Lo scompenso cardiaco è una patologia caratterizzata da un deterioramento della funzione del cuore che causa affanno, affaticamento e gonfiore. Rappresenta la prima causa in Italia di ricovero ospedaliero per gli ultrasessantacinquenni ed anche per questo che è considerato un serio problema di salute pubblica. A soffrirne, secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, sono circa 600.000 persone e si stima che questi numeri raddoppino ogni decade d’età. L’incidenza ogni anno è pari a cinque casi su 1000 e tuttavia aumenta arrivando ad oltre il 10% dopo i 70 anni. L ‘impatto di questa patologia sul sistema sanitario nazionale è enorme. Il costo per ogni singolo paziente all’anno infatti è di circa 11.000 euro, nel mondo 108 miliardi di dollari. Le tematiche inerenti alla diagnosi ed il trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco sono stati al centro di un workshop organizzato dal dottore Antonio Casciello, responsabile del reparto di cardiologia della Casa di Cura Tortorella di Salerno. “E’ un momento di grande emozione, dice il dottore Casciello, perché torniamo a svolgere l’evento dopo il fermo causato dalla pandemia. Quest’anno abbiamo deciso di parlare di scompenso cardiaco, abbiamo delle grosse novità sul piano soprattutto terapeutico, ma anche di diagnostica strumentale e per cui le mettiamo appunto in questo convegno che vede la presenza di medici di medicina generale, specialisti del territorio, ospedalieri e universitari.
Una patologia che purtroppo è in aumento, ma la mortalità delle malattie cardiovascolari fortunatamente si è notevolmente ridotta perché lavoriamo meglio, lavoriamo con più possibilità terapeutiche e quindi questo insieme all’allungamento della vita media della popolazione fa in modo che sempre ogni anno sempre più pazienti arrivino allo scompenso cardiaco magari in tarda età e quindi devono essere curati per questa malattia che è un po’ il punto finale di tutte le malattie cardiovascolari del diabete , dell’ipertensione e di altre patologie soprattutto dell’anziano e devo dire che forse in nessun campo della cardiologia , come quello dello scompenso cardiaco, abbiamo avuto dei miglioramenti fondamentalmente terapeutici. Abbiamo almeno tre classi nuove di farmaci che possiamo utilizzare di cui però ogni tanto c’è anche un po’ di difficoltà perché sono soggetti a piani terapeutici regionali quindi possono essere prescritti solo da specialisti accreditati, ma comunque si stanno imponendo sul territorio, funzionano nel migliorare la vita dei pazienti e soprattutto nell’allungargliela. In più abbiamo delle grosse capacità di diagnostica nuove con la tac coronarica, con la risonanza magnetica cardiaca oltre che l’ecocardiografia che continua ad avere una evoluzione da 40 anni e ci dà informazioni sempre più importanti.
Fondamentale è sicuramente l’integrazione tra ospedale e territorio perché gli ultimi farmaci ci consentono di spostare l’assistenza del paziente più sul territorio rispetto a quella che era una volta l’assistenza quasi esclusivamente ospedaliera o degli ambulatori ospedalieri. Oggi il paziente scompensato va in ospedale durante la fase acuta, viene riequilibrato, ma la gestione deve essere assolutamente territoriale condivisa con i medici di medicina generale proprio per evitare ai pazienti il disagio della riospedalizzazione e al sistema sanitario nazionale elevati costi che sono uno dei capitoli purtroppo più gravosi”.
Alessia Bielli