Da un lato l’inchiesta della magistratura che indaga su casi di donne che si sono rifatte il seno con soldi pubblici, dall’altro la collega del magistrato che sta portando avanti il caso che è proprio tra queste donne. A raccontarlo è Il Fatto quotidiano in un articolo a firma di Thomas Mackinson che racconta una vicenda paradossale. Sotto accusaci sarebbe Carmine Alfano, primario di Chirurgia Plastica all’Ospedale Universitario San Giovanni e Ruggi d’Aragona che a giugno è finito nella bufera per gli insulti agli specializzandi. Proprio in quel periodo, il medico era candidato alla carica di sindaco a Torre Annunziata, costretto poi a fare un passo indietro proprio alla luce dello scandalo ma non è l’unico che caratterizza la sua carriera. Deve infatti rispondere di reati ben più gravi perché avrebbe permesso ad alcune donne di rifarsi il seno, pur non avendo – per loro fortuna – un tumore, saltando la fila a discapito di pazienti che davvero necessitavano di questi interventi. Il dottore caricava, secondo quanto riporta Il fatto, 7mila euro al giorno di sala operatoria più protesi sulle già dissestate casse della sanità pubblica. Se arriva a farlo una magistrata, la pratica dev’essere proprio diffusa. E proprio mentre il magistrato indaga scopre che tra queste pazienti, privilegiate perché in perfetto stato di salute, vi era anche una collega. Quello degli interventi chirurgici al seno è un business colossale: stando ai dati del ministero della Salute ogni anno in Italia vengono impiantate 57mila protesi e il costo dell’intervento oscilla tra i 6 e 10mila euro. C’è però un modo per averlo “gratis” facendolo presso strutture pubbliche con l’aiuto di medici compiacenti. Una pratica odiosa che sfugge ad ogni statistica per il mutuo interesse di chi la esegue e di chi ne beneficia. Oggi il primario di Chirurgia Plastica all’Ospedale del Ruggi è indagato dalla Procura di Salerno con l’accusa di truffa, concussione, falso ideologico e viene pure inibito dall’attività ospedaliera. Il fascicolo è affidato alla pm Elena Cosentino. Secondo quanto emerso, il chirurgo avrebbe utilizzato le sale operatorie dell’ospedale pubblico per interventi chirurgici a soli fini estetici, inserendo conoscenti con priorità alta come per i casi oncologici veri. Ma c’è di più. Perché a beneficiare di questo generoso trattamento sarebbe anche una magistrata, e dello stesso distretto giudiziario della pm che indaga. I fatti risalgono al mese di dicembre 2023 quando la magistrata si sottopone ad un’ecografia mammaria presso un ambulatorio della Campana. Per aumentare il volume del seno nel 2001 aveva fatto una mastoplastica additiva, ma ora presenta “profili irregolari alla mammella destra con presumibile rottura intracapsulare”. Sei settimane dopo, la donna si presenta per una visita presso il dipartimento diretto da Alfano all’Ospedale di Salerno. A visitarla è Alfano in persona che la inserisce in lista d’attesa con priorità d’urgenza – intervento entro 30 giorni – codice di norma riservato a gravi casi oncologici. Ma le “complicazioni meccaniche” non lo sono. Ricovero e intervento avvengono all’inizio di marzo, in linea con le indicazioni d’urgenza, non certo con le liste d’attesa della sanità campana e tantomeno coi tempi medi per una ricostruzione mammaria in Italia, che vanno dai sei ai 12 mesi. La donna resta ricoverata in ospedale tre giorni e a carico del sistema sanitario nazionale vi è anche la mastopessi bilaterale, cioè il sollevamento. “In base alla documentazione non poteva”, sostiene un perito del Tribunale di Milano: “Essendo la protesi impiantata nel 2001 a fini additivi, doveva essere rimossa e sostituita in una clinica privata al di fuori del contesto ospedaliero pubblico. Inoltre, la problematica insorta, cioè la rottura intracapsulare, non è una motivazione sufficiente per ricorrere a un intervento urgente in regime di Ssn”. Insomma, il chirurgo sembra confermare la frode all’Ssn. In un audio registrato dagli specializzando di Salerno Alfano diceva di dover accontentare la richiesta di un “amico” per la figlia. Sennò “ci prende e ci porta sopra la Sila, ci attacca vicino a una pianta e ci fa stare nudi per una settimana e non lo viene a sapere nessuno”. La giovane donna viene inserita negli interventi ordinari urgenti, nonostante l’intervento fosse totalmente estetico: una mastopessi e un impianto di protesi bilaterale per asimmetria mammaria. Per essere coperta dall’SSN, però, l’asimmetria deve essere invalidante al punto tale da impedire alle braccia di muoversi. Il dottor Alfano ha sulle spalle altri procedimenti giudiziari importanti: a settembre 2019 è finito a processo per truffa perché, secondo i magistrati, aveva un contratto di esclusiva con l’ospedale ma “con artifici e raggiri” eseguiva interventi chirurgici in altre cliniche private. Il procedimento penale è appena stato prescritto, prosegue quello civile: Alfano è stato condannato a risarcire parte del dovuto, la somma non soddisfa per intero l’ospedale che ha fatto ricorso alla Corte d’Appello di Roma.
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