattere la violenza della criminalità organizzata. Roberto Montà, sindaco di Grugliasco e presidente di Avviso Pubblico, ha aperto la manifestazione esprimendo la vicinanza a tutti i familiari delle vittime di mafia in una giornata di sofferenza, ricordo e speranza. Ha ricordato che, a 30 anni dalle stragi, le mafie continuano a vivere nelle nostre comunità e nell’economia legale con una preoccupante indifferenza e silenzio. Ha esortato a denunciare e dichiarare senza paura la presenza delle mafie nel territorio italiano come segno di responsabilità e di impegno perché in momenti di difficoltà, come quello dovuto alla pandemia e alla guerra, le mafie riescono a svolgere i loro migliori affari. In seguito sono stati letti i 1074 nomi delle vittime delle mafie, quelli di cui si conoscono le storie, solo il nome e i tanti dei quali non abbiamo ancora conoscenza. Tra questi sono stati citati Giancarlo Siani, giornalista del Mattino, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e la piccola Simonetta Lamberti, vittima innocente originaria della nostra città (Cava de’ Tirreni). Molto interessante e formativo è stato l’intervento di Don Pio Luigi Ciotti, presbitero, attivista italiano contro i soprusi delle mafie in tutta Italia e presidente di Libera. Egli ha tenuto un intenso discorso sulle mafie: «La radice che le fa germogliare è la violenza che nasce dall’ignoranza del mondo, della vita e di sé stessi – ha detto – Se fossimo tutti coscienti delle nostre fragilità e della nostra mortalità non sentiremo l’impulso di farci del male, ma sentiremo il bisogno di volerci bene, amarci e soccorrerci». Ha sostenuto che le mafie sono figlie del delirio d’impotenza dell’io che non sa amare ma solo uccidere, prevaricare ed escludere. La violenza culturale che penetra nel tessuto sociale ed uccide la verità e la speranza è l’omertà. Il presidente di Libera ha dichiarato: «La parola antimafia dovrebbe essere messa in quarantena perché essere contro le mafie dovrebbe essere un fatto di coscienza, non una carta di identità da esibire. È il cavallo di troia del malaffare». Inoltre ha affidato la sua speranza ai giovani affinché essi, con il loro interesse e con la loro forza, possano guarire la società e, rivolgendosi alle donne, ha ricordato la volontà di far crescere i loro figli in un mondo pulito e di allontanarsi da quella vita crudele che macchia l’innocenza di un giovane. Infine ha dichiarato: «Chi sbaglia deve essere inchiodato alle sue responsabilità». In occasione della Giornata, gli studenti hanno intervistato Marcello Ravveduto, docente di Digital Public History alle Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia, già ospite nell’aula magna del liceo cavese lo scorso 14 marzo per sensibilizzare gli studenti all’importanza della giustizia e della legalità. L’evento si è basato sulla riflessione di come alcuni elementi, in particolare la musica dalla neomelodica alla trap, raccontino i quartieri in cui la vita è difficile. Ravveduto ha iniziato a occuparsi di antimafia nel 1992 quando, sconvolto dalla morte dei due giudici palermitani Falcone e Borsellino, capì che le mafie si opponevano alla libertà costituzionale ed era necessario studiarle approfonditamente e combatterle come società civile. Egli ha sostenuto che la scuola sensibilizza gli studenti attraverso una serie di progetti e percorsi formativi che permettono di conoscere, tramite eventi, letture e visioni, il crudele mondo delle mafie. A differenza delle precedenti generazioni, i giovani hanno delle opportunità in più, anche attraverso i social media, di informarsi velocemente e si fanno portatori di un’azione più incisiva nel futuro come generazione avvertita dai fatti. Il docente universitario ha così motivato la presenza di molti giovani nelle bande criminali organizzate: «Molti di questi ragazzi vivono in famiglie che già appartengono da tante generazioni a questo mondo e formano i figli secondo l’etica del lavoro criminale. Si tramanda una distorsione dell’etica del lavoro. Per molti il lavoro criminale è quello che ti dà da vivere e il coinvolgimento nella criminalità non è soltanto dovuto all’assenza di lavoro. La violenza è una scorciatoia per arrivare al benessere». Inoltre afferma che celebrare la giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie è diventato un rito del calendario civile repubblicano. «C’è la necessità di ricordare ai cittadini della Repubblica che la loro libertà è stata determinata anche dal fatto che alcune persone sono morte combattendo le mafie – conclude Ravveduto – Ricordare i nomi delle vittime è l’elemento centrale dell’identità che permette di non dimenticare le battaglie che li precedono». Per gli studenti del liceo scientifico “Andrea Genoino” è stata un’opportunità formativa per riflettere su un tema molto attuale con il quale continuamente il popolo si scontra. La mafia, purtroppo, è un sistema che ha compromesso la nostra vita e le nostre azioni e l’uomo ha imparato a conviverci. «È un fatto umano che ha un inizio e avrà anche una fine» (Giovanni Falcone)
Maria Santoriello, Rossella Sorrentino, Manuel Christian Luciano, Giulia Cammarano